All’epoca il più giovane sovrano nella storia d’Europa, Michele I accedette al trono all’età di soli 5 anni quando il padre, il principe Carlo II, venne coinvolto in uno scandalo dovuto alla relazione controversa con Magda Lupescu, che lo costrinse ad abdicare. Ed il suo regno sarebbe stato probabilmente lungo e prospero a partire dal 1921, se non fossero intercorsi un paio d’importanti problemi: in primo luogo l’inefficacia del suo consiglio di reggenti, composto da suo zio Nicola e il Patriarca Miron Cristea, che portò il genitore a far ritorno a Bucharest dalla Svizzera per subentrargli per tutto il tempo della decade a partire dal 1930. E poi di nuovo nel 1947, dopo il periodo in cui la dittatura militare che si era sovrascritta alla monarchia rumena (ormai poco più che un simbolo) portò il paese ad allearsi con la Germania nazista, quando la rivoluzione comunista supportata dall’Unione Sovietica avrebbe portato all’abolizione della famiglia reale e la conseguente fuga in esilio dei suoi titolari sopravvissuti. Ciononostante figura tenuta in alta considerazione, in quanto discendente indiretto di uno dei più importanti personaggi della storia nazionale nonché membro della dinastia Hohenzollern-Sigmaringen, Michele I sarebbe in seguito stato accolto di nuovo dal suo popolo dopo la caduta di Nicolae Ceaușescu nel 1989, fino allo storico discorso tenuto il 25 ottobre del 2011 all’età di 90 anni. Sei anni dopo sarebbe infine deceduto, evento a seguito del quale gli venne fatto un funerale con tutti gli onori degni della carica che aveva un tempo ricevuto. Chiunque abbia dunque presenziato alla cerimonia, o l’abbia vista più probabilmente in televisione, ricorderà dunque un interessante manufatto collocato sopra il feretro del ex-monarca, scintillante nonostante l’assenza di materiali o pietre preziose. Una corona, chiaramente, ma di una foggia totalmente insolita ed inusitata: poiché questa fedele riproduzione della sola ed unica Coroana de Oțel, come lascia intendere il suo nome, era stata forgiata interamente da un metallo nominalmente vile. Nient’altro che ferro, laboriosamente lavorato in modo tale da imitare i fregi presenti nei tipici copricapi dei monarchi europei. E caso vuole che la storia di un simile oggetto risulti essere notevolmente interessante, in larga parte poiché rispecchia e permette di comprendere, in molte maniere, la storia della stessa Romania.
Per approfondirne l’origine tutto ciò che occorre fare, dunque, è riportare indietro l’orologio delle decadi fino all’ascesa di colui che la fece creare, scegliendola come l’allegoria dominante del suo concetto di potere e ciò che un signore supremo dovesse rappresentare, idealmente, per i suoi fedeli sudditi e sottoposti…
Carol o Carlo I (alias Karl Eitel Friedrich Zephyrinus Ludwig von Hohenzollern-Sigmaringen) era in effetti stato il prozio di origini tedesche di Michele I ma soprattutto viene ricordato dalla storia come il primo, e di gran lunga il più importante dei tre Re che occuparono il vertice della monarchia costituzionale rumena, un’istituzione creata nel 1881 al fine di legittimare la recente unione della Moldavia e la Valacchia, precedentemente meri stati clienti dell’Impero Ottomano. Nel paese riforgiato regnava ancora all’epoca il Domnitor (Principe) Alexandru Ioan Cuza, assurto al potere nel 1862. Ma nella corrente situazione dell’Europa Orientale, in cui la Romania aspirava a diventare una delle maggiori potenze economiche e militari, apparve chiaro al governo che serviva una figura più forte e prestigiosa, ragion per cui una Romania allineata all’epoca con la Francia, per volere dei suoi più potenti politici ed oligarchi, decise di ascoltare il suggerimento dell’Imperatore Napoleone III, eleggendo al titolo di nuovo sovrano questo giovane cognato di Filippo delle Fiandre, il fratello di Re Leopoldo II del Belgio. Nel 1866 dunque, a seguito di una cerimonia tenuta presso Bucharest in una giornata di pioggia, il tedesco Carol I venne accettato come