L’aereo che ha trovato un iceberg rettangolare nei pressi del Polo Sud

Per chi ne ha osservato le dinamiche sufficientemente a lungo, apparirà evidente che le opinioni del pubblico di Internet funzionano in maniera simile a quella del tendone di un circo: qualcuno pianta un palo più alto al centro, e tutti gli altri tendono verso di esso, avendo cura di restare saldamente puntellati nel proprio specifico angolo di terreno. All’ombra della nuova struttura che risulta da un tale sforzo, quindi, si esibiscono gli artisti. Creativi dell’informazione “social”, nel nostro caso, che fanno il possibile per sottolineare quanto sia raro, e prezioso, l’insignificante scampolo d’informazioni che stanno veicolando attraverso il proprio profilo, nome utente o (Ymir ce ne scampi) pagina di un blog. È successo l’ultima volta, ed è successo in maniera evidente, all’inizio di questa settimana, quando la NASA ha postato su Twitter un singolare ritrovamento della sua lunga missione aerea IceBridge, in corso dal marzo 2009, finalizzata al monitoraggio e l’osservazione dello stato della calotta glaciale antartica terrestre, affinché tutti possano convincersi finalmente che si, si trova attualmente in corso di scioglimento. Mentre il messaggio estratto per questa volta dalla fotografia in questione sembrerebbe essere l’inevitabilmente assai popolare “Una cosa simile non può avere origine NATURALE!” Un palo del tendone verso cui tendono i sempre fondamentali tiranti di: “opera del governo” e “qui c’entrano gli alieni” per non tralasciare mai l’essenziale “non vogliono dirci la verità”. E di certo, bisogna ammettere che l’iceberg in questione, lungo un miglio e recentemente staccatosi dalla piattaforma Larsen C facente parte della Penisola Antartica, ha un aspetto quanto meno singolare, con la sua superficie apparentemente piatta e gli angoli retti che segnano i suoi confini a rilievo sul mare, facendolo sembrare un perfetto rettangolo tracciato su un compito in classe di geometria.
Ma è proprio questo concetto che esistano forme naturali e altre prodotte dagli umani, fin troppo spesso dato per scontato nelle aule di scuola, quando non addirittura incoraggiato, che avrebbe bisogno di essere profondamente rivalutato. Laddove, come avevano scoperto già i primi filosofi naturali del mondo classico, la regolarità è osservabile in natura spesso quanto lo è il suo contrario… Se solo si sa dove guardare. E questa forma chiaramente definibile non fa certamente eccezione; considerate, tanto per cominciare, la scienza sperimentale della cristallografia, finalizzata a visualizzare mediante l’impiego di raggi X il reticolo atomico di un certo tipo di solidi. Esistenze appartenenti al mondo minerale, come il quarzo, per cui la forma minima si è rivelata essere per l’appunto, il tetraedro. E il ghiaccio. Ora io non sto certamente affermando che un iceberg rettangolare sia un caso frequente; ciò vorrebbe dire, semplicemente, spostarsi in direzione opposta alle regole dell’evidenza. Semplicemente la sua formazione è possibile, per non dire probabile, al verificarsi di particolari condizioni di partenza.
Prima di descriverle, tuttavia, non sarebbe più interessante gettare uno sguardo nei confronti del velivolo che si trovava lì, in quel momento, ad effettuare la prima fotografia pubblicata sui giornali di una delle più lunghe e importanti ricerche scientifiche degli ultimi 30 anni? Perché soltanto un stolto, mentre gli viene indicato il trapezio, sceglie di guardare il dito piuttosto che l’acrobata in volo. O nel nostro caso, un aereo di linea Douglas DC-8 equipaggiato con alcuni dei sensori e obiettivi fotografici più avanzati della corrente generazione tecnologica digitale…

Un altro esempio di aereo utilizzato nella missione IceBridge è questo Lockheed P-3 Orion, velivolo militare in cui gli alloggiamenti d’arma sono stati sostituiti con strumentazione scientifica della più alta caratura. – Via

