Gaztelugatxe, lunga passerella verso l’eremo di un immaginario castello dei draghi

È sorprendente, e in qualche modo rassicurante, prendere nota di come non tutti i luoghi segregati o irraggiungibili siano stati necessariamente utilizzati nel corso della storia umana con finalità militari, costruendo su di essi valide fortezze, mura invalicabili o svettanti guardianie dotate di plurime piattaforme di tiro. Il che non ha impedito, d’altra parte, alla fantasia di galoppare con il suo immancabile entusiasmo, in maniera conforme alle percepite necessità di dare una forma estetica alle descrizioni di ciascun autore. Personaggi come George Martin e registi del calibro di Benioff e Weiss, ciascuno collegato a suo modo ad uno dei fenomeni televisivi di maggior portata dell’ultimo decennio: la serie del Trono di Spade, con le sue plurime battaglie, drammi e tradimenti tra le famiglie di un immaginario mondo liberamente ispirato all’Europa medievale. L’originale circostanza, caso vuole, per l’esistenza del tutto speculativa del castello noto come Roccia del Drago, costruito dall’antica dinastia dei re Targaryen come roccaforte utile all’allevamento del proprio animale simbolo, creatura sputafuoco dalle notevoli potenzialità belliche e proporzioni. Una dimora edificata tramite la fusione della roccia stessa, mediante l’utilizzo di arti magiche dimenticate, con alte torri, barbacani ad angolo retto e un mastio principale ricoperto dalle forme architettoniche allusive a teste di rettili ed ali di pipistrello, come si confà ad un simile contesto architettonico di rappresentanza. E potrebbe perciò risultare in una prima battuta perplesso, poi stupito, uno spettatore pregresso di tali puntate nell’avvicinarsi alla costa settentrionale dei Paesi Baschi ed in modo particolare non lontano dal comune di Bermeo, situato sul lato spagnolo di quel territorio, nel riconoscere il particolare luogo ma senza vedere quelle forti mura. Una valida allucinazione visuale, ovvero il semplice prodotto degli effetti speciali. Pur nell’assoluta e inconfondibile fedeltà del contesto d’appartenenza ed in modo particolare il suo unico percorso d’accesso, posto nuovamente al centro delle telecamere nel corso di alcune scene culmine del più recente prequel, House of the Dragon. Sto parlando, per l’appunto, del notevole isolotto di Gaztelugatxe (pron. Gas-Tii-Lu-Gat-seh) sopra le cui rocce a picco sul mare di Cantabria sorge davvero un piccolo edificio, dalla forma architettonica chiaramente dedicata alle attività sacre della Cristianità e tutto ciò che questo prevede. A partire, in base alla cronologia largamente speculativa di cui disponiamo, da un remoto nono secolo d.C, quando s’iniziò a narrare la storia locale di uno sbarco pregresso su queste spiagge di San Giovanni Battista in persona, con presumibili finalità di portarvi la novella del Signore e in qualche modo prima di recarsi nuovamente in Giordania, dove avrebbe poi subìto il martirio della decapitazione. Occasione durante la quale, narra il racconto, in assenza del pratico viale d’accesso che oggi possiamo ammirare, il santo avrebbe risalito il promontorio con soli tre balzi, lasciando altrettante impronte del proprio passaggio che avrebbero mistiche capacità taumaturgiche diventando il segno indelebile della benevolenza dell’Altissimo nei confronti dei suoi fedeli. Qualcosa che, invero, avrebbe potuto cambiare la qualifica di un tale luogo nell’ambiente fortemente militarizzato dei Sette Regni…

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I nuovi social sono una risorsa anche per la rivisitazione del cinema wuxia cinese

