Spazzatura o entità cosmica di tredici millenni? L’oscuro cavaliere che perseguita le missioni orbitali

La serie di foto è di quelle che avrebbero potuto fare la storia, se soltanto fosse stata sottoposta a una corretta interpretazione. O almeno questo affermano i credenti delle Verità Nascoste, il tesoro dietro i paraventi che i governi occultano, intendendo preservare l’una o l’altra misteriosa cospirazione internazionale. La NASA pubblicò dunque, si dice “per errore” le immagini nel 1998, a seguito dell’88° missione dello Space Shuttle, nonché prima per portare a destinazione componenti della Stazione Spaziale Internazionale. Trattandosi d’inquadrature del profilo della Terra, da quel punto di vista privilegiato, sopra cui si staglia un distante oggetto scuro con appuntite protrusioni, che fluttua minacciosamente lasciando intendere funzioni e una natura del tutto ignote. Che in molti tralasciarono, così come volevasi da chi di dovere. Ma all’indirizzo di cui alcune persone, i pochi eletti fuori dalle moltitudini lanose, esclamarono entusiasti: “Eureka! Lo sapevo. Finalmente ti ho trovato, my Black Knight.”
Quando si considera la conoscenza di cui disponiamo in materia di questioni extraterrestri, intese come tracce di possibili creature provenienti da molto lontano, è impossibile evitare d’imbattersi in una vasta quantità di congetture, ipotesi, mezze verità o semplici prodotti di una fervida immaginazione collettiva. “Se costui l’ha detto, ciò deve per forza essere vero” rappresenta d’altra parte la comune locuzione, ben più spesso utilizzata rispetto alla diametralmente opposta: “È così poco probabile, da mettere in dubbio l’autorevolezza di chi lo sostiene.” Benché i due spunti d’analisi convivano, e talvolta tendano a intrecciarsi nel giudizio storico di personalità di rilievo. Non in tutte le biografie del grande scienziato ed inventore serbo-americano Nikola Tesla, a tal proposito, viene data pari rilevanza alle sue ricorrenti notazioni in merito ai segnali ritmici captati dalla sua potente torre radio costruita a Long Island nel 1901, di cui scrisse a più riprese: “Sono alieni, ci sorvegliano, amano spiarci.” Ma inutile specificare come nei suddetti campi pseudo-scientifici, questa non sia altro che una prova ulteriore del suo evidente genio. Poiché anticipa, ed in un certo senso retroattivamente conferma, l’impressione sempre collegata in certi ambienti ai cosiddetti LDE o Long Delayed Echoes, l’effetto lungamente rimasto privo di spiegazione, per cui determinate trasmissioni radio ad alta frequenza, di tanto in tanto, ritornano al mittente dopo il trascorrere di svariati secondi, come se qualcuno, o qualcosa, si stesse preoccupando di riprenderli e inviarli a distanza. Come studiato e dimostrato famosamente nel 1927 dall’ingegnere civile Jørgen Hals, che per primo avrebbe catalogato simili fenomeni sottilmente inquietanti. Ora potreste giustamente far notare come le due questioni, pur parlando entrambe di segnali “misteriosi” non siano necessariamente collegate l’una all’altra. Il che appare in linea di principio già condivisibile, anche senza passare al contributo successivo alla questione. Proveniente, per l’appunto, da niente meno che l’autore di fantascienza ed ufologo scozzese ante-litteram Duncan Lunan, in un suo articolo del 1973…

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La mezza verità statunitense dell’ultimo buco prima della fine del mondo

