Che uno sforzo ecologista relativo alla conservazione animale possa concentrarsi, tra le alternative possibili, su una versione regionale del più comune e anonimo dei molluschi, appare poco probabile a dir poco. É quindi una fortuna sotto mentite spoglie, da un determinato punto di vista, il fatto che la specie terrestre Platymma tweediei appaia al tempo stesso come l’interpretazione di una lumaca offerta dal conte Dracula, un progettista di auto sportive degli anni ’90 e il diavolo in persona, dotato di corna portate con piglio elegante nella forma ad “Y” del gesto della vittoria. Un trionfo dell’evoluzione, a suo modo, nel più perfetto adattamento a uno specifico nonché raro ambiente d’appartenenza, quello della foresta pluviale d’alta quota della regione di Cameron, nello stato malese peninsulare di Pahang dove riesce a raggiungere tranquillamente i 15-20 cm di lunghezza, facendone la lumaca più grande della sua nazione. E una di quelle creature che, se non fosse per il tam-tam di Internet, sarebbe conosciuta unicamente da un gruppo di studiosi all’interno di alte torri d’avorio, perché dopo tutto, è sempre e solo una lumaca… Giusto? Cosa può esserci da dire sull’argomento? Il bello di far parte della civiltà delle immagini, tuttavia, è che un qualcosa di magnifico ed appariscente può arricchirsi di una storia, semplicemente per il fatto di far parte del vasto catalogo di forme di vita integrate nella biosfera terrestre. Così volendo utilizzare il nome comune internazionale di questa creatura dall’appariscente piede di colore rosso e la tonalità nero cupo del periostraco che ricopre il suo guscio, caratteristiche che hanno condotto senza esitazioni il consenso online verso l’appellativo Fire Snail (Lumaca di fuoco) potremmo essere indotti a rilevare un’apparente attribuzione di pericolosità, forse allusiva a una qualità velenosa e/o urticante che in realtà, data l’acclarata appartenenza della specie alla generalmente innocua famiglia delle Ariophantidae, possiamo istantaneamente accantonare. Il che ci lascia al cospetto di un animale tanto distante dal concetto di mimetismo da non poter fare affidamento su altro, nella propria strategia d’autodifesa, che un evidente tentativo d’aposematismo, ovvero l’apparenza in qualche modo sgargiante o fuori dal comune, che idealmente induce nel nemico un senso istintivo, per quanto immotivato, di diffidenza.
Per quanto concerne l’ecologia, nella nostra progressione investigativa, possiamo dunque facilmente presumere una preferenza per la materia vegetale ancora viva, o in alternativa putrescente, benché simili lumache, data la loro inerente rarità e collocazione paesaggistica remota, non costituiranno tanto presto un problema per alcun tipo di giardino costruito dagli umani. La Platymma t. piuttosto, dato il bisogno del clima estremamente particolare della regione di Cameron, con formazione di nubi tra gli arbusti data un’umidità quasi mai inferiore al 85% e una temperatura relativamente fredda che oscilla tra i 15 e i 25 gradi, è il prototipo di un abitante elettivo che non ha capacità di sopravvivere al di fuori del suo ambiente di provenienza, dal quale non potrebbe ad ogni modo allontanarsi causa il suo essere, per l’appunto, una lumaca. Il che lascerebbe intendere una vita serena e indisturbata dal caotico tram tram della vita urbana moderna & contemporanea, giusto? Sbagliato perché come spesso capita, nel momento in cui tutto sembra andare per il meglio, sono i guai stessi, in una maniera oppur l’altra, che si avviano sulla strada nel tentativo di raggiungerti e influenzare la progressione della tua storia…
Nell’attribuire quindi il già citato ed unico studio scientifico reperibile sull’argomento, prodotto ad opera del biologo e ricercatore Junn Kitt Foon dell’Università della Malesia a Kota Kinabalu ed intitolato in maniera estremamente descrittiva, per l’appunto: “La perdita dell’habitat ed il commercio minacciano la sopravvivenza della lumaca delle foreste d’alta quota P. tweediei nel Cameron e Lojing” possiamo istantaneamente rilevare il nesso principale del problema, sottoposto a una disanima piuttosto empirica ma nondimeno efficace dall’autore, il quale effettuando una serie di ricerche su Google rintraccia svariate decine di siti con la lumaca in vendita o in cui si discute del modo migliore per procurarsela, nonostante si tratti di una creatura rigorosamente protetta dalle norme sulla vendita di animali soggetti a un potenziale rischio d’estinzione. Io stesso ho rilevato, a tal proposito, almeno un caso di autori anonimi che discutevano in lingua inglese (probabilmente in maniera soltanto scherzosa ed ipotetica) di come praticare il contrabbando amatoriale della lumaca, mentre colpisce indubbiamente l’assenza di alcun tipo di trattazione specifica sul sito generalmente esaustivo della IUCN Red List, l’unione con sede svizzera che si occupa di catalogare tutte le specie che necessitano di un’attenzione particolare al fine di essere preservate. Una casistica di certo sorprendente, quando si considera l’estrema ed evidente popolarità della P. tweediei nel contesto interattivo del web social e innumerevoli forum di settore, dove schiere d’appassionati storici ed occasionali si dichiarano completamente innamorati dell’insolita ed affascinante creatura.