In bilico sul bordo esterno di un mondo ed una società che vanno verso l’auto-annientamento, i seguaci dell’antico codice continuano a considerare i meriti di un comportamento retto e indifferente alle ingiustizie e semplificazioni: essi sono gli yóuxiá (遊俠, – eroi itineranti) che col filo della loro spada, o la testa del bastone, o ancora la semplice punta acciaiosa delle sue dita, sono soliti intervenire al fine di correggere le deviazioni dalla ragionevolezza dall’innata empatia umana. Torti ed omicidi, corruzione dei funzionari governativi, furti ai danni di chi aveva la necessità o minacce armate nei confronti dei buoni amministratori… Tutte situazioni in cui ogni cosa sembrò perduta, finché il misterioso viaggiatore non si presentò all’estremità finale del suo cammino, rivelando tutta la potenza risolutiva che deriva dall’applicazione quotidiana delle tecniche e gli addestramenti delle arti marziali. Un viaggio di scoperta fondamentalmente differente dal nostro bildungsroman, poiché ruota attorno ad un protagonista che ha già raggiunto l’apice della propria formazione, mentre si utilizza il punto di vista della gente comune per accrescere la portata della sua leggenda. Uomini e donne come appare il giovane filmmaker del Sichuan, Zhu Xian, nella sua ultima creazione ispirata al repertorio della cinematografia e narrativa più esportate dal Paese di Mezzo verso l’Occidente, mentre viaggia all’interno della cupa quanto imprescindibile ambientazione della foresta di bambù. Un luogo tipico del jianghu (江湖 – fiumi e laghi) tipico scenario vagamente fantastico impiegato come sfondo per il rilevante genere, liberamente tratto dall’ambientazione storica di un non meglio definito “Medioevo cinese”. Lontano dai centri abitati ed ogni tentennante tentativo di far rispettare la legge, così da costituire il luogo ideale per imboscate, conflitti all’ultimo sangue ed ogni sorta di altro ostacolo difficilmente aggirabile senza ricorrere all’impiego delle proprie caratteristiche variabilmente sopra l’umano. Specie quando l’aggressore in questione, il qui presente collega creativo Feng Wangyun, si presenta alleggerito dal gravoso peso gravitazionale mentre balza giù roteando come un elicottero, coperto dal cappello conico di paglia che noi ben sappiamo essere predestinato a diventare un proiettile ancor più letale di un missile cruise. Da qui l’impiego dei necessari e imprescindibili artifici, tra cui decollare agevolmente dal suolo ingombro del sottobosco, sdoppiandosi nei cloni magici che vogliono simboleggiare un qualche tipo d’imperscrutabile mossa speciale. Seguita da uno scambio di colpi tanto ineffabile e perfetto da ricordare grandi classici internazionali, come la Tigre e il Dragone (2000) o Hero (2002). Di un’epoca in cui per essere dei portavoce di questo particolare campo espressivo, serviva ancora conoscerle davvero, le arti marziali…

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Chi fabbrica gli stemmi del Trono di Spade

