Da un lato all’altro delle società distopiche illustrate da generazioni di narratori, ricorrono domande pregne di significati sostanziali: chi controlla i controllori? Chi potrà impedire a coloro che hanno ricevuto il mandato del comando, di ottenere il predominio sulla collettività indivisa? E chi olia i giunti cardanici del meccanismo, prevenendo blocchi motivati dal bisogno molto umano di “acquisire” ad ogni costo un punto di vantaggio ulteriore… Tipico di questa specie bipede e non solo, se è vero che l’evoluzione in ogni circostanza, intesa come spinta dell’inarrestabile progresso di ogni essere vivente, tende sempre a favorire mutazioni che permettono agli abitatori delle pertinenze di allagare il proprio ambiente, demolire le pareti della nicchia e costruirle nuovamente innanzi, sempre più lontano nella valle di coloro che dovranno rassegnarsi nel convivere con l’assoluto e raggelante orrore. Così il signore della notte, figlio concettuale di quei topi che percorrono i pertugi delle fognature, plurimi millenni a questa parte sorse dal terreno per librarsi in volo, agguerrito pipistrello succhiatore delle circostanze. Finché un giorno, da uno scherzo del destino, guadagnò un nemico che di proprio conto nacque con le ali. E posto innanzi ad una scelta, scelse per tali arti l’atrofìa. Sorprendente da diverse angolazioni, giacché il termine per riferirsi ad ogni mosca in lingua inglese è fly; laddove la tipica rappresentante della famiglia cosmopolita Nycteribiidae, a dirla tutta, sarebbe stato più corretto definirla con appellativo di walk. Creatura diventata celebre in modo particolare su Internet, grazie alla premiata fotografia scattata nel 2021 dal naturalista Piotr Nasrecki, nel corso di un sopralluogo all’interno del parco naturale Gorongosa del Mozambico. Entro cui lo spettatore è chiamato a razionalizzare il primo piano di un riconoscibile chirottero dalle dita lunghe (Miniopterus mossambicus) non più lungo di 10 cm, con il muso parzialmente oscurato da quello che parrebbe presentarsi come un grosso ragno che gli copre totalmente la fronte e gli occhi. O un face hugger disegnato dall’illustratore svizzero H.R. Giger per il film Alien, trasferito nelle proporzioni idonee per costituire la perfetta punizione del più celebre mammifero volante. Presumibilmente tollerato perché dopo tutto, per creature di siffatta natura il senso principale è l’udito, sfruttato in modo affine al sonar per potersi orientare nell’oscurità latente. Immagine che complessivamente pare sprigionare un senso di assoluto terrore, minaccia e sofferenza. Finché contando le zampe della sovrapposta creatura, non si scopre fare semplicemente parte della vasta e diversificata genìa degli insetti. Ovvero, a conti fatti, un altro aspetto meramente implicito e del tutto spassionato della Natura…
metamorfosi
Oh, copiosa metamorfosi! Ode all’imponente ipertrofia dell’ultramosca
Tra tutti i posti dove scegliere di deporre le proprie uova, è difficile immaginare per un insetto un alternativa peggiore della dispensa sotterranea di un formicaio. Specie se del tipo appartenente al genere Atta costruito dalle cosiddette tagliafoglie, imenotteri la cui capacità di suddivisione dei compiti è tanto avanzata da essere studiata come manifestazione pratica di un singolo organismo. E la cui vigilanza risulta essere così precisa, che persino durante il trasporto dei pezzetti di vegetazione da cui prendono l’appellativo una o più di loro trova posto sopra le lettiga improvvisata della fronda semovente, avendo cura d’attaccare con le affilate mandibole ogni potenziale parassita della giungla neotropicale. Ancorché la collettività sotterranea, in paziente attesa dell’insostituibile sostanza nutriente, non si mostrerà incline a fagocitarla in maniera pressoché immediata. Ma piuttosto deponendola sul fondo della stanza, lascerà che funghi e muffe crescano sopra i pezzi delle piante marcescenti. Ed è in questo florido contesto, dove feromoni e antenne cessano di funzionare in modo puntuale, che le più imponenti rappresentanti della famiglia Mydidae inoculano, con acuminato ovopositore, la prossima generazione delle proprie pallide uova rotondeggianti. Che non saranno d’altra parte in alcun modo nocive per le padrone di casa, contribuendo piuttosto una volta schiuse alla cattura e fagocitazione delle larve di scarabeo Dynastinae e Rutelinae, queste si, nemiche potenziali della