L’impresa dei fratelli che introdussero la nuova nave del deserto tra i cammelli siriani

È noto come molti notevoli traguardi possano essere stati raggiunti, tra i contrattempi inevitabili, grazie all’incessante spinta che costituisce un fondamento del sistema capitalista. Generazioni d’imprenditori, ed altre figure coincidenti, hanno costruito immensi monumenti e unito i punti sulla mappa alla ricerca di un processo utile a trasformare lo sforzo in guadagno. Così costituisce uno degli esempi maggiormente rappresentativi, quello dei neozelandesi Norman e Gerald Nalm, che a partire da esattamente un secolo a questa parte, misero le ruote ai primi, per avvicinare i secondi. Come in un montaggio di un film di Indiana Jones, da un lato all’altro della penisola arabica, dapprima come poco più che validi postini, a bordo di auto affidabili soltanto leggermente modificate. Ed in seguito, sul ponte di un autoveicolo degno dell’altra saga cinematografica di Mad Max, immenso, pesante, a sei ruote motrici e sigillato dalla polvere. Carico di uomini, donne ed i loro bagagli, come se non ci fosse niente di più normale che attraversare uno dei tratti di deserto più aridi, inospitali e mal frequentati di tutto il territorio nordorientale. Notevole, senz’altro. Ma anche perfettamente logico, considerate le loro condizioni di partenza ed una giusta dose d’ambizione sociale.
Le radici della singolare e redditizia impresa si trovano dunque al termine della prima guerra mondiale, quando i due soldati in trasferta, che avevano combattuto per conto dell’esercito britannico, decidono all’unisono di non ritornare a casa, cercando piuttosto fortuna in questa terra dagli strani presupposti, popoli ed usanze. Qui essi conobbero, dunque, lo sceicco Mohammad Ibn Bassam, un rinomato contrabbandiere di oro ed altre merci che cercava ormai da tempo un metodo più rapido e sicuro per spostarsi regolarmente tra Beirut e Baghdad: 550 chilometri totali, dove il riposo e l’approvvigionamento costituivano miraggi ancora più traslucidi di un castello magico sospeso tra rocce distanti. Fu allora che i Naln, esperti meccanici e venditori di automobili fin dall’era pre-bellica, si procurarono tre vetture: una Buick, una Oldsmobile ed una Lancia, volendo dimostrare l’impossibile. Quindi si recarono presso la guarnigione inglese, chiedendo finanziamenti in cambio dell’apertura di un servizio postale con l’assistenza di Bassam, che avrebbe fatto da intermediario proteggendoli dalle scorribande di alcuni gruppi di banditi locali. Il che non bastò a convincere i militi di Sua Maestà, ma ottenne presto il beneplacito, ed in seguito il sostegno dei diplomatici francesi in-situ ed il governo iraniano, entità egualmente interessate ad accorciare un tragitto che all’epoca richiedeva settimane di navigazione attorno alla penisola arabica, oppure l’utilizzo dell’ancora insicuro e non del tutto maturo aeroplano. Il viaggio, inizialmente compiuto due o tre volte la settimana, richiedeva inizialmente un periodo di tre giorni, poi accorciati sensibilmente anche grazie alla sostituzione dei veicoli diversificati con una flotta di moderne Cadillac Type 63. Vetture modificate con serbatoi di carburante addizionali, ghiacciaie per le provviste ed un sistema di raffreddamento rivoluzionario per l’epoca, così da limitare i contrattempi tra un punto e l’altro di quel viaggio difficile ma ormai ben conosciuto, compiuti da autisti consumati la cui abilità al volante e nella gestione di situazioni d’emergenza venivano costantemente messe alla prova. La loro leggenda, tuttavia, era soltanto all’inizio…

