Azienda dimostra il potere della tecnologia sui tubi

Rotenberger

Si guarda intorno, quindi spalanca le sue braccia e declama, con voce stentorea: “Nulla di tutto questo, sopra il primo piano, sarebbe potuto esistere senza la scienza del trasferimento dei fluidi, condotta fino ai nostri giorni fin dall’epoca delle piramidi e dei faraoni”. La tuta color jeans, la maglietta rigorosamente rossa, come vermiglio è anche il caschetto protettivo. Che sarebbe poi l’equivalenza, più pratica e sicura, di un antico tricorno o la corona. Non ha un mantello, certo. Sulla sommità scoperchiata del quarantaquattresimo grattacielo costruito sulla sponda di ponente, le perturbazioni dovute alla variazione della pressione atmosferica l’avrebbero ben presto trasformato in una vela. Dopo tutto l’eroismo, ai nostri tempi rapidi e sfuggenti, non ha più bisogno di particolari simboli di riconoscimento. Laddove un tempo il termine di paragone supremo era un’esistenza post-umana devota al bene collettivo, di fantastiche persone in grado di volare, leggere la mente, far tremare le montagne con un pugno all’indirizzo dei crudeli malfattori, oggi la lotta contro il crimine è passata in secondo piano. E la gioventù in cerca d’occupazione, sommersa di lauree e riconoscimenti d’Alta Accademia (il cui costo ed il valore differiscono quanto i due poli di una calamita) guarda al mondo dei lavori manuali con invidia e desiderio. Lassù, dove campeggia l’allegorica figura di colui che può risolvere i problemi, veri e/o quotidiani, in cambio di un compenso lauto, quanto meritato. L’idraulico, metafora vivente. Come l’elettricista o il muratore. Figure che sempre più spesso vengono “da fuori” perché il cosiddetto primo Mondo, tutto ha voglia di produrre, tranne ciò che è straordinariamente necessario. Eppure ce ne vuole, a dire che si tratti di un mestiere poco interessante!
Guardate, a supporto di una simile disquisizione, il video che l’utente Dave Dangerous ha saputo creare, partendo dal nutrito catalogo di una grande multinazionale tedesca che opera nella produzione di attrezzi specializzati, la Rothenberger di Kelkheim, circa 10 Km a nord di Francoforte. Perché ogni azienda sceglie i propri metodi di comunicazione ritenuti più efficaci: sponsorizzazioni sportive, infotainment, la pubblicazione di una rivista a cadenza mensile o bimestrale… Ma per chi produce in campo tecnico, generalmente, c’è un solo metodo davvero efficace: mostrare al mondo quello che si fa, come funziona, e creare il desiderio sulla base dell’imitazione. E in questo, il dipartimento marketing dell’azienda in questione si è sicuramente dimostrato maestro, con un canale di YouTube, intitolato giustappunto RotenbergerTv, dotato di centinaia di video e con oltre 250.000 visualizzazioni. Principalmente impiegato per dare visibilità agli ultimi prodotti dell’azienda, ma anche con la funzione di una sorta di ufficio stampa, che ha la finalità di far sentire agli clienti, siano questi dei privati o aziende del B2B, la voce stessa di chi ha rifornito i loro furgoni e cassette portatili del pronto intervento. Comparabilmente, il vero e proprio sito ufficiale appare relativamente povero di contenuti, con l’unica risorsa utile dell’impressionante catalogo aziendale da 376 pagine, tuttavia fornito unicamente in PDF e non cliccabile secondo i crismi contemporanei dell’ipertesto. Il che tutto sommato stupisce, trovandoci di fronte ad un’azienda da 1.600 dipendenti e 60 sedi distribuite in quattro continenti (manca come al solito l’Australia) che in fondo dovrà anche una parte del suo fatturato agli acquisti per corrispondenza fatti su portali come Amazon e similari.
Considerazioni che svaniscono, al giro dei secondi, con l’osservazione di quanto siamo qui chiamati ad apprezzare. Mentre l’uomo tecnico avvicina la sua pinza ROMAX 300 al recalcitrante tubo in rame, preme lievemente sull’impugnatura e attende, 1, 2, 3 secondi. Al termine dei quali, l’oggetto è diventato tutt’uno con il gomito di raccordo. Ciò che l’uomo ha unito, la natura non divida. Fin da qui all’eternità…

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Come spostare una barriera lunga quattro chilometri in un’ora

