Lezioni di prudenza da una rara vipera color del cielo d’agosto

Ci sono persone che li amano, li accudiscono proprio come noi potremmo fare con un cane o un gatto venuto a vivere in mezzo alle mura di casa nostra. Padroni in grado di comprenderli, accudirli e addirittura accarezzarli, sebbene raramente i rettili risultino essere capaci di capire pienamente la psicologia dell’uomo e tutto quello che vi ruota intorno. Eppure addirittura tra di loro, questa è una creatura che in parecchi preferiscono trattare con i guanti. Poiché non esiste antidoto, allo stato attuale, capace di ridurre l’efficacia del tremendo fluido emorragico contenuto nelle zanne di un simile serpente, capace di provocare dolore, rigidità, paralisi e necrosi degli arti. Potendo contare a tal fine su un istinto perfezionato dall’evoluzione che ha insegnato al pericoloso essere protetto dalle scaglie a mordere senza lasciare poi la presa, per assicurarsi di riuscire a inoculare fino all’ultima goccia di veleno. Il che non diminuisce d’altra parte, in alcun termine apprezzabile, l’incredibile bellezza della sua presenza ed il colore della suddetta armatura in rombi sovrapposti, di un ceruleo tono che alcun modo può essere considerato frequente in natura. Come il cielo, come il mare, come una farfalla, qualche uccello e poco altro, fatta eccezione per l’enorme quantità di oggetti prodotti artificialmente dall’uomo in questa gradazione. E ciò in quanto, nell’intero spettro di un arcobaleno possibile, non c’è alternativa maggiormente amata dalle moltitudini, di quella rappresentata da ciò che il mondo non è stato in grado di produrre biologicamente su larga scala, lasciandolo principalmente l’appannaggio del regno chimico e minerale. Una vera falsa pista sulla via della nostra sopravvivenza in ipotetiche circostanze naturali, quando si considera come una creatura dal mordente aspetto disallineato voglia fare il possibile al fine di significare, mediante i tratti ereditati dalla propria linea di sangue, “pericolo” & “timore” più di qualsiasi altra cosa, una bandiera tanto spesso accompagnata dall’effettiva realtà dei fatti. Tanto spesso, incluso quando si abbia l’intenzione di parlare delle vipere dell’arcipelago indonesiano, adattatosi attraverso i secoli a sopravvivere e difendersi nell’ambiente tutt’altro che accogliente della giungla tropicale. Arrampicandosi sui rami degli alberi, dalla cui cima pendono tentando di ghermire uccelli, piccoli mammiferi e lucertole di passaggio. Niente di così particolare se non fosse che tra loro esiste la particolare specie, Trimeresurus insularis, di un color verde brillante particolarmente intenso. Che talvolta, senza alcuna evidente ragione di contesto, viene al mondo di un brillante color giallo paglierino (si tratta di esemplari albini) piuttosto che in diverse tonalità tendenti al blu, il celeste e l’azzurro. Visione fantastica, per non dire trascinante, in grado di coinvolgere i facili entusiasmi della folla digitale, rimbalzando come uno spaghetto da un recesso all’altro della blogosfera e relative pagine dei social network più frequentati. “Serpente. Azzurro. Una meraviglia ed un mistero! Il più ricercato occupante dei terrari!” Benché siano davvero poche le persone, persino all’interno dell’eclettica categoria degli erpetofili, a poter disporre delle competenze veramente necessarie a fare propria una simile gemma potenzialmente pericolosa nonché dolorosissima, ed in certi rari casi, persino letale.
Il serpente blu chiamato occasionalmente vipera isolana dalle labbra bianche, da un tratto in realtà presente soltanto in una certa percentuale di esemplari, rientra quindi nell’ampia famiglia dei crotalini o in lingua inglese pit vipers, così chiamate per i due piccoli buchi (pits) che si trovano tra le narici e gli occhi, in realtà pertugi sensoriali interconnessi a dei particolari organi protetti da una sottile membrana, capaci di percepire lo spettro luminoso dell’infrarosso ed assieme ad esso, concentrazioni di temperatura superiori agli appena 0,2 gradi Celsius. Permettendogli in tal modo di riuscire a giudicare distanza ed esatta posizione di una specifica preda, anche nel buio più totale, un vantaggio straordinariamente significativo nei loro metodi di caccia in uso fin dalla Preistoria. Che gli hanno permesso di raggiungere l’assoluto predominio della catena alimentare, per lo meno all’interno di specifici ed autonomi ambienti isolani…

Il noto erpetofilo statunitense e domatore delle circostanze Viperkeeper mostra il suo notevole esemplare di T. insularis, preoccupandosi di specificare approfonditamente la sua provenienza da un allevamento etico e non la cattura di esemplari selvatici.