Domnitor al pari di Cuza, pronunciando il suo giuramento in lingua francese. Uomo politicamente scaltro e con un forte senso del dovere, il dinasta non ci mise molto ad imparare l’idioma locale, consolidando allo stesso tempo il suo potere. Mentre significative terre venivano concesse alla sua famiglia, inclusa quella nella regione di Sinaia dove sarebbe stato edificato a partire dal 1873 il magnifico castello di Peleș, un importante piano dei suoi più ferventi sostenitori politici avrebbe dato i propri frutti nel decennio successivo. E fu così che nel 1877, allo scoppio della guerra tra Russia ed Impero Ottomano, la Romania decise di scendere in campo. Lo stesso Carol I vi avrebbe combattuto personalmente contribuendo alla liberazione della città di Plevna, così come già fatto da ragazzo all’epoca in cui il suo nome era Karl Eitel Friedrich, un semplice ufficiale d’artiglieria della seconda guerra Schleswig tra la Francia e la Prussia. E con le successive vittorie a Smârdan and Vidin, la Romania avrebbe finalmente guadagnato la sua indipendenza grazie al trattato di Santo Stefano, ratificato nel 1878. A questo punto, la sua ascesa sembrava inarrestabile tanto che la costituzione venne pesantemente modificata nel 1881, facendone un effettivo monarca (non più semplice Domnitor) e concedendogli poteri molto maggiori di limitare le scelte del governo e del parlamento. Per simboleggiare tale momento, dunque, venne infine creata a partire da un cannone catturato dai Turchi quella che sarebbe diventato un importante simbolo della sua rinnovata carica, la singolare Coroana de Oțel. Un oggetto, dal punto di vista artigianale, molto più complesso e difficile da realizzare rispetto alle tradizionali corone in metalli preziosi, soprattutto nei dettagli della croce che ne sormontava la sommità. Ma che rappresentava efficacemente, sotto molti punti di vista, la distinta dignità ed il rigido comportamento del suo portatore. Uomo tutto d’un pezzo ed abile riformatore, Carol I avrebbe traghettato la Romania nel XX secolo con una precisione d’intenti senza pari nell’intero contesto dell’Europa Orientale, favorendo l’avanzamento tecnologico e la costruzione d’infrastrutture moderne. Nella vita privata ebbe soltanto una figlia con la moglie tedesca Elisabetta di Wied, morta all’età di tre anni nel 1874 e che comunque non avrebbe potuto ereditare il regno, tramandato soltanto attraverso la linea maschile. Per questa ragione alla sua morte nel 1914, all’età di 75 anni, il secondo figlio di suo Fratello Leopoldo, Ferdinando (padre di Carlo II, nonno di Michele I) avrebbe ricevuto infine la corona di ferro e sarebbe succeduto nel controllo del regno.
Famoso per il senso di rispetto nei confronti dei suoi sudditi come anche esemplificato dal simbolo della corona, un tributo reso agli eroici soldati sacrificatosi nel conflitto russo-turco (o come viene chiamata localmente, la guerra d’indipendenza rumena) Carol commise probabilmente un notevole, significativo errore: la ricerca d’alleati nel gruppo delle cosiddette Potenze Centrali ed il Kaiser all’incombente profilarsi della Grande Guerra, una scelta che fu continuata anche dai suoi immediati successori al potere. E che sarebbe stata portata alle estreme conseguenze dal Conducător o “duce” Ion Antonescu, con l’alleanza fortemente voluta nei confronti della Germania nazista. Che costituì in un certo senso la fine di un’Era, ma anche la continuazione di un tema tutt’altro che ignoto in un paese in cui, a partire dalla costituzione del 1866, veniva negata la cittadinanza a determinate minoranze etniche, tra cui gli Ebrei.
Il che in un certo senso testimonia il modo in cui i sovrani possano essere una forza negativa oltre che positiva, sulla base dei propri limiti personali e il tipo di orientamento filosofico che li caratterizza. Indipendentemente da quale possa essere il peso specifico del metallo che, per una ragione o per l’altra, è giunto a gravare al di sopra delle loro munifiche e preziosissime teste.