Zipper Truck

Come ogni giorno, mattina e sera, il camion giallo del Golden Gate lascia ancora una volta il suo deposito, per avventurarsi lungo il suo tragitto da un lato all’altro di quello che costituisce, da ormai 83 anni, il singolo ponte più famoso e fotografato del mondo intero. Tanto che la prassi di cui tale veicolo è il protagonista, in atto da circa un anno, non può che essere definita una sostanziale novità. La scena si verifica al termine delle due ore di punta maggiormente temute, ovvero quando gli abitanti della zona residenziale a nord del grande ponte hanno finalmente concluso la loro marcia, con auto, moto e vari tipi di furgoni, verso il centro cittadino, diciamo verso le 9:00/9:30 circa; quindi, ancora una volta di sera, in senso contrario e dopo le 19:00, quando l’ingorgo di ritorno a casa si è finalmente districato e tutti si apprestano al consumo della meritata cena. È una visione insolita, ma niente affatto incomprensibile: dopo il primo attimo di spiazzamento, persino a dei turisti provenienti da fuori come potremmo essere noi, appare totalmente chiaro quello che sta succedendo. Una squadra di circa 6 uomini, egualmente suddivisi nelle due cabine di comando del bizzarro veicolo, sono impegnati a manovrare la più grande chiusura lampo che si sia mai vista. Proprio così. Beh, non esattamente… Tuttavia, se ci fosse della stoffa attaccata agli oggetti della loro attenzione, ed un altro camion due corsie più in là, tale descrizione corrisponderebbe esattamente all’assoluta e chiara verità.
Si tratta di un’esigenza piuttosto gravosa, eppure del tutto inscindibile da questo luogo. Il fatto è che il vecchio e magnifico ponte, la cui costruzione condotta secondo i crismi estetici dell’Art Decò fu portata a termine proprio al culmine della grande depressione americana degli anni ’30, fu costruito pensando al futuro, ma non abbastanza. Ed ebbe un successo superiore alle aspettative; giacché la promettente città di San Fran, rispetto agli altri grandi centri della Costa Occidentale, non sembrava crescere in modo sufficientemente veloce. Eppure nessuno sembrava pensare, in quell’epoca, che sarebbe diventata di lì a un paio di generazioni la 13° per popolazione degli interi Stati Uniti. Con quasi un milione di persone concentrate in 600 Km quadrati, proprio sulla punta nord dell’omonima penisola californiana. Con una densità tale, da raggiungere quella della metropoli di New York! E tutta quella gente, che sarebbe restata unita alla terra ferma da un solo lato, se non per quella sottile striscia di cemento sospesa ai possenti cavi, lanciata coraggiosamente da un lato all’altro di una baia ventosa e soggetta a correnti particolarmente violente, tanto che per molti anni il progetto fu ritenuto “sconsigliabile ed imprudente”. Ma il fatto è che il ponte si fece, eccome. Anzi a chiedere agli odierni pendolari che ne fanno l’impiego più assiduo, ce ne sarebbero voluti anche due. Non credo sia nemmeno lontanamente comparabile al consueto concetto di ingorgo stradale, questa situazione di una vera e propria strettoia geograficamente insuperabile, attraverso cui devono filtrare quotidianamente, come i granelli di una clessidra, tutti gli appartenenti alla working class locale, che nella loro vita non sono stati abbastanza fortunati, o facoltosi, da procurarsi un’abitazione nella vera e propria Città della Nebbia (che non è Avalon, ma…) Sei corsie. Soltanto tre in ciascun senso, ed anche piuttosto strette, al punto che nei momenti di traffico leggero e veloce, il sorpasso diventa un’impresa complicata ed ansiogena per qualsiasi automobilista inesperto. Ora, in simili situazioni sulla terra ferma, generalmente si opta per un ampliamento del tratto stradale, tramite l’aggiunta di qualche costoso metro ai due lati della carreggiata, che si estenda per l’intero tratto oggetto del sistematico congestionamento. E qualcosa di simile, incredibile a dirsi, fu fatto anche nel caso di almeno un ponte, quello di Auckland in Nuova Zelanda, che nel 1965 fu visto arricchirsi delle due celeberrime “Nippon Clip-on”, delle aggiunte posticce alla carreggiata, prodotte e messe in opera dalla compagnia giapponese Ishikawajima-Harima (il buffo nome è un’eredità della diffidenza popolare rimasta dall’epoca dell’allora vivida seconda guerra mondiale). Grandi opere ingegneristiche, che tuttavia comportarono una spesa estremamente considerevole, ed iniziarono ad essere oggetto di continue limitazioni d’utilizzo dopo pochi anni dal completamento, quando si scoprì che un ipotetico, sebbene quasi impossibile ingorgo di grandi camion, avrebbe potuto teoricamente portare ad un cedimento catastrofico della loro struttura.
Mentre qui negli Stati Uniti della vecchia frontiera, fu chiaro da subito, si sarebbe scelto un approccio più semplice e tradizionalista. La definizione di una corsia mediana, o per così dire, “ballerina”, che venisse impiegata a turno dalla maggiore parte della collettività. Ed il problema fu, fin da subito, trovare un metodo per regolamentare la cosa…