Pur essendo diffusa in tutto il Sud-Est asiatico assieme al suo intero genere Trimeresurus, la particolare colorazione blu della vipera in questione trova attestazione principalmente nell’arcipelago sud-orientale delle isole Sunda, situate tra le due grandi masse emerse di Java e Timor Est. E tra queste, in modo particolare tra le spiagge dorate della notevole Komodo, nota soprattutto per il grande rettile che ne porta il nome, l’ingombrante, vorace ed aggressivo varano. Fino a 70 Kg di peso e 3 metri di lunghezza per quella che rappresenta la lucertola più grande della Terra, nonché uno dei rettili più imponenti allo stato attuale dei fatti, giustamente temuto e in grado di tenere ben lontano l’attenzione indesiderata dei turisti. Il che non è bastato ad impedire, nondimeno, la sempre più frequente visita di catturatori variabilmente etici e/o autorizzati, interessati ad introdurre sul mercato questa particolare ed affascinante tipologia di creature in apparenza provenienti direttamente dal regno onirico di un universo parallelo. E perpetuando, in questo modo, l’usuale paradosso per cui qualcosa di creato dall’evoluzione al fine di spaventare e scoraggiare la predazione, apre in realtà la porta ad un diverso tipo di pericolo, quello di essere ammirati, e per questo ricercati dalla pericolosissima specie che domina entro i confini dell’atmosfera terrestre.
Cionondimeno caratterizzato da una popolazione particolarmente numerosa, scevra da alcun tipo di pericolo per la propria sopravvivenza, questa notevole tipologia di vipera ha perciò continuato a muoversi con calma ed esperienza tra le notti oscure dei tropici, facendo un sol boccone delle proprie prede. E risultando in modo niente affatto casuale, la diretta responsabile di oltre il 50% dei morsi annui subiti dalla popolazione in questi luoghi assai pericolosi, spesso a causa d’incontri casuali e per niente vantaggiosi nei confronti di entrambe le parti che ne restano coinvolte. Un’eventualità resa, purtroppo, molto frequente dall’abitudine di queste vipere a spingersi in prossimità e dentro gli insediamenti umani, proprio al fine di cacciare i roditori e gli altri piccoli animali che normalmente prosperano grazie alle ricchezze caloriche che siamo simili gettare nella spazzatura. Una sostanziale perversione di seconda mano, se vogliamo, di quella che potremmo definire come una vera e nobile bestia, meritevole del più alto grado di considerazione. Per quanto concerne la riproduzione d’altra parte queste vipere rientrano nella categoria degli animali ovovivipari, ovvero in grado di custodire le proprie uova all’interno del corpo fino al momento della nascita, permettendo in questo modo ai piccoli di venire al mondo già perfettamente sviluppati ed indipendenti. Capacità nient’altro che primarie, quando si considera la più totale assenza d’istinto materno in simili creature, che una volta completata la mansione del parto risultano esser più che mai incline a strisciarsene quietamente altrove, lasciando i nuovi pargoli alle proprie tribolazioni ed avventurose scorribande alla ricerca di cibo. O forse sarebbe più corretto dire, silenziosi agguati notturni, vista la maniera in cui le vipere crotaline sono solite aspettare pazientemente su di un ramo, il corpo pronto a scattare come una molla dalla forma contratta a forma di “S” che anticipa il loro chiaro intento d’uccisione. Un segnale estremamente riconoscibile, ed utile a suscitare un senso imprescindibile di cautela, a chiunque abbia simili interessi o un tale rischioso compito nel proprio mansionario. Personaggi come il giovane YouTuber Chrisweeet del nostro video di apertura, che accuratamente racconta le proprie soluzioni ad-hoc impiegate per poter tenere in casa (!) simili piccoli draghi del più remoto regno della fantasia, tra cui le piccole scatole usate per isolare e mantenere al sicuro gli esemplari nati da poco tempo, nutriti primariamente con una dieta a base di pinkies, i classici topi mantenuti in frigorifero e scongelati all’occorrenza. Per poi passare agli esemplari vivi una volta raggiunta l’epoca della maturità, eventualità senz’altro capace di sembrare crudele, finché non si giunga a considerare l’orribile alternativa: ovvero il nutrimento forzato del serpente mediante l’uso di tubi o cannucce, potenzialmente pericoloso sia per l’animale che il suo padrone. E qui, naturalmente, sarà anche lecito chiedersi davvero, quale beneficio al cosmo possa derivare dal prelevare una magnifica creatura nel suo ambiente naturale, al fine di trasferirla a migliaia di chilometri di distanza all’interno di un habitat semi-trasparente, per la “sola” soddisfazione di chi aveva voglia di poterla ammirare ogni giorno, diventare una saliente parte del suo stile di vita.

Un altra vipera crotalina delle isole Sunda è la Trimesaurus albolabris (che significa, di nuovo, “labbra bianche” in latino) i cui metodi di caccia e sopravvivenza risultano essere sostanzialmente uguali. Eccola qui alle prese, dunque, con un malcapitato ed imponente geco.

L’addomesticazione dei serpenti d’altra parte, benché biologicamente e neurologicamente una letterale impossibilità de facto, continua a costituire un importante simbolo per l’uomo della strada, al punto da permettere a chiunque sarà in grado di riuscirsi la saliente via d’accesso ad una fama imperitura, oltre alla soddisfazione di aver finalmente aperto la soglia, gettando luce verso alcuni degli animali più notevoli facenti parte dei nostri lunghi trascorsi evolutivi. Ma finché tutto ciò non potrà dirsi ormai compiuto, ed ogni residua scintilla di diffidenza reciproca sopita nelle braci dell’incontro continuativo tra le specie, sarà massimamente opportuno continuare a maneggiare simili creature, quando possibile, mediante l’uso di spesse e resistenti protezioni per le mani.
In fin dei conti, tutto quello che non riesce a ucciderti… Può comunque ferirti. Lasciando profonde cicatrici, ed il ricordo di una sofferenza, che non sempre riescono a esser facili da far soprassedere agli eventi più piacevoli della nostra vita. E nessun momento di presunta comprensione reciproca con l’azzurro rettile, per quanto straordinariamente intenso e memorabile, può dirsi veramente in grado di riuscire a compensare un così doloroso ricordo.

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