militarizzata collettività dei mirmidoni. Verso l’accumulo di forze necessarie a crescere in salute e raggiungere l’età adulta, sulla base di un copione lungamente noto alla scienza. Tipico dei ditteri endopterigoti sottoposti ad olometabolia, che dopo il trascorrere di un tempo adeguato, compiranno la tortuosa trasformazione da uovo a neanide, poi ninfa ed infine la caratteristica imago ronzante. Già poiché stiamo qui parlando, per quanto difficile possa risultare intuirlo dalle immagini, di quella che rappresenta a tutti gli effetti una “semplice” mosca. Così come la balenottera azzurra, maggiore animale mai vissuto sulla Terra, è “soltanto” un cetaceo. Laddove i 7-8 cm della lucida forma esoscheletrica di questo insetto nella sua forma finale, più simile a una cavalletta finché non lo si osserva spiccare il volo, rappresentano un caso di evidente gigantismo all’interno della sua categoria d’appartenenza. Ed un mistero della biologia, che non possiamo dichiarare allo stato dei fatti attuali totalmente chiaro né appropriatamente semplice da contestualizzare. Col potente ronzio nelle orecchie, più simile al motore di una macchina, che rende complicata l’elaborazione di pensieri complessi…
Oh, pittore per antonomasia: qual mirabile pennello ha tinto l’ali di cotanta falena?
“Non andartene docile in quella buona notte, metamorfosi dovrebbe ardere e infierire quando cade il giorno; infuria, infuria contro il morire della luce” E sia! Molti tendono a tralasciare la saliente maniera in cui qualsiasi personalità creativa, sia l’individuo un pittore, musicista o poeta come Dylan Thomas, avesse in se il potenziale di diventare un entomologo. Poiché non è forse proprio tale categoria di esseri viventi, gli insetti, la più fenomenale testimonianza dell’ineccepibile capacità creativa della Natura, l’efficace dimostrazione che la bellezza può derivare dall’utilità, intesa come capacità di sopravvivere perpetrando una particolare soluzione dei problemi che ci rendono quasi fratelli? Contrattempi generalmente privi di fascino, quali il bisogno di mangiare, difendere il territorio, riprodursi… Essere il perfetto bruco e quindi l’infallibile farfalla. Scintille d’energia dinamica nella foresta museale di un certo mondo. E tutto ciò che inevitabilmente tende a derivarne. Se stessi compilando una fiaba, dunque, affermerei a questo punto: “C’era una volta un lepidottero. Il cui volo era tormentato da un migliaio di pericoli alla volta. Così come suo padre, sua madre e l’incalcolabile progressione dei suoi antenati, egli zigzagava schivando il becco d’uccelli. E ogni volta si posava aspettando le fauci di fiere in agguato, come gatti, mustelidi o i figli della stirpe scimmiesca.” Meno rara di quanto poteste pensare, nel saliente caso! Ci troviamo, dopo tutto, nel Sud Est asiatico e in India. Dove sin dall’epoca della fondazione di antiche discipline o religioni, la regola non scritta della meraviglia sembrerebbe aver determinato il corso di un trasversale destino. “Perciò il lepidottero scelse di essere come l’acqua che riflette il cielo. Scelse di sembrare molte cose allo stesso tempo.” Immagino abbiate capito ciò a cui sto alludendo. O quanto meno, a questo punto, la foto abbia sortito il doveroso effetto; poiché questo non è un insetto, nella propria forma adulta, che allinei la propria livrea all’aspetto di un pezzo di corteccia o la superficie di una foglia. Nossignore, Linneo. E lo stesso Darwin si sarebbe interrogato su quale processo di selezione potrebbe aver condotto per vie impreviste a qualcosa di tanto lontano dal consueto. Dopo tutto, questa specie scoperta, descritta e classificata per la prima volta nel 1882 in un catalogo illustrato del grande entomologo Frederic Moore, sembrerebbe essersi meritata a pieno titolo l’appellativo scientifico di Baorisa hieroglyphica. Con un diretto riferimento, per l’appunto, alla variopinta e complessa scrittura pittografica dell’antica civiltà egizia. Benché la più immediata ed istintiva sapienza popolare avrebbe preferito, in seguito, un riferimento ad uno dei più grandi creativi ed uomini più famosi del Novecento: Pablo Picasso in persona, utilizzatore in determinati “periodi” della sua carriera di armonie contrastanti di salienti colori. Così come quelli disposti, tanto artisticamente, sull’ali della nostra fluttuante amica…
Oh, bagnato bruco della mosca! Dalla lunga e lesta coda rattiforme!