La scoperta pubblica di un luogo può avvenire in molti modi ma senz’altro uno di quelli maggiormente inaspettati è l’ascolto di un programma radiofonico dedicato al “mistero”. Lo show serale Coast to Coast AM di Art Bell, nel caso specifico, rimasto celebre all’inizio degli anni duemila per le due occasioni in cui spettatori chiamarono tentando di far passare come reale l’intreccio narrativo dei videogiochi Half-Life e Fallout 3. Eppure anni prima di tali eventi, tra le numerose esperienze extra-corporee e incontri con alieni provenienti da mondi lontani, cavalcò quelle stesse onde elettromagnetiche la voce di qualcuno che, più di chiunque altro, si sarebbe dimostrato in grado di colpire la fantasia americana. Quel qualcuno era Mel Waters e la sua storia, attraverso una serie di tre interventi nel 1997, 2000 e 2002, sarebbe progressivamente diventata leggenda. Di quel tipo normalmente definito “metropolitano” benché non si dipani sempre, o necessariamente, tra le alte mura dei palazzi e le ordinate strade del contesto urbano. E certamente non in questo caso, trattandosi dell’eccezionale serie di eventi sperimentati in un luogo imprecisato presso Ellensburg, nello stato settentrionale di Washington, in mezzo alle montagne nebulose del Manastash Ridge. Dove a quanto pare il carismatico individuo, così egli ebbe a raccontare, possedeva il tipo di terreno auto-gestito che viene comunemente definito come un ranch, un po’ fattoria agricola, un po’ allevamento. Un po’ capanno del cacciatore. Luoghi pieni di segreti e norme comportamentali altamente contestualizzate, almeno a giudicare dalle numerose narrazioni fatte nel settore dell’intrattenimento narrativo contemporaneo, come un codice per così dire “particolare” dedicato allo smaltimento dei rifiuti. Ed in effetti, così inizia la saliente contingenza, pare che lo stesso Mel come anche i suoi vicini sul territorio avessero da tempo l’abitudine di gettare grandi quantità di spazzatura in un misterioso pertugio, sostanzialmente un’apertura circolare dal diametro di circa 3 metri situata al centro di una misteriosa radura, caratterizzata dalla presenza di una copertura di mattoni fino alla profondità di una mezza dozzina di metri. Del tutto priva di stranezze percepite almeno finché qualcuno, allarmato dalla maniera in cui gli animali sia domestici che selvatici sembrassero terrorizzati da quel luogo, non iniziò ad interrogarsi in merito a un fattore di contesto dalla portata importante: com’era possibile, esattamente, che il buco non si fosse ancora riempito? Quant’era profonda esattamente questa voragine, e chi l’aveva costruita?
Con uno stile dialettico accattivante ma impreciso, Mel proseguì quindi nella sua prima chiamata a descrivere gli strani eventi collegati ad essa. Il più intrigante dei quali, relativo a come una sua vecchia conoscenza avesse proceduto a gettare il corpo del suo cane recentemente defunto nell’oscurità, soltanto per vederlo alcuni giorni dopo vagare senza meta tra gli alberi, di nuovo vivo e vegeto nonché chiaramente riconoscibile grazie al collare e la medaglietta che aveva al collo. “Quindi, se tuo avessi una malattia incurabile” Chiese allora Bell, “Ti getteresti nel miracoloso buco che resuscita gli esseri viventi?” E senza un minimo d’esitazione: “Puoi scommetterci, amico. È scritto nel mio testamento, quindi, di sicuro ci vedremo dall’altra parte. O magari, anche no…”

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Letale Radithor: il terribile fraintendimento dell’omeopatia radioattiva

Chi è pieno di dubbi, colui che vive perennemente nella titubanza, coltivando l’incertezza e interrogandosi continuamente in merito all’opportunità di ciò che dice o fa nel corso delle proprie giornate, è quasi impossibile da trarre in inganno. Avere successo nel corso della propria esistenza, centrare il bersaglio ancora ed ancora ritrovandosi al centro di lusso, successo e celebrità, tende tuttavia ad erodere questi specifici tratti caratteriali. Creando un tipo di personalità fondata sui presunti meriti dell’intuizione: “Sono perfettamente in grado di comprendere l’origine, la decorrenza e il sentiero utile risolvere il mio problema.” Si sarebbe congratulato con se stesso nel 1927 il facoltoso golfista, imprenditore e mecenate delle arti Ebenezer McBurney Byers, uscendo dallo studio del suo medico, il Dr. Moyar. All’interno della propria borsa una piccola bottiglia, con l’etichetta stampata in lettere eleganti: Radithor. Volere è potere. E credere nell’indomani può costituire il primo passo verso la guarigione. Ma talvolta, le strade dell’Inferno sono lastricate di perniciose particelle, in grado di far deragliare il fondamento stesso del DNA umano…
Dopo tutto non c’era una maniera semplice per giungere a comprendere l’efferata realtà. Ed egli costituiva soltanto l’ultimo esempio di un gruppo di clienti di successo nella vita e dalle significative risorse finanziarie, a cadere vittima di una truffa straordinariamente efficace, forse addirittura a fin di bene, almeno nei suoi dettagli più specifici, dal punto di vista del suo creatore. Lasciate che vi presenti a questo punto William J. A. Bailey: un dottore con finta laurea di Harvard, ma una sincera convinzione nei meriti dell’ormesi da radiazioni. Quella tragica e pericolosa convinzione, diffusa circa 100 anni a questa parte, secondo cui alcune delle sostanze più pericolose scoperte dall’uomo potessero avere un effetto positivo sulla sua salute. Convinti almeno in parte dalle rivoluzionarie ricerche di Marie Curie e suo marito Pierre, che pur essendo stati esposti per molti anni a fonti di emissioni alpha, beta e gamma non ne avevano (ancora) pagato il prezzo, in molti decisero di sfruttare l’immotivata reputazione mistica di materiali come il radio (Ra, 88). Il più pesante dei metalli alcalino-terrosi, nonché dotato di un tempo di dimezzamento abbastanza breve e virulento da produrre radiazioni un milione di volte più intense dell’uranio. Il che lo portava, in modo particolarmente affascinante, a brillare.
Ma il pericolo persistente costituito dagli oggetti che incorporavano questa tipologia di materiale, tra cui orologi e vetri fluorescenti, gioielli, soprammobili e quant’altro, non era nulla al confronto di quello corso da coloro che ne trangugiavano la dissetante risultanza, premurandosi opportunamente di distillare l’acqua preventivamente distillata onde garantirne l’assoluta “purezza”. Neanche si trattasse di una sorta di Red Bull ante-litteram, l’insapore panacea di ogni malanno…

