La prova che abbiamo nella nostra mente il potenziale genetico del pesce vampiro

Soddisfazione può essere trovarsi, nelle migliori circostanze immaginabili, attaccati saldamente ad un involucro fluttuante. La scagliosa superficie esterna che ricopre, in molti casi sussistenti, l’effettiva forma idrodinamica di una creatura degli abissi. Pesce o pasto, se vogliamo, di colui e coloro che di un tale approccio hanno saputo fare una missione esistenziale. Grazie all’impostazione programmatica del progressivo corso dell’evoluzione. Che rende ogni creatura più complessa o in casi opposti, elimina il superfluo chiaramente non-necessario. Chi ha mai davvero concepito come indispensabile, del resto, una mascella? Molti sono i modi per nutrirsi alternativi alla masticazione, soprattutto quando rientri geneticamente nell’universale gruppo degli agnati. Creature che dimostrano il possesso di colonne vertebrali ma non quello di altre ossa giudicate, nella maggior parte delle circostanze, utili (…Essenziali). Non c’è perciò parecchio da meravigliarsi, se per lunghi anni di ricerca l’effettiva commistione di fenotipi e comportamenti della tipica lampreda di mare (Petromyzon marinus), mostri lunghi fino a un metro utilizzati da scienziati di ogni parte del mondo come modelli di riferimento, grazie alla maniera in gli riesce di essere allo stesso tempo simili, e diversi. Mentre soltanto nello studio pubblicato all’inizio di questa settimana da scienziati dello Stowers Institute a Kansas City (MO) sembrerebbe sussistere in maniera largamente preponderante il primo caso piuttosto che il secondo. In quel particolare aspetto spesso sottovalutato dei processi mentali, intesi non come linea di ragionamento, bensì l’effettiva conformazione e metodologia di sviluppo dei loro piccoli e altrettanto funzionali cervelli. Ma c’è davvero una differenza? Il pesce vampiro nasce, cresce, desidera ed ottiene soddisfazione. Quindi persegue con tutte le proprie non trascurabili energie l’obiettivo fondamentale di giungere a riprodursi, generando i presupposti di un latente quanto inesplicabile senso di affinità con noialtri esseri umani. Soltanto adesso ci è dato di comprendere, per la prima volta, il perché. Ciò grazie all’approfondita ricerca genetica condotta su questi animali dal team di Bedois, Parker e colleghi, abilmente mirata in modo tale da identificare il ruolo preponderante dell’acido retinoico nella formazione del lobo temporale di questi pesci. Un importante metabolita che permette l’utilizzo della vitamina A nella replicazione sistematica di cellule specializzate, come per l’appunto quelle di tipologia neuronale. Il che significa, in altri termini, che la mente dell’instancabile succhiatore nasce, cresce e si sviluppa esattamente nello stesso modo di quella dei mammiferi di terra, come conigli o topi. O guarda caso quella molto più complessa, di coloro che hanno la prerogativa d’interessarsi e scrivere sul tema dell’esistenza…

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L’origine remota e non del tutto folkloristica dell’unicorno tibetano

