L’umida profezia del settimo sigillo di palma nel giardino peruviano predestinato

Il giovane Julian Vargas si avvicinò con passo deciso all’alta staccionata mentre un vortice meteorologico sembrava minacciare il suo stesso diritto all’esistenza. Impugnando saldamente l’ascia utilizzata periodicamente da suo padre in giardino, gettò uno sguardo preoccupato verso l’officina vitivinicola Flores, da cui proveniva il miglior pisco della regione di Ica: ormai l’acqua aveva superato il livello del magazzino e gradualmente, stava penetrando il piano rialzato per la vendita agli occasionali turisti che passavano per il villaggio di Cachiche. La sua amata Mariela, con un fazzoletto in mano, si aggrappava saldamente a quello stipite, avendo abbandonato assieme alla famiglia ogni ragionevole prospettiva di salvare la situazione. Ma fu tenendo in mente l’ultimo barlume di speranza che Julian, sotto il battito incessante della pioggia, spalancò con il più forte calcio possibile la porta d’ingresso del recinto, con gli occhi semi-chiusi per cercare di vedere meglio lo scenario residuo antistante. Ben sapendo in ogni caso ciò che avrebbe dovuto aspettarsi: semi-annegata e coperta di scaglie legnose come le spire serpentine del Mostro di Lochness, lei era lì. Senza un inizio né una fine, attorcigliata attorno al proprio stesso corpo, i multipli rami sovrapposti ed aperti a raggera. Animata per l’effetto delle gocce spinte in ogni direzione, la creatura digrignava con le più segrete camere dell’immaginazione, producendo suoni e versi che sembravano auspicare la trasformazione in parole: “L’ora…È giunta. Crescano le piante, muoiano gli umani. Acqua interminabile sopra la testa dei peccatori!” Non se potrò fare qualche cosa per impedirlo, pensò Julian, cercando freneticamente il punto focale del disastro, quella profetizzata settima testa del mostro, lasciata crescere con leggerezza dei suoi stessi amici e vicini. Soltanto una superstizione, dopo tutto. O almeno questo è ciò che ripeteva a se stesso per farsi coraggio, mentre spostava nervosamente l’ascia da una mano all’altro. Poiché se il lascito profetico della strega centenaria Julia Hernández Pecho Viuda de Díaz avesse contenuto anche soltanto una singola scintilla di verità, una cosa era sicura: chiunque avesse impedito al mostro di trascendere, avrebbe pagato il proprio affronto con la vita. Ecco, allora, pensò in quel momento di averlo individuato: il più giovane snodo frondoso dell’Apocalisse. Con un gesto magniloquente simile al saluto di uno schermidore, sollevò la lama del suo attrezzo lasciandosi alle spalle qualsiasi tipo di rimorso. Uno, due passi lievemente titubanti che iniziavano ad accelerare verso l’obiettivo. Il primo colpo, ne era certo, avrebbe richiamato l’attenzione ed il coraggio dei suoi vicini. Quando qualcosa di completamente inaspettato sembrò fare la propria comparsa sopra la linea dell’orizzonte. Un timido, distante… Raggio di sole?
Narrano le cronache di tale luogo, chiaramente riportate negli annali del pacifico villaggio risalente all’epoca coloniale, che tra il 1997 e ’98 all’apice di uno dei casi più terribili del periodico evento climatico di El Niño una spietata alluvione minacciò di di spazzare via l’assembramento abitativo di coloro che avevano fatto dell’agricoltura nel distretto pedemontano di Pueblo Nuevo l’essenziale stile di vita e mezzo di sopravvivenza. Così come qualcuno aveva preannunciato, fin troppo chiaramente, ormai da esattamente un decennio…