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L’incredibile funzionamento dei calcolatori a manovella

Millionaire Machine

L’entusiasmo di uno scienziato è qualcosa di fantastico ed estremamente contagioso. Quest’uomo scarmigliato è Clifford Stoll, astronomo, matematico e imprenditore nel campo della produzione di strumenti per la chimica, che nel 1986 aveva aiutato l’FBI a catturare il famoso hacker Markus Hess, un individuo che si rivelò poi essere un’agente del KGB inviato ad operare negli Stati Uniti. Di questi ultimi tempi, la sua mente con una lunga e variegata carriera alle spalle appare concentrata su una singola questione: i numeri e tutto quello vi ruota, in modo estremamente letterale, attorno. Ragione che l’ha portato, nel contesto di questo significativo e affascinante segmento, a partecipare al popolare canale di YouTube Numberphile, portando all’attenzione delle telecamere quello che appare senz’altro come il suo strumento di calcolo preferito: la Millionaire Machine, prodotta dal 1893 al 1935, nelle fabbriche svizzere di Hans W. Egli, su progetto dell’ingegnere Otto Steiger. Un impressionante giocattolo, all’epoca corrente, perché pressoché inutile, per non dire estremamente poco pratico, di fronte al tripudio di dispositivi, nelle nostre tasche o case, in grado di effettuare un qualsivoglia calcolo con zero sforzi e ancora meno attese. Ma anche una vera e propria meraviglia tecnologica, quale il mondo non aveva visto prima, e che probabilmente non avremo modo di conoscere mai più.
È una questione semplicemente fondamentale, che potrebbe definirsi alla base del concetto stesso della matematica; la suprema scienza, dalle infinite applicazioni, che si trova riconfermata nell’osservazione di ogni aspetto della mente umana e il mondo naturale: ciò che a noi può spesso apparire complesso, innaturale, una tremenda forzatura, è in realtà intessuto nel telaio stesso del nostro universo, presente nel funzionamento logico di ogni singolo fattore. Pensa, per esempio: una comune addizione. Se io prendo un abaco, ed inizio a spostare le sue sfere da una parte all’altra, curandomi di riportare le decine al punto giusto, in realtà non sto facendo altro che mettere in ordine una serie di semplici oggetti, secondo un metodo studiato da generazioni. Eppure, mi sembra di possedere la chiave dell’Alfa e dell’Omega della creazione… Perché naturalmente, è tutto collegato, sulle diverse scale della logica e del tempo. L’unica difficoltà e riuscire a comprenderlo e acquisire gli strumenti delle idee. Una direzione in cui, meravigliosamente spesso, possono condurci guide come i personaggi fino a qui citati, o perché no, le loro opere maestre, invenzioni destinate ad influenzare il corso stesso del pensiero umano. Individui affini al grande filosofo naturale Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 – 1716) che oltre a coltivare una rivalità a distanza con il suo collega Isaac Newton, su chi avesse in effetti rivelato per primo al mondo la realtà dell’analisi matematica, aveva prodotto nel 1694 una favolosa macchina, definita Stepped Reckoner (il calcolatore a gradini) per via del particolare cilindro rotativo che era alla base del suo arcano funzionamento. Ma prima di vederne nei dettagli il funzionamento, osserviamo ancora per un attimo questa sua moderna erede svizzera, che continuò a costituire il non-plus-ultra del suo segmento di mercato, almeno fino all’introduzione delle calcolatrici rotative di Odhner, introdotte in Russia nel 1873. La Millionaire fu la prima versione commercialmente di successo, risalente ad “appena” un secolo e mezzo dopo l’invenzione di Leibniz, di un sistema meccanico per tenere i conti in automatico, per di più lungo 66 cm e pesante poco più di 32 Kg. Qualcosa di incredibile, considerata la sua complessità meccanica. E una stazza che difficilmente avrebbe permesso di definirla portatile a tutti gli effetti, benché la mettesse nel reame degli oggetti che potenzialmente potevano essere trasportati, da una stanza all’altra di un ufficio, la fine di risolvere i problemi di calcolo di più persone o dipartimenti. Un vero laptop ante-litteram, potenzialmente affine ai primi personal computer dotati di una batteria. Benché qui, l’intera energia necessaria al funzionamento, fosse fornita dagli stessi muscoli dell’utilizzatore…

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Il segreto per far muovere le uova decorate