Giornali e riviste dell’epoca, nonché testimonianze riprese in saggi e romanzi, narrano dunque di questi uomini coraggiosi, fino a 15 individui allo stesso tempo, talvolta armati ma non sempre (per paura che le loro stesse canne da fuoco venissero sottratte dai banditi) provenienti da ogni angolo del mondo, inclusa Europa Occidentale, Stati Uniti ed Australia. Coraggiosi e spregiudicati all’inverosimile, fino al celebre caso del personaggio incline a trasportare alcolici nascosti nell’autoveicolo per allietare il percorso, o l’altro che sfuggì alla morte perché il beduino che tentò di ucciderlo non riusciva a togliere la sicura alla pistola. E per mantenere i quali reperibili, i fratelli Nairn erano a quanto pare soliti fornire residenze a entrambi i lati del deserto, con tanto di ragazze stipendiate per “tenergli compagnia”. Il vero salto di qualità, tuttavia, avvenne nel 1934, dopo oltre una decade di servizio regolare e redditizio, i capi cominciarono a porsi la domanda fondamentale: non sarebbe più facile da utilizzare e difendere, piuttosto che un convoglio di autoveicoli, una singola vettura sovradimensionata con autisti a rotazione all’interno? Eliminando quasi del tutto la necessità di fermarsi. E potendo offrire, al tempo stesso, un confort molto superiore agli occasionali, coraggiosi passeggeri sulla rotta tra la Persia e il Mediterraneo. Il risultato fu l’acquisto di due rimorchiatori statunitensi Marmon-Herrington THD-315-6, destinati ad essere forniti di carrozze a rimorchio dalle caratteristiche totalmente prive di precedenti. Delle vere e proprie astronavi, del tutto impervie alle difficoltà con cui gli impiegati della compagnia erano ormai ampiamente abituati nel compimento del proprio dovere professionale. Essi avevano a bordo, inoltre, una cucina con acqua refrigerata ed un bagno, così da ridurre ulteriormente le soste. Destinati a diventare i mezzi più iconici della Nairn Transport, gli imponenti veicoli misuravano 20 metri di lunghezza e trasportando circa 40 passeggeri divisi tra prima e seconda classe in due livelli sovrapposti, furono chiamati dalla stampa “i più imponenti autobus mai costruiti”. Il tempo necessario a compiere la tratta, a questo punto, fu ridotto a sole 24 ore. Un margine di miglioramento era tuttavia ancora possibile, e nel giro di tre anni i Nairn si procurarono con l’aiuto della Edward G. Budd Company di Philadelphia una versione ancor più personalizzata e funzionale della loro idea di un veicolo perfetto allo scopo. Fu la carrozza “Pullman” del 1937, così chiamata per antonomasia con il celebre produttore di vagoni ferroviari, trainati da motrici create su misura. Dotati di tre soli assi complessivi col rimorchio riducendo così i costi di manutenzione, questi autobus presentavano un singolo livello ed erano più piccoli del super-Marmon, ma potevano per questo raggiungere una velocità considerevolmente superiore. Così che, con punte di 80 Km/h sulla nuda sabbia del deserto, il tempo di percorrenza venne ridotto a sole 18 ore.

Verso l’inizio del secondo conflitto mondiale, il servizio di trasporto Nairn era ormai un’istituzione in Arabia, utilizzato correntemente da chiunque avesse il desiderio o l’intenzione di raggiungere l’altro capo del deserto. Nessun passeggero, dagli albori fino all’epoca coéva, aveva mai subito infortuni o perso la vita nonostante i rischi presenti, soprattutto all’inizio. Uno dei punti forti dell’offerta, costantemente pubblicizzato sul materiale di supporto, era la possibilità di viaggiare con quantità considerevole di bagagli, laddove gli aeroplani erano molto più limitati in tal senso. Fu soltanto con il degenerare della situazione politica ed il conseguente aumento di pericoli inerenti, tuttavia, che gli affari cominciarono a subire una flessione. Inoltre nel 1950 i fratelli Nairn, ormai piuttosto avanti con gli anni, decisero di voler tornare nella natìa Nuova Zelanda. Così vendettero l’azienda ai propri dipendenti, che continuarono a renderla redditizia almeno fino al 1959. Finché scoraggiati dalla concorrenza sempre più ingestibile delle linee aeree, decisero anche loro di ritirarsi, liquidando la compagnia. Si narra d’altro canto che i leggendari autobus avrebbero continuato a percorrere l’antico tragitto per molti anni ancora in via ufficiosa, fino alla costruzione delle odierne strade e ferrovie, in buona parte lungo le virtuali impronte lasciate proprio dai primi viaggi dei due fratelli. Che a tal punto avevano saputo prevedere, in senso logistico, il modo migliore di spostare un’automobile attraverso quelle dune selvagge. Con buona pace dei viaggiatori a dorso di cammello, che a quell’epoca pensavano di averne l’assoluto e incontrastato dominio. Finché la Storia, con la sua consueta mancanza di compassione, si occupò di provare al mondo l’esatto contrario.

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