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L’arpa elettrizzante di una valle che riecheggia fino alla ionosfera

L’inizio dell’ultimo giorno sulla Terra sarà in linea di massima condizionato, per quanto ci è dato prevedere, dal passaggio dell’alta tensione all’interno di un reticolo dalla forma particolarmente distintiva. Sei dita di colore rosso in cima a una montagna, protese verso il cielo, ed altrettante all’altro lato della depressione. Interconnesse, vicendevolmente, da una zigzagante successione metallica di cavi, che sovrastano un’indiviso ammasso di alberi e zone rilevanti per la fauna in via di estinzione. Uccelli marini, soprattutto, come la piccola urietta marmorizzata, la cui popolazione ormai ridotta in modo significativo non potrà mancare di tirare un sospiro di sollievo, suo e nostro malgrado, alla reciproca e totale devastazione della società industriale che per tanto a lungo e in modo così significativo ha inquinato le incessanti onde susseguitosi ai margini del suo ambiente di caccia elettivo. Purché una di quelle bombe con testata nucleare, quasi per un ripensamento non del tutto fine a stesso, non finisse per cadere proprio qui, alla stazione di Jim Creek nei pressi di Oso, stato del Nord-Ovest di Washington, non troppo distante dallo stretto di Puget e in mezzo alla catena montuosa delle Cascade. Ma cosa sorge esattamente in questo luogo, da poter costituire per ipotetici nemici dell’America un obiettivo prioritario in caso di catastrofica deflagrazione della terza ed ultima guerra mondiale? Cosa è stato installato in forma preliminare già nel 1948, e successivamente perfezionato attraverso livelli successivi d’efficienza, fino a costituire nel giro di 5 anni il più potente esempio di un simile dispositivo a disposizione di un paese interessato a combattere una guerra (auspicabilmente, esclusivamente) fredda? Con una risposta di tipo ingegneristico per qualche tempo custodita ai più alti livelli della costruttrice RCA (Radio Corporation of America) come rigorosamente top secret, questa struttura oggi non più unica come una volta ha ormai da tempo rivelato la propria finalità principale. Quella, per l’appunto, d’inviare dei segnali a bassissima frequenza verso l’intero Oceano Pacifico e la regione dell’Artico, capaci di raggiungere navi militari, forze aeree in volo ed entro certi limiti, persino i sottomarini a qualche metro di profondità nelle acque dichiaratamente ostili. Una condizione di utilizzo meno stringente di quanto si potrebbe essere inclini a pensare, vista la possibilità d’impiegare boe galleggianti legate a un lungo filo, capaci di veicolare il messaggio verso il basso, lontano dal possibile rilevamento ad opera d’impianti sonar nemici. Laddove impossibile risulta, di contro, replicare in qualsivoglia modo agli ordini ricevuti, vista l’impossibilità di trasportare strumenti di portata simile al di fuori del territorio nazionale, visti gli 1,7×2,6 Km dell’impianto in oggetto, ancora oggi tra i più imponenti mai costruiti dall’uomo. Il che risulta essere, d’altronde, perfettamente compatibile con lo scenario ipotetico di un conflitto nucleare, durante cui pochi minuti sono tutto quelli che le superpotenze si aspettano di avere a disposizione, prima di premere il grilletto dell’arma che tengono puntata all’indirizzo della collettività che non ha mai davvero cessato di aspettarsi la fine…

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