Nella poliglotta e universale gerarchia degli insulti, spesso un repertorio valido deriva da particolari tipologie d’animali. Creature in qualche modo percepite come piccole o meschine, infelici o poco utili alle buone condizioni dell’ambiente e della civiltà umana. Esseri come i vermi, oppure i ratti, chiaramente condannati da eventuali malefatte in vite precedenti, al punto da finire reincarnati in siffatte condizioni, in una nicchia biologica del tutto priva di sbocchi o realizzazioni. Come se l’individualità, nell’Universo, forse null’altro che un’artificiale condizione elaborata da esseri pensanti ed unici, nell’infinita vastità delle possibili condizioni dei viventi. E dopo tutto, noi chi siamo al fine d’improntare una possibile architettura di giudizio? L’evidente scala dei valori che si adatti ad ogni cosa e circostanza, qualsivoglia genere di strisciante o zampettante creatura? La precisa e pratica realizzazione di un piano sofisticato, frutto di una lunga quantità di anni e plurime generazioni molto superiori alle nostre. Fino a poter mettere i nostri occhi sopra tutto questo: i molti piccoli vermetti nel barile d’acqua putrida e stagnante. Ciascuno egualmente lieto di essere nel mondo, mentre in silenzio mastica e trangugia larghe quantità di mucillagine aumentando di peso, la lunga propaggine sul retro in posizione obliqua che fuoriesce parzialmente dalla superficie. Fino al giorno in cui il suo possessore non sarà abbastanza forte, e grande, da poter nuotare oltre i margini di questo stagno maleodorante. Per andare a seppellirsi, con grandissimo senso d’aspettativa, tra il terriccio del nostro giardino: bestia o belva, mistica presenza semi-trasparente ed indefessa. Valida versione della vita, di per se perfettamente produttiva e completa in ciò che tenta in genere di fare. Ma come se ciò non potesse mai essere abbastanza, ecco ciò che la natura serba sotto i nostri occhi come ultima sorpresa della rinomata vicenda: la nascita due settimane dopo di una… Mosca. Dai colori assai variabili come anche le forme, poiché liberamente appartenente alle tribù degli Eristalini e Sericomyiini, più comunemente definiti delle hoverfly. Pronte a sollevarsi per cercare pollini o nettari abbastanza nutrienti, da riuscire a supportare la propria sopravvivenza fino al catartico momento riproduttivo. Una pratica ben collaudata e supportata dall’evidenza, soprattutto quando coinvolge fiori di colore giallo. Ecco perciò, oh pragmatico uomo moderno, l’effettiva “utilità” di cose come queste. Semplicemente una valida ragione d’esistenza, di agrimonia, alisso, anemone, dente di leone, ginestra e girasole, verbasco, qualche volta pure il tulipano. Orribile strisciante visu, passaggio utile a ogni cosa bella che sussiste nel mondo…