Pur possedendo un’areale inerentemente ridotto, all’interno del contesto straordinariamente biodiverso della nazione malese, la lumaca di fuoco può almeno fare affidamento su un sistema di riproduzione dalla comprovata efficienza, costituente l’eredità maggiormente caratteristica della sua famiglia delle Ariophantidae, chiamato del gypsobelum o dardo dell’amore. Giacché all’incontro di una coppia d’esemplari, notoriamente ermafroditi come capita nella stragrande maggioranza dei molluschi polmonati, càpita che questi inizino immediatamente a girarsi attorno, nel tentativo di allineare il proprio orifizio riproduttivo con il corpo della controparte. Evento a seguito del quale, idealmente, da quest’ultimo verrà scagliato, mediante pressione idraulica accumulata all’interno di un apposito spazio cavo, un letterale proiettile chitinoso (in altre lumache, può essere di cartilagine o calcare) lungo alcuni millimetri con la forma di un arpione, finalizzato a incunearsi nella pelle stessa del già pronto partner riproduttivo. Una tecnica che potrebbe anche aver ispirato, secondo alcuni filologi, il mito romano dell’angelico Cupido ed ha lasciato perplessi gli studiosi dotati del metodo scientifico in epoca moderna, almeno fino alla scoperta piuttosto recente della presenza di un enzima nel muco che ricopre la freccetta, potenzialmente finalizzato a favorire la sopravvivenza dello sperma in seguito trasmesso dal cecchino “vittorioso”. Non è del resto raro che una, o entrambe le lumache finiscano per sbagliare mira, episodio che non compromette in genere la buona riuscita dell’accoppiamento.
La questione del commercio abusivo della lumaca di fuoco, in aggiunta ad essere vietata ed oggi non più praticata dai più celebri portali del settore, comporta inoltre un’ulteriore aspetto inquietante: sembra infatti, a quanto viene riportato dallo stesso Junn Kitt Foon (non “Foot” come erroneamente riportato su molti blog e post online) che tale creatura non riesca generalmente a sopravvivere per più di qualche mese lontano dal suo complesso ambiente di provenienza, climaticamente molto diverso dai valori di temperatura e umidità perseguiti all’interno di un terrario convenzionale. Così che la riproduzione in cattività, proprio in funzione di tale aspetto, resta ancora oggi una finalità quasi impossibile da perseguire. Con conseguente necessità, per il mantenimento di questa indubbia fonte di guadagno dal punto di vista dei cacciatori di frodo, della continua cattura e spedizione all’estero di esemplari già adulti, iniziativa prevedibilmente assai lesiva per la possibile sopravvivenza futura della specie.
Quale futuro aspetti questo animale più unico che raro resta largamente incerto, visto come gli stessi enti preposti alla divulgazione e protezione delle creature insolite mostrino un palese disinteresse in materia. Il che lascia ancora una volta noi, occasionali coltivatori memetici delle shock images di Internet e i cosiddetti “fatti strani”, con il duro compito di celebrarne almeno l’esistenza, sperando che tale iniziativa, in qualche modo indiretto, possa condurre verso iniziative benefiche per la conservazione della specie. Si tratta tuttavia, in maniera purtroppo inevitabile, di un’arma a doppio taglio. É mai possibile che la sopravvivenza futura della lumaca di fuoco debba per forza passare, in un modo o nell’altro, per la sua addomesticazione ed il conseguente allevamento in cattività?