E non è un climatologo o studioso dei flussi ventosi della Terra colui o colei di cui siamo parlando, bensì una vera bruja (strega) certificata, con tanto di gatto nero e gufo usato al fine di pattugliare silenziosamente le oscure notti di luna nuova. Depositaria di una lunga stirpe locale in effetti, se è vero che lungo l’arco di quasi tre secoli, tra il 1570 e il 1820, la comunità di Cachiche ospitò a più riprese i rappresentanti coloniali del temuto ente della Santa Inquisizione, qui convocato causa le insistenti voci di malefici, malocchi e strane voci di condanna trasportate dal vento. Ciò di cui la stimata e già citata Julia Hernández si occupava primariamente e dal punto di vista pratico al principio del Novecento, tuttavia, era soprattutto l’antica arte della Curanderia pagana, costituita dal corpus largamente empirico di medicine ed approcci taumaturgici ai diversificati problemi della gente. Come la balbuzie che condizionava fortemente l’esistenza di Fernando Leon de Vivero, colui che avrebbe trovato la sua misteriosa cura proprio nei metodi e nell’assistenza ricevuta da questa utilizzatrice a fin di bene delle cosiddette arti oscure. Tanto da trasferirsi in seguito presso la capitale della città di Lima, dove sarebbe diventato un politico stimato e membro del Parlamento nazionale. Evento in seguito al quale sarebbe tornato nel paese natìo per finanziare la costruzione di una statua in bronzo della bruja, collocata sopra un basamento intagliato in un singolo albero di huarango. La pianta cui sarebbe stata lungamente e indissolubilmente associata la sua leggenda, tuttavia, era un’altra potendo essere identificata come un esemplare straordinariamente atipico di Socratea exorrhiza, altrimenti detta cashapona o “palma che cammina nella foresta”. Questo per la natura molto preminente delle sue radici sopraelevate, secondo gli scienziati utilizzate come contromisura al possibile evento di un altro tronco caduto sopra simili svettanti forme, così che l’albero possa piegarsi e crescere senza soluzione di continuità nell’eventuale spazio adiacente. Un episodio che parrebbe essersi verificato in più di un caso nell’incerta storia pregressa della cosiddetta Palmera de Siete Cabezas (“delle sette teste”) il cui appellativo allude al fenomeno comparativamente più raro, ma tutt’altro che inaudito, della biforcazione vegetale del fusto centrale o stipite, portando alla creazione di multipli capitelli, ciascuno ornato dalla sua corona di foglie. Il che dovrebbe aver creato, nella vostra mente, l’inquietate quanto insolita immagine finale, di una palma che non cresce verso il cielo ma serpeggia minacciosamente sul terreno, biforcandosi in più punti come un’idra o serpente policefalo in cerca di una preda possibilmente umana. Il che avrebbe portato, attraverso le decadi, al sovrapporsi di una serie di leggende, a partire da quella secondo cui l’albero sarebbe stato la trasformazione punitiva di una strega rinnegata dalla sua comunità, piuttosto che un mostro lacustre sottoposto da una di loro o ancora un polpo che si era impossessato in mare del tesoro della flotta spagnola, affrontato e sconfitto da una delle antenate della rinomata Hernández. La quale di suo conto, in punto di morte nel 1986, avrebbe pronunciato la profezia destinata a rimanere più famosa di tutte: che i gli abitanti del villaggio avrebbero dovuto continuare a potare religiosamente la settima testa della palma. Poiché se avessero mancato un giorno di farlo, le loro case sarebbero state sommerse, in quella che sarebbe diventata una versione sudamericana dell’antico mito di Atlantide ceduta alle ambizioni di Poseidone. Proposito tanto remoto in apparenza, vista la loro posizione a circa 61 Km dalla costa del Pacifico peruviano…

Caso vuole, d’altra parte, che il villaggio stesse effettivamente per allagarsi nel 1997, il che avrebbe suscitato negli abitanti un forte proposito distruttivo nei confronti dell’albero, se non che si dice che le piogge si trovarono a cessare pochi attimi prima che i primi colpi fossero vibrati sul sinuoso vegetale dai singolari presupposti. Il che a posteriori costituisce molto probabilmente una fortuna, visto l’ampio spazio dedicato da Cachiche ai suoi trascorsi stregoneschi, con svariate statue all’interno di un parco a tema e la palma in questione utilizzata in qualità di attrazione principale per i turisti. Essendo questa collocata, per l’appunto, a poca distanza dalla principale distilleria di un liquore ricavato dalla distillazione del vino che non viene sottoposto ad invecchiamento.
Quel beneamato pisco che, contrariamente ad etichette prestigiose provenienti dalla cara Europa, ancora non dispone di una denominazione controllata sul mercato internazionale. Lasciandolo profondamente collegato alle ragioni di un territorio con i propri miti, le sue leggende ed imprescindibili caratteristiche inerenti. Dove anche il semplice verso del vecchio gufo, o il vento che agita le foglie di palma, sembrano talvolta infusi di una profondissima scintilla di preziosa sapienza.

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