Eggstatic

Pasqua, tempo di rinascita. Per Padri, Figli, Spiriti Santi…Ed anche, all’altro lato dello spettro, mostri senza volto, nome o un’epoca di provenienza. Secondo una credenza degli Hutsul, popolazione indigena dell’Ucraina Occidentale, sotto le montagne dei Carpazi è incatenato un colossale serpente, il cui agitarsi causa frane o terremoti. Ogni anno, con il sopraggiungere della stagione primaverile, esso invia i suoi dodici servitori nel mondo, affinché gli dicano se è giunto il suo momento. Pare infatti, per quanto sia incredibile, che la lungamente temuta liberazione della bestia sia in realtà unicamente connessa alla nostra capacità di mantenere una particolare tradizione. Finché gli esseri umani continueranno a decorare delle uova offerte alla memoria del Salvatore, recita la profezia, quelle scaglie non potranno mai conoscere la libertà. Se invece i messaggeri dovessero trovare nelle città e nei paesi una quantità insufficiente di pysanky (questo il nome della relativa arte nell’idioma locale) questi faranno subito ritorno nell’oscuro labirinto sotterraneo, ghignando con diabolica soddisfazione. Per allentare, come concessogli da un patto molto antico, le catene del loro padrone, che in tutta risposta potrà muoversi di qualche metro in più, causando ulteriori orribili disastri naturali in giro per il mondo. Se poi un giorno, addirittura, non dovesse venire riscontrata l’esistenza di una sola singola pysanka, allora, una calamità suprema ed orribile cadrà sopra di noi! Perché il draco sarà finalmente libero. E allora l’universo intero, conoscerà finalmente la sua grande fame. Sembra una situazione estremamente precaria, a descriverla in questa maniera. Ma non temete: innanzi tutto, perché la decorazione del tipico guscio che produce la gallina, o di altri uccelli più imponenti o nobili, è diffusa in innumerevoli paesi, e per di più comune sia al Cristianesimo d’Occidente che a quello Ortodosso. Per il quale ultimo, incidentalmente, la Pasqua deve ancora arrivare, per il fatto che una semplice espressione come: “La prima domenica dopo la prima luna piena dopo l’equinozio” è in realtà condizionata da fattori di contesto, quali il calendario utilizzato (giuliano, gregoriano) ed il tipo di fase presa come riferimento, che può essere astronomica o ecclesiastica (formale). Per non parlare dei diversi tipi di equinozio, non sempre corrispondenti all’effettivo moto dei pianeti, fissati dalle due culture in date differenti. Quindi, c’è ancora tempo! Pensate che quest’anno, addirittura, l’attesa festività giungerà in tali paesi unicamente per il primo di maggio…
Nel frattempo, il secondo motivo per cui conserviamo la facoltà di farci beffe degli sforzi del diabolico rettile, eternamente condannato nel suo esilio sotterraneo, è di un tipo più contemporaneo e tecnologico. Esiste in effetti, strano a dirsi, un metodo automatico per fare le pysanky. Come una sorta di macchina CNC, o per usare un termine più casalingo, la stampante del nostro PC. Prodotto e messo in commercio da niente meno che la Evil Mad Scientist Laboratories, in collaborazione con l’artista americano di fama Bruce Shapiro, a cui per primo venne l’idea. Il suo nome, neanche a dirlo, è già un programma: EggBot. Per usarlo basta sostanzialmente prendere l’ovetto, e metterlo sopra un apposito bastoncino motorizzato. Quindi inserire la propria programmazione nella macchina, che tramite alcune agili movenze del proprio braccio meccanico, impiegherà la selezione ritenuta appropriata di matite o pennarelli per creare un qualche tipo di magnifico design. Datelo in mano al mondo delle aziende, un simile strumento incomparabile, ed avrete unicamente in cambio un sacro logo stampigliato sulla superficie candida del pegno di sedere di gallina. Fornitelo magari ad un creativo, e quello lo userà per esprimere le proprie idee, per la prima volta, lungo la superficie curva della più semplice e comune meraviglia naturale. Ma che succede se a disporre di un simile apparato, per gli alterni casi del destino, fosse invece la facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Praga? Ce ne saranno, assai probabilmente, da vedere delle belle. Come dimostrato, guarda caso, in questo video più che mai intrigante, nel quale Jiri Zemanek (Prof.? Ric.? PhD?) procuratasi del tempo di utilizzo dell’Eggbot, lo mette al servizio delle sue equazioni preferite, costruite e messe alla prova grazie all’ambiente di programmazione MatLab, attorno al concetto di spirografia applicata al mondo naturale (Fillotassi: l’armonia naturale delle cose viventi). Il risultato è…Ipnotico, a dir poco.

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