L’esilio di un libro e la morte invisibile sui muri dell’Imperatore

In una delle leggi riportate nel Levitico, terzo libro della Bibbia e della Torah, viene spiegato che: “Quando la piaga appare sulle pareti della casa con cavità verdastre o rossastre, che sembrino più profonde della superficie della parete, il sacerdote… farà raschiare la casa tutt’intorno ed ordinerà che si tolga la parte delle pietre in cui è la piaga, affinché si gettino in un luogo impuro fuori della città”. Un ancestrale riferimento alla cosiddetta sindrome della casa malata, possibilmente motivata dalla presenza di muffe o marcescenza nociva per gli esseri umani. Nonché l’esempio, sempre significativo, di come l’associazione tra religione e buone norme del vivere civile abbia salvato le vite attraverso lunghe fasi delle antiche civiltà terrestri. Lo stesso brano ricompare dunque, all’inizio di un ammonimento, nella breve prefazione del volume di epoca vittoriana pubblicato nel 1874 con un titolo inquietante: Shadows from the Walls of Death (Ombre dai Muri della Morte) composto per il resto da un ricco campionario di variopinte, attraenti carte da parati. Opera intenzionalmente ad alto impatto retorico del dottore americano del Michigan Robert C. Kedzie, tra i pionieri di una tardiva, quanto fondamentale realizzazione. L’idea controcorrente all’epoca, che non soltanto la consumazione dell’arsenico ma anche respirarne la presenza per un tempo sufficientemente lungo potesse avere effetti maggiormente nocivi, o persino letali, di qualsiasi sostanza precedentemente in grado d’invadere naturalmente le abitazioni. Un problema sensibilmente più pressante di quanto si potrebbe pensare, quando si considera la presenza pressoché costante di questo elemento chimico nella produzione di diffusi pigmenti verso l’inizio e la metà del XIX secolo. Tra cui soprattutto, caso vuole, quelli usati per alcune delle carte decorative più popolari (e non solo) di quell’epoca particolarmente sfortunata in materia di abbellimento parietale. Ma anche oggetti per la casa, giocattoli, persino dolciumi. Non era inaudito, ad esempio, che i bambini si sentissero male per ragioni poco chiare dopo una festa. Essi avevano respirato, malauguratamente, l’aria delle candeline verdi accese sulla torta di compleanno.
Esistevano a tal proposito almeno due marchi commerciali di vernici, il verde di Scheele e quello di Parigi, celebri per le loro tonalità accese e la capacità di resistere per lungo tempo alla luce solare, sebbene tendessero a scurirsi se mescolate con altre sostanze o esposte a fonti d’inquinamento ambientale. Questo, s’intende, per l’elevata reattività dell’arsenito di rame, composto chimico simile per composizione e tonalità alla conicalcite sottoposta ad ossidazione sotterranea nei depositi minerari di Spagna, Sassonia ed il deserto dell’Atacama. Così che la stessa prefazione procede narrando diversi di casi di avvelenamento cronico, tra cui quello di una donna anonima che aveva l’abitudine d’intraprendere viaggi per curare la propria salute cagionevole. Ed ogni volta che tornava in casa, dormendo nella sua stanza da letto di un attraente verde acceso, tornava nuovamente a subire mal di testa, crisi respiratorie, svenimenti occasionali. Questo almeno finché un collega dottore di Kedzie, agendo come il proverbiale sacerdote biblico, non comprese cosa stesse accadendo e provvide a far rimuovere immediatamente la pericolosa carta da parati. Altri, purtroppo, non furono così fortunati. Esiste d’altra parte una teoria secondo cui uno dei personaggi più influenti della storia moderna europea, senza dubbio il francese più famoso mai vissuto, potrebbe essere morto proprio in conseguenza di sintomi connessi a questa stessa problematica insidiosa…

