Variegate sono le leggende che si affollano nella coscienza collettiva dei contesti urbani, in un labirinto di mistiche apparizioni, oggetti fuori dal comune, voci provenienti dal sottile velo che divide il regno del tangibile dall’illusione. Ma basta trasferire la tua lente scrutatrice in un ambiente dove la semplice sopravvivenza è meno garantita, per trovare un filo conduttore ininterrotto che si estende dai primordi della civilizzazione fino alle disquisizioni di taverne o centri del villaggio dei giorni odierni: l’idea che la natura è Pericolosa e le creature che in essa sussistono, possono sostituire a pieno titolo i recessi dei tuoi incubi più orribili ed al tempo stesso terrificanti. Come l’esperienza tanto spesso vissuta, stando ai resoconti registrati ed alcune comprovate prove documentali, dal tipico pescatore del bacino idrografico circostante il lago più lungo al mondo. Che avvicinandosi in maniera cadenzata a quello che sembrava essere da ogni punto di vista rilevante un isolotto formato da terra e fango, ha rilevato prima l’evidente progressione di una serie di scaglie ripetute sopra il “dorso” del compatto rilievo. Quindi, ha visto poderose fauci spalancarsi all’improvviso su di un lato, sufficientemente ampie da riuscire a trangugiare la sua testa, spalle e pure il remo usato come ultimo strumento di protezione. Ed è allora che ha iniziato a correre. O perire.
Quanto è grande, esattamente, il più significativo dei coccodrilli nilotici, che in media viene giudicato il secondo rettile più imponente al mondo? Accantonando a questo punto la risposta che potreste aspettarvi, sulla falsariga di “Lo zoo di [X] ne ha tenuto un esemplare in grado di raggiungere [X] Kg nel corso della sua lunga vita” possiamo ritornare tra le opache acque del fiume Ruzizi nel piccolo paese africano del Burundi, rinomato tra le altre cose come la dimora della singola cosa più vicina a Godzilla mai vissuta in epoca contemporanea agli umani, fatta eccezione possibilmente per esemplari ignoti appartenenti alla distante schiatta del coccodrillo marino australiano. Un mostro in grado di raggiungere o persino superare i 6 metri di lunghezza. Ed i 900 Kg di peso. E sia chiaro, nel contempo, che quelle citate non costituiscono neppure le cifre più notevoli connesse alla complessa vicenda della sua vita. Essendo il caso di Gustave (questo il nome) direttamente collegato al potenziale verificarsi di una quantità variabile tra le 60 e le 300 morti umane. Dovute al rapido e purtroppo inevitabile incontro con la colossale, impressionante capace di scattare in avanti, con velocità paragonabile a una trappola di tipo assolutamente letale…
Con un momento della propria nascita stimato attorno al 1955, sulla base delle dimensioni riportate da coloro che hanno visto con i propri occhi la bestia, fino alla prova videografica del 2004 in un documentario televisivo della PBS, Gustave è una figura che rispunta periodicamente, terrorizzando interi villaggi e comunità rurali di quello che costituisce formalmente il singolo paese più povero al mondo. Forse per questo disinteressato a organizzare grandi ricerche sistematiche dell’animale che per tanto a lungo ha creato simili problemi, proporzionalmente trascurabili rispetto al genocidio trentennale che continua a compiersi a a parti alterne ogni qual volta una delle due etnie dominanti nella regione, gli Hutu ed i Batutsi, riesce a prevalere politicamente e militarmente sulla sfortunata controparte. Lasciando come principale fonte di dati relativamente certi sull’argomento la ricercatrice straniera Patrice Faye, responsabile a quanto si dice di aver attribuito l’appellativo diventato ormai inscindibile da questo mostruoso, temibile sovrano fluviale. Sebbene qui persista un caso di omonimia che sembrerebbe, in base alla fonte utilizzata, contraddire questa particolare nozione. Visto l’uso ricorrente del nome Gustave anche in qualità di eufemismo, all’interno di canzoni e articoli, per l’ex presidente e capo della junta militare Pierre Buyoya responsabile di aver “introdotto la democrazia in Burundi” nel 1993, ma anche probabile mente o quanto meno fattore scatenante di almeno due colpi di stato ed una rivolta etnica costata la vita a 20.000 persone. Dal che l’idea che egli possa essere associato al pericoloso coccodrillo, oppure il contrario.
Più volte sospettato di essere deceduto, a seguito di lunghi periodi passati senza avvistamenti, Gustave ha tutte le caratteristiche di uno spettro potendo scomparire per anni, grazie alle inerenti capacità mimetiche della sua specie e le acque cariche di sedimenti del proprio legittimo ambiente di appartenenza. Una volta riemerso, tuttavia, risulta essere immediatamente riconoscibile a causa delle multiple cicatrici da colpi di arma da fuoco presenti su di un fianco, si dice causati da una raffica imprecisa di mitragliatrice impugnata da un guerrigliero, la spalla incisa dal probabile morso di un suo simile il cui destino risulta facile da immaginare e negli ultimi anni, a quanto riportano alcune fonti, anche un pezzo di lancia tribale piantato nel dorso, in maniera non dissimile dagli arpioni descritti nel celebre romanzo della balena bianca, scritto da Herman Miller ormai quasi due secoli fa. Con la vicenda del capitano Achab rimasto senza una gamba a causa di Moby Dick purtroppo simile a quella veramente vissuta da uno dei pochi testimoni sopravvissuti ad un incontro con Gustave, l’allora tredicenne Hatungimana Audifax intervistato nel documentario della PBS, che fu salvato solamente dal pronto intervento dei pescatori del suo villaggio riusciti a spaventare il mostruoso gigante.

Molte le teorie contrastanti, nel frattempo, su come e perché Gustave sia diventato tanto massiccio ed in che modo ciò abbia influenzato il suo comportamento. Tralasciando il film horror/avventuroso del 2007 Primeval, in cui la storia del coccodrillo veniva narrata con molte libertà creative attribuendo le sue dimensioni all’abitudine di divorare la carne umana dei soldati morti e poi gettati nelle acque del fiume, resta comunque plausibile che un esemplare sufficientemente massiccio abbia dovuto cambiare le abitudini di caccia normalmente messe in pratica da questa specie. Un coccodrillo nilotico tanto imponente, infatti, risulterà inerentemente incapace d’inseguire i pesci, antilopi o zebre teoricamente facenti parte della sua dieta, dovendo spostare la sua attenzione verso prede più grandi quali bufali e persino ippopotami sub-adulti. Nonché gli umani. Sebbene anche tale spunto d’analisi mostri alcune vulnerabilità in termini dei fatti registrati, laddove fonti riportano di come le vittime bipedi di Gustave siano state frequentemente lasciate intonse in passato, quasi come se il killer spietato le avesse uccise solamente per sport. Un tentativo, per certi versi comprensibile, di umanizzare la bestia. Là dove la storia di ha insegnato che le vite umane tendono a valere molto meno di quelle di un tenace quanto appassionato racconto multi-generazinale. Ma non è forse questo diventato altrettanto vero, in maniera più o meno metaforica, in ciascuna zona visitabile di questo martoriato pianeta?