Cosa farete quando la cometa diabolica sfiorerà con le sue corna l’orbita del pianeta Terra?

Che l’uomo antico amasse le metafore e la creazione di similitudini eleganti, mentre quello contemporaneo cerca soprattutto di coinvolgere ed intrappolare l’inconscio ad un livello quasi istintivo, è largamente desumibile dai rispettivi criteri utilizzati per denominare le diverse tipologie di corpi celesti. Laddove il primo, pensando alle costellazioni delle stelle fisse, decise d’identificarle con i termini di animali, figure mitologiche o i personaggi del suo canone di leggende. Mentre l’ennesima questione prettamente scientifica, relativa ad un’anomalia di media rilevanza nel comportamento di una cometa di corto periodo relativamente simile a quella di Halley, ha visto accumularsi nel corso degli ultimi mesi termini come diabolica, infernale, apocalittica ed esiziale. “Grande tre volte il monte Everest” o “Più vasta di un’intera città” Con continue menzioni di corna, braccia infuocate, scie minacciose… Nonché notazioni formalmente corrette, vedi quella relativa alle multiple esplosioni verificatosi nel corso dell’ultimo anno. Che vedendo accelerare ulteriormente il bolide denominato 12P/Pons–Brooks fino alla velocità di 65.000 chilometri orari, l’ha vista perfezionare ulteriormente la propria rotta dirigendosi con fare minaccioso all’indirizzo del pianeta Terra. Il che, approcciandosi alla questione da un punto di vista meramente statistico, non basterebbe in alcun modo a incrementare il senso di pericolo che incombe sulle nostre teste. Ma poiché un’aspetto della mente umana che accomuna sia gli antichi che i moderni, da che sussiste l’intenzione pratica di approfondire e studiare il mondo, è una capacità non particolarmente sviluppata d’interpretare istintivamente le probabilità inerenti, sarebbe irrealistico non menzionare come l’intento minatorio implicito sia effettivamente riuscito, almeno in parte, a centrare il punto.
C’è d’altronde più di un mero fattore estetico nel tratto distintivo il quale, di contro, caratterizza e connota questo ricorrente ospite del nostro cielo stellato, probabilmente notato per la prima volta nel quindicesimo secolo da astronomi cinesi ed italiani, per venire in seguito scoperta formalmente solo nel 1812 dal francese Jean-Louis Pons. E poi di nuovo, in modo autonomo, nel 1884 dall’americano William Robert Brooks che costituisce la seconda parte di quel nome scevro di ulteriori connotazioni. Diversamente dall’identificativo mediatico impiegato in epoca corrente, fatto derivare dalla caratteristica in questione, consistente in una doppia coda curvilinea parallela al senso di marcia, la cui forma e orientamento ha favorito l’invenzione ed utilizzo reiterato dell’associazione con il grande maligno. Non che mucche, capre o simili creature erbivore sarebbero state meno calzanti, se ancora a qualcuno fosse parso pratico indirizzare l’associazione poetica verso una proporzione più ottimistica e tranquillizzante. Benché un tentativo, per lo meno, sia stato fatto grazie all’evocazione da parte di un gruppo di scienziati e pubblicisti (difficile capire chi sia stato il primo) di un altro oggetto cosmico dall’iconica forma di un ferro di cavallo: l’astronave cinematografica del Millenium Falcon, istantaneamente riconoscibile per tutti i fan di Star Wars. Il che d’altronde offriva molti pochi appigli, per cominciare ad approcciarsi al tema dell’effettivo funzionamento e ragion d’essere di questa insolita cometa…

Il concetto dell’intersecazione di figura unidimensionali, come le orbite, è sempre necessariamente una mera approssimazione della verità geometrica. Troppo vasto il cosmo perché possa capitare al modo di due linee sopra un foglio. Così come va detto, a maggior ragione, per gli impatti sui pianeti di entità isolate quali i corpi delle comete stesse.