Il fatto che le stelle fisse, osservandole nel cielo, giungano a formare nelle antiche discipline o filosofie la versione più imponente del classico gioco “unisci i puntini” è una mera ed evidente conseguenza dell’effetto di parallasse. Giacché ruotando l’ideale punto di vista, chimere, draghi ed orse maggiori sparirebbero in maniera pressoché immediata, di fronte all’effettiva distanza variabile di ciascun riferimento grafico impiegato nel catalogo di riferimento. Così osservando cose di ogni tipo da un lato piuttosto che l’altro, esse appaiono cambiate, misteriose o addirittura senza precedenti. Ancor più quando ad entrare in gioco, compare l’elemento della sovrapposizione. Così che Luna e Sole possono riuscire a sovrapporsi. O su una scala molto più ridotta, un paio di corna ridursi ad una soltanto. Potrebbe in effetti essere proprio una diretta risultanza di un simile fenomeno, l’aneddotica testimonianza del Reggente Drago (Druk Desi) di nome Tsulthrim Daba riferita nel 1800 al soldato e diarista inglese Tsulthrim Daba, che parlava di un ungulato simile a un cavallo con un solo corno che sporgeva dal centro esatto della sua fronte. Una visione chiaramente riconducibile, per un tramite indiretto, alla più celebre presenza erbivora dei nostri bestiali medievali nonché uno dei pochi “mostri” a non costituire un pericolo per l’uomo. La parola unicorno si era d’altra parte già dimostrata in grado di costituire un termine ad ombrello potenzialmente impreciso, utilizzato proprio nel contesto orientale al fine di riferirsi al quadrupede draconico qilin, apparizione ricorrente nella poesia e nell’arte cinese fin dalle più antiche dinastie. Ragion per cui in tale paese si era da tempo utilizzata l’espressione Bestia da un Corno Solo (Dújiǎoshòu) per riferirsi al leggendario equino europeo, in maniera del tutto paragonabile a quella che storicamente era stata impiegata dai tibetani. La strana ed almeno in apparenza, infrequente creatura fu dunque giudicata degna di continuare a godere degli appellativi non mutualmente esclusivi di seru, chero o tso’po, effettivamente applicabili soltanto nei confini del suo ipotetico ambiente di appartenenza. Una seconda descrizione scritta dell’animale, decisamente più dettagliata, sarebbe comparsa quindi nel 1821, dalla traduzione di un antico manoscritto tibetano ad opera del maggiore Barré Latter, che si trovò a leggere di un essere con gli zoccoli della dimensione paragonabile a quella di un piccolo pony, rapido, agile e difficile da catturare. La cui caratteristica maggiormente distintiva appariva essere il possesso di una singola estrusione appuntita nel punto centrale della corta testa. Il che iniziava a offrire una prospettiva interessante per come l’effettivo termine tso’po veniva spesso considerato in determinati ambiti un sinonimo di chiru, il nome locale della Pantholops hodgsonii o antilope tibetana, indissolubilmente associata alla preziosissima ed impareggiabile shahtoosh, un tipo di scialle in lana prodotto nell’area geografica Persiana da pelli esportate di un minimo di tre e fino a cinque esemplari. Il che lasciava intendere un’effettiva difficoltà percepita nell’incontrare simili eleganti bestie e al tempo stesso, incoraggiava i mercanti di corna ad affermare che ciascuna ne possedesse una soltanto. Incrementandone in tal modo la rarità percepita e conseguentemente, il valore…

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Sopravvivenza che può essere insegnata: cos’è l’uovo per la piccola mangusta della condivisione

Giornata di carambole presso il più famoso zoo Oregoniano, nelle immediate vicinanze del centro di Portland. Il che non vuole significare che i guardiani abbiano tirato fuori i tavoli verdi, impugnando lunghe stecche dalla funzione chiaramente definita. Traendo piuttosto l’opportunità, e la gioia, dal gioco proposto ad uno degli ospiti più amati e distintivi dei suoi recinti: la vorace, vivace creaturina dotata di uno spirito appuntito quanto i propri stessi denti. Collaboratrice coi suoi simili anche in natura nelle diverse circostanze i agili imprevisti dell’esistenza. Vedi, per fare un esempio, la casistica di ritrovarsi al cospetto di una mezza dozzina di “deliziose cose rotolanti” l’oggetto candido e prezioso che gli umani sono soliti chiamare uovo. Non del tutto reali, stavolta, poiché alle manguste nane comuni (Helogale parvula) qualcuno ha dato in dono capsule di plastica plasmate suggestivamente, il cui segreto contenuto potrebbe includere biscotti, bocconcini, piccoli ritagli di dolcezza che migliorano il prospetto della giornata. Segue… Panico indiscusso e generalizzato. Un sobbalzante pandemonio delle circostanze! Questo per il fatto che l’istinto, creato grazie all’esperienza di generazioni pregresse, detta legge nel comportamento dei carnivori e ancor più quelli della dimensione inferiore a un gatto domestico. Per cui nutrirsi vuole dire sempre farlo il più velocemente possibile, con almeno un occhio dedicato all’avvistamento di eventuali predatori. Eppure non è tutto innato quel che nasce dall’esperienza. Persino per loro, anche quando approcci singoli potrebbero risolvere i problemi del quotidiano. E d’altra parte, perché mai limitarsi? Esistono maniere multiple per risolvere un enigma. E molti modi per rompere un uovo. Chiedetelo a… Corsin Müller, esperto del comportamento animale dell’Università di Vienna, già autore nel 2010 di uno studio dedicato a comprendere una delle anomalie maggiormente insolite nell’approccio al foraggiamento di questa intera categoria di creature. Quella secondo cui alcune manguste siano solite rompere il guscio sbattendolo contro oggetti duri; mente altre, di lor conto, preferiscano morderne la parte più appuntita per suggerne il contenuto. E indipendentemente da quale sia l’approccio scelto di volta in volta, continuino a impiegarlo in modo pressoché esclusivo per l’intero estendersi della propria esistenza. Questo perché, come determinato dal suddetto studioso, è ragionevole pensare che gli sia stato insegnato a scuola (di vita) dalla principale figura capace di farne gli esemplari adulti che sarebbero diventati. Il padre putativo, guardiano e custode delle nuove generazioni, nella singolare organizzazione sociale delle manguste…