Stark Emblem Rexton

Il regno del fantastico si concretizza grazie alle regioni fluide della mente. Le immagini, non i ragionamenti, danno forma ai territori straordinari dell’ambito letterario. O di quello cinematografico e televisivo. Nel più recente e significativo caso, ce ne sono sette. Regni, non semplici feudi, disseminati in senso longitudinale; dal Tropico del Cancro a un succedaneo Polo Nord, popolato di creature innominabili e perverse. È un mistero, questo, che avviluppa ormai da anni numerosi appassionati, tutti coloro che aspettano con ansia il moto lasco di una penna celebrata, quella di George Martin, scrittore: perché succedono determinate cose? Chi è il mandante di quello oppure quest’orrido delitto? Di chi è figlio Jon Snow? E com’è davvero il suo volto, quello dei diversi fratellastri, quanto svettano in effetti le alte torri del Castello Rosso… I migliori autori abbozzano, non spiegano del tutto. È bello non sapere quasi niente, mentre si leggono parole di una tale caratura! È questo uno stato di grazia, che permette di spaziare più liberamente. Poi è arrivato il telefilm, un vero colossal per la tv. Con tutto il suo carico di forme, raffigurazioni, sembianze chiaramente definite. Il che, se da una parte toglieva i presupposti dell’inestimabile invenzione immaginifica, di chi stava leggendo in-fieri questa serie di romanzi (ancora incompleta) nel contempo apriva il ponte levatoio ad un diverso tipo di ricchezza. Il merchandising derivato, per un pubblico di soli adulti.
Rendere giustizia ad un mondo tanto chiaramente collocato in tempi antichi e truci, non è facile. Anzi, tramite le correnti metodologie commerciali, praticamente impossibile. Entrino, dunque, i moderni artigiani dell’empireo digitale. Tutti coloro che, aiutati dall’alta visibilità che si guadagnano le cose belle, nonché sfruttando a dovere gli strumenti del web marketing, riescono a tenersi attuali commerciando in spade, scudi ed armature. Più altre strane cose, in questi giorni che, spesso e volentieri, gettano uno sguardo indietro, verso gli antenati medievali. Vedi ad esempio questo stemma, fabbricato tramite la tecnica toreutica dello sbalzo, presso l’officina Rextorn Metalwork, sita in Polonia. Sembra quasi di sentire il ringhio della scagliosa bestia, l’enorme metalupo degli Stark. Questa splendida creatura, una delle poche concessioni di Martin verso le tematiche chimeriche della fantasy convenzionale, fuoriuscita dritta dritta dai pericoli della preistoria, che costituisce lo stendardo di una nobile ed immaginifica casata. Qui rappresentata, se vogliamo, con metodi davvero degni del suo nome.
La tecnica dello sbalzo, talvolta definita con il termine francese repoussage, prevede che una sottile lastra di metallo malleabile venga riscaldata fino al calor rosso. Normalmente si usano l’ottone, lo stagno, l’oro, l’argento oppure, come in questo caso, il rame. Il materiale viene quindi posto su un’incudine e battuto sistematicamente, tramite l’apporto di diversi tipi di ceselli, larghi e stretti, angolari o stondati. Ciò che ne risulta, se l’artista è veramente bravo, potrebbe costituire l’equivalente visuale di un bassorilievo ligneo o marmoreo, ma molto più leggero e maneggevole, abbastanza resistente da essere trattato con ossidi e resine, piuttosto che semplici vernici. Un’approccio di rifinitura, quest’ultimo, qui usato tanto abilmente, da riuscire a donare alla creazione una patina scura e lucida al tempo stesso, capace di sottintendere tutta la cupa truculenza e la spietatezza della storia che ha ispirato questo manufatto. E l’inverno…

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EXORDIUM, un feroce corto in rotoscoping

Exordium

L’epica migliore spesso viene da lontano. Succede di continuo, anche se in un modo prettamente circolare. Ulisse, l’astuto eroe per eccellenza, non era certo nato a Troia. Guerrieri, stregoni, magnifiche divinità, mostri vermilingui, prendono forma vicino a casa nostra, nella mente di persone indistinguibili da noi: i creativi in cerca di un impiego, ad esempio, o tutti coloro che per professione manovrano i concetti. Quelle loro creature, figure immaginifiche o fantastiche, sbucate da una penna, fiorite nella terra fertile di un foglio virtuale, per propensione non possono restare lì. Devono viaggiare molto a lungo, per mari e per monti, prima di acquisire fama, oltre il regno dell’annoso e dell’irrilevante. Ed è per questo che il protagonista, strumento di qualunque forma d’evasione dal concreto, riceve l’immancabile incombenza di completare una ricerca. Non per assolvere ad un ordine divino, bensì con il fine ultimo, non certo dichiarato, di generare quel conflitto, considerato propedeutico al racconto: la Peripezia. Soltanto per lei, con gran dolore, si va nella città dolente.
Il pubblico coinvolto, fra tutte le risorse, è forse la più difficile da assicurarsi. C’è chi sceglie di conquistarselo tramite la facile fruizione. Sono, costoro, gli assemblatori delle storie più stratificate, ma pur sempre chiare, in cui tutto avviene con un senso logico e per espliciti obiettivi. Però c’è pure, come contrappunto, l’ermetismo narrativo, linguaggio scelto dall’autore misterioso GORGONAUT. L’avete visto il suo ultimo cartone? Ci sono tre vichinghi, armati di bastone, ascia e spada, che marciano caparbi sulle ossa e sopra i resti di un’intera armata. E c’è un immortale guardiano in armatura d’oro, con la maschera funerea di Agamennone, versione pseudo-boreale. Personaggi più grandi dell’umano, che lottano strenuamente, fino all’ultimo respiro, per il privilegio di mangiarsi un fiore. Lo strumento salvifico finale!

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