Una volta preso atto di come un aspetto fondamentale degli studi glaciologici condotti dalla NASA sia diventato in epoca recente la realizzazione di un ampio mosaico fotografico dell’Antartide, attraverso l’impiego del sistema denominato DMS (Digital Mapping System) usato dagli scienziati per individuare ed analizzare le casistiche o i problemi di una determinata zona sottoposta ad analisi, è opportuno notare il fatto che in origine, il metodo preferito sia stato di tutt’altra natura. Prima dell’inizio della missione IceBridge, in effetti, il principale metodo impiegato con questa finalità era situato a bordo del satellite ICESat (tipico acronimo a doppio senso americano, il cui significato non sarebbe semplicemente “ghiaccio” bensì Ice, Cloud and land Elevation Satellite) e si trattava dello strumento GLAS (Geoscience Laser Altimeter System) finalizzato alla rilevazione dell’altitudine di un determinato territorio, mediante l’impiego di un sistema di misurazione laser. A intervalli regolari dunque, durante i suoi passaggi molte miglia al di sopra del Polo Sud, l’apparato rilasciava una serie di raggi per ciascun luogo d’interesse, che rimbalzando sul suolo sottostante venivano successivamente raccolti dall’apposito telescopio di rilevamento. Con il risultato di una precisa mappa dei rilievi glaciali esistenti, utilizzabile per tentare di scoprire quanto, effettivamente, siamo vicini ad una delle catastrofi ambientali più incombenti sulla moderna civiltà umana. Se non che alla primissima accensione una volta raggiunta l’orbita il 29 marzo del 2009, fu scoperto che il modulo pompa del diodo di un laser di bordo aveva subito un’imprevista corrosione dovuta all’interazione tra le saldature in indio ed oro, ragione per cui il tempo operativo del satellite sarebbe stato di molto inferiore agli almeno tre anni originariamente previsti. Fu così che già il 30 agosto 2010, con lo strumento GLAS ormai danneggiato e inservibile, l’ICESat venne fatto disintegrare rientrando nell’atmosfera, assieme agli svariati milioni di dollari spesi per collocarlo fin lassù.
A quel punto, la NASA si trovò di fronte a un dilemma: avrebbe forse dovuto vanificare i dati raccolti dal satellite, lasciando priva di continuità la propria ricerca sui ghiacci fino alla messa in orbita, prevista per il 2015, di un essenziale ICESat-2? Oppure tentare di approfondirli, mediante un approccio decisamente meno costoso eppure a suo modo, brutalmente funzionale? Il sentiero scelto fu chiaramente il secondo, provvedendo quanto prima a schierare una flotta composta da una dozzina abbondante di aerei, tra cui piccoli bimotori B-200T King Air e Dassault Falcon 20, fino a veri giganti dei cieli come il DC-8 o il velivolo da trasporto militare Lockheed P-3 Orion. Ciascuno dotato, a seconda della sua capacità di carico, di un misuratore lidar ATM (Airborne Topographic Mapper) facente funzioni dell’avveniristico sistema GLAS, oltre a un’ampia serie di altri strumenti che non sarebbero stati utilizzabili da un’altitudine orbitale. Come il fondamentale gravimetro, nient’altro che un sistema di misurazione, mediante le oscillazioni di una molla estremamente sensibile, della gravità terrestre in un determinato punto geografico, utilizzabile per fare ipotesi sulla composizione sub-glaciale della zona oggetto di studio. O l’antenna MCoRDS (Multichannel Coherent Radar Depth Sounder) capace di sfruttare le onde radio per determinare a che profondità finisca il ghiaccio, lasciando spazio alle gelide acque dell’oceano che lo sostiene, garantendogli un’esistenza vagabonda. Il tutto coadiuvato, come dicevamo, dai più sofisticati obiettivi fotografici, capaci di scattare fotografie come quella del “fenomeno rettangolare” che negli ultimi giorni sembrerebbe aver conquistato il web.

L’impiego di un DC-8 potrebbe sembrare esagerato per una “semplice” ricerca scientifica, ma la realtà è che per il tipo, la quantità e varietà di dati necessari a creare un quadro completo, l’impiego di un’intera flotta di bimotori avrebbe finito per rivelarsi persino più dispendioso.

Per tornare dunque a noi ed al nostro amico galleggiante, è importante notare come prima cosa che l’iceberg non può certamente essere perfetto ed immacolato come la bassa risoluzione, forse intenzionale, ed il campo lungo della foto vorrebbero farci pensare. È altamente probabile, anzi, che esso si presenti ricoperto di numerose fessure e piccoli crepacci, residui del suo distacco dalla Penisola Antartica o per quanto ci è dato di sapere, dallo stesso iceberg assai più grande (chiaramente visibile nel video di apertura) che prende il nome di A-68, una striscia distaccatosi dalla Larsen C a luglio del 2017 di 100×30 miglia, grande all’incirca il doppio dello stato del Lussemburgo. La quale presenta, per l’appunto, un aspetto di superficie altrettanto simile a quello di un rettangolo o per usare un termine tecnico, tabulare. Questo non soltanto per la teoria frattale dell’universo, riconducibile alla pregressa notazione sui cristalli di quarzo, ma per una semplice tendenza delle cose lunghe e sottili a spezzarsi nella maniera più semplice, ovvero una semplice linea retta. Pensate, tanto per fare un esempio, al vetro. Così che il tipico iceberg della fantasia popolare, corrispondente a quello contro cui si scontrò il Titanic, può avere una forma frastagliata soltanto quando si è formato a stretto contatto con altre masse glaciali, o ciò che stiamo vedendo costituisce, in effetti, la parte che in origine si trovava al di sotto della linea di galleggiamento. Influenzata e plasmata dal fondale. Considerate, a tal proposito, come anche l’ultima star surgelata di Internet debba avere una parte sommersa con sviluppo verso le profondità oceaniche, la quale possiamo ragionevolmente presumere, dev’essere tutt’altro che “perfetta” e “rettangolare”.

Il tipo di mosaico fotografico realizzabile da un aereo in volo sopra l’Antartide non è un qualcosa che si riesce a vedere ogni giorno. Almeno sotto questo punto di vista, la missione IceBridge può essere definita un chiaro successo.

Come purtroppo preventivato, il lancio dell’ICESat-2 avrebbe quindi mancato la data prevista nel corso dell’anno 2015, ritardando in maniera sensibile fino al recente 15 settembre 2018. Causando, in conseguenza di questo, un’estensione della missione aerea per ulteriori tre anni. Ragione per cui possiamo presumere che, ad oggi, sia prossima alla conclusione. Quali e quanti dati saranno stati raccolti? Quante terribili profezie di allagamento ci aspettano nel corso delle prossime sette generazioni? Dovremmo investire tutti i nostri risparmi in crema solare e dolciumi, per goderci un’esistenza beata prima dell’apocalisse finale?
Forse è arrivato il momento di piantare un palo ancor più alto, e pesante di quello di qualsiasi circo pregresso, al di sopra del volo di acrobati e prestigiatori. Ponendo l’arduo interrogativo sul PERCHÈ, esattamente, tanto spesso si scelga di mantenerci all’oscuro della realtà.

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