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Oh, pittore per antonomasia: qual mirabile pennello ha tinto l’ali di cotanta falena?

“Non andartene docile in quella buona notte, metamorfosi dovrebbe ardere e infierire quando cade il giorno; infuria, infuria contro il morire della luce” E sia! Molti tendono a tralasciare la saliente maniera in cui qualsiasi personalità creativa, sia l’individuo un pittore, musicista o poeta come Dylan Thomas, avesse in se il potenziale di diventare un entomologo. Poiché non è forse proprio tale categoria di esseri viventi, gli insetti, la più fenomenale testimonianza dell’ineccepibile capacità creativa della Natura, l’efficace dimostrazione che la bellezza può derivare dall’utilità, intesa come capacità di sopravvivere perpetrando una particolare soluzione dei problemi che ci rendono quasi fratelli? Contrattempi generalmente privi di fascino, quali il bisogno di mangiare, difendere il territorio, riprodursi… Essere il perfetto bruco e quindi l’infallibile farfalla. Scintille d’energia dinamica nella foresta museale di un certo mondo. E tutto ciò che inevitabilmente tende a derivarne. Se stessi compilando una fiaba, dunque, affermerei a questo punto: “C’era una volta un lepidottero. Il cui volo era tormentato da un migliaio di pericoli alla volta. Così come suo padre, sua madre e l’incalcolabile progressione dei suoi antenati, egli zigzagava schivando il becco d’uccelli. E ogni volta si posava aspettando le fauci di fiere in agguato, come gatti, mustelidi o i figli della stirpe scimmiesca.” Meno rara di quanto poteste pensare, nel saliente caso! Ci troviamo, dopo tutto, nel Sud Est asiatico e in India. Dove sin dall’epoca della fondazione di antiche discipline o religioni, la regola non scritta della meraviglia sembrerebbe aver determinato il corso di un trasversale destino. “Perciò il lepidottero scelse di essere come l’acqua che riflette il cielo. Scelse di sembrare molte cose allo stesso tempo.” Immagino abbiate capito ciò a cui sto alludendo. O quanto meno, a questo punto, la foto abbia sortito il doveroso effetto; poiché questo non è un insetto, nella propria forma adulta, che allinei la propria livrea all’aspetto di un pezzo di corteccia o la superficie di una foglia. Nossignore, Linneo. E lo stesso Darwin si sarebbe interrogato su quale processo di selezione potrebbe aver condotto per vie impreviste a qualcosa di tanto lontano dal consueto. Dopo tutto, questa specie scoperta, descritta e classificata per la prima volta nel 1882 in un catalogo illustrato del grande entomologo Frederic Moore, sembrerebbe essersi meritata a pieno titolo l’appellativo scientifico di Baorisa hieroglyphica. Con un diretto riferimento, per l’appunto, alla variopinta e complessa scrittura pittografica dell’antica civiltà egizia. Benché la più immediata ed istintiva sapienza popolare avrebbe preferito, in seguito, un riferimento ad uno dei più grandi creativi ed uomini più famosi del Novecento: Pablo Picasso in persona, utilizzatore in determinati “periodi” della sua carriera di armonie contrastanti di salienti colori. Così come quelli disposti, tanto artisticamente, sull’ali della nostra fluttuante amica…

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