È il 1817 e Napoleone si trova, ormai da due anni, in esilio presso l’isola di Sant’Elena. Sotto la supervisione degli inglesi e con il sostegno del parlamento della sua stessa nazione, che stavolta ha scelto di mandarlo abbastanza lontano perché nessun lealista o avventuriero potesse provvedere a riportarlo sulle sponde europee. Qui, insistendo sul mantenimento dell’etichetta imperiale ed una qualità di vita adeguata al suo rango, il grande generale risiedeva all’interno di un lussuoso bungalow di 40 stanze, chiamato la Longwood House. Dopo un primo periodo in cui egli passeggiava spesso in mezzo alla natura, ricordando e commentando i vecchi tempi con i propri sottoposti, l’Imperatore ormai rassegnato alla prigionia e l’isolamento iniziò a subire alcuni sintomi della depressione, passando lunghe parti delle sue giornate al chiuso. Dentro stanze decorate, neanche a dirlo, mediante l’impiego di copiose quantità di arsenito di rame, che in base a teorie diffuse iniziarono ben presto a fare il loro crudele lavoro. E potrebbe anche esserci del vero, sebbene non nel modo in cui l’ex-capo di stato immaginava, nel testamento che avrebbe scritto nel 1821 ormai confinato a letto e affetto da sintomi terminali di un cancro allo stomaco, in cui affermava di essere stato ucciso “dall’oligarchia britannica”. Deceduto a maggio di quell’anno all’età di 55 anni, il copro di Napoleone venne sottoposto ad analisi approfondite, che trovarono, neanche a dirlo, copiose tracce di arsenico nei suoi capelli. Un chiaro sintomo dell’avvelenamento ambientale intercorso.
Oltre un secolo dopo, scrivendo il suo testo di ammonimento per coloro che sembravano, tra produttori e clienti, non aver ancora appreso la lezione, il Dr. Kedzie commise un errore madornale. Le 100 copie che aveva fatto produrre e distribuito nelle biblioteche più frequentate del suo stato, dopo un numero sufficiente di anni, cominciarono anch’esse a perdere pericolosi frammenti del pigmento presente nei campionari all’interno. E si stima a tal proposito, considerata la capacità carcinogena posseduta dall’arsenico oltre che quella dell’avvelenamento acuto, che il libro delle Ombre possa aver costituito il singolo prodotto letterario responsabile del maggior numero di morti dal momento della sua prima, e fortunatamente unica tiratura di stampa. Problematica d’altro canto tutt’altro che inaudita, vista la quantità di testi risalenti al secolo in oggetto con copiose quantità di pigmenti verdi sulla copertina, soltanto in epoca più recente tolti dalla circolazione o sottoposti ad attenti interventi di conservazione mirati a separare il pubblico dal contatto diretto con le loro parti potenzialmente letali. Una delle sole quattro copie rimaste del testo di Kedzie di cui si abbia notizia, ad esempio, custodito presso la biblioteca di medicina dell’Università del Michigan, sarebbe stato interamente ricoperto con la plastica trasparente, implementando inoltre norme rigide sul tempo e la frequenza con cui può essere prelevato dalla sua scatola di contenimento.

“Il Valzer dell’Arsenico, la nuova danza della Morte” stampa del 1862

Il che non significa che tutti i libri con la copertina verde antecedenti ad una certa epoca debbano per forza o necessariamente contenere pigmenti come il verde di Scheele o di Parigi. Ragion per cui programmi ed iniziative internazionali, tra cui il progetto Poison Book dell’Università del Delaware sono stati lanciati nel corso dell’ultimo decennio, per aiutare le biblioteche a rilevare ed isolare le potenziali fonti di problemi, ormai da tempo accantonate per precauzione. Il che avrebbe portato, nel 2019, la biochimica e collaboratrice Pilar Gil all’invenzione di un innovativo tipo di spettrografo a basso costo, in grado d’individuare in modo non distruttivo la presenza di sostanze nocive, liberando conseguentemente un’alta quantità di volumi.
Nient’altro che l’ennesima arma, sfruttata dall’uomo per sfuggire alla sua implicita ed inevitabile vulnerabilità individuale. Ma anche la cupa tenebra dell’ignoranza, che tante vite ci è costata, sia tra le persone semplici che i grandi personaggi della storia. E chissà quante delle cose che oggi diamo per scontato, un giorno, potrebbero venire smascherate come fonti di un grande male!

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