Avviciniamoci perciò al tema dell’esplosione, un fenomeno che in linea di principio riesce a caratterizzare molti di questi partecipanti all’incessante danza delle orbite, molto spesso privi di alcuna predisposizione alla restituzione della luce che ricevono dall’astro del nostro mattino. Ma costituite e in larga parte ricoperte, a causa della loro sussistenza nei recessi più distanti del sistema solare, da materiali volatili inclini a solidificarsi nell’assenza di radiazioni o l’apprezzabile calore di una stella. Risultando, in altri termini, non dissimili da una grande palla di neve o ghiaccio. Almeno finché, durante il viaggio di ritorno al perielio (punto più vicino dell’orbita) la sua scorza esterna comincerà a disgregarsi e diffondersi fino allo stato catarifrangente, venendo a costituire il doppio alone della chioma e della coda, l’uno diffuso tutto attorno al corpo centrale, e l’altro sempre direzionato in senso opposto alla posizione della stella che induce il sussistere di quel meccanismo. Il che significa al tempo stesso che la cometa non può fare a meno di veder cambiare la sua forma e superficie, ogni qual volta si ritrova nel campo d’azione del grande Sole iniziando a espellere quantità di polvere ed acqua a profusione. Ma questo non è ancora tutto. Poiché esiste il caso estremo, come quello della titolare nonché “diabolica” 12P/Pons–Brooks, di veri e propri fenomeni di criovulcanismo ovvero il raggiungimento dello stato critico, e conseguente eruzione a temperature prossime allo zero assoluto, di sostanze come l’ammoniaca o il metano, predisposte a recuperare in specifici ed improvvisi momenti lo stato gassoso. Per cui l’aumento di temperatura vissuto al compiersi dell’ellisse, ancora una volta, le riaccende generando uno o più pennacchi visibili persino da quaggiù, che vanno ad aggiungersi ai normali effetti di luce sopra menzionati, generando forme o fenomeni capaci di coinvolgere ed affascinare gli osservatori, definiti in ambito scientifico con il termine ad ombrello di outbursts. Vedi quelli, a esempio, plurimi e continuativi della cometa 29P/Schwassmann-Wachmann, che circa una volta l’anno e per diverse settimane vede accrescere notevolmente la propria luminosità apparente. O ancora il caso della spettacolare 17P/Holmes, che nell’ottobre del 2007 vide esplodere in una solta volta l’intero potenziale eruttivo di cui era dotata, raggiungendo nel giro di sole 42 ore una magnitudine di 2,8, sufficiente a renderla visibile persino nel cielo inquinato delle città terrestri. Nonché un’estensione della sua corona superiore addirittura al diametro del Sole stesso.
Un evento che non fu, di contro, in alcun modo prevedibile o osservabile per un periodo prolungato nel tempo allo stesso modo delle plurime eruzioni della Pons–Brooks, che hanno visto i suoi pennacchi uncinati e minacciosi ripresentarsi per ben più volte a partire da luglio scorso, ritrovandosi ogni volta a far notizia tra i titoli delle testate, più o meno scientifiche, del grande flusso delle informazioni digitalizzate.

Un esempio di outburst cometario rappresentato grazie alle radiazioni rilevate su una matrice di punti. Simili fenomeni hanno dei fattori scatenanti noti, ma la loro occorrenza risulta essere nella maggior parte dei casi del tutto impossibili da prevedere. Per questo non è infrequente che vengano catturati da astrofili o meri hobbisti dell’osservazione celeste.

L’associazione risultava in molti modi inevitabile, dunque, e come al solito del tutto funzionale all’inevitabile necessità di suscitare ed accentrare l’altrui attenzione. La cometa è diabolica perché diversa e “ci verrà vicina”. Lasciamo perdere il fatto che nel momento della sua massima prossimità, ci saranno comunque molti milioni di chilometri di distanza tra lei è noi, laddove l’unico oggetto dell’intero Sistema Solare a parte il Sole ad aver influenzato l’orbita della cometa, tra l’altro in modo appena percettibile, sia stato l’enorme ed a sua volta lontanissimo pianeta Saturno. Mentre innumerevoli appassionati degli ambiti più diversi inclusi il complottismo e la numerologia hanno già segnato il giugno del 2024, periodo del perielio, come l’inizio di un possibile nuovo capitolo per la storia umana. A causa di varie catastrofi o trasformazioni in essere, catarsi, fini del mondo. Mentre complessi calcoli più o meno influenzati dalla logica, comunque di un tipo alquanto pretestuoso, continuano a condurre inevitabilmente al numero simbolico del 666. Ma ce n’era davvero bisogno, alla fine? Personalmente trovo che l’immagine di una “cometa toro” che si prepara a “caricare la Terra” sarebbe stata almeno altrettanto, o persino più adatta alle circostanze.
E non mi pare che il misticismo catechista dell’apocalisse sia tanto al centro del discorso nella società contemporanea e nel quotidiano dei nostri giorni, giusto? Almeno finché non giunge l’opportunità, troppo buona per sprecarla a loro avviso, d’invocarne la terrificante… Incombenza.

Lascia un commento