Il pozzo che ospita il segreto dei templari portoghesi

L’uomo più ricco del Portogallo, con le spalle coperte da un ampio mantello totalmente bianco come le sue grandi basette e barba, fatta eccezione per la croce dei cavalieri di colore rosso, guardò l’ora usando il suo celebre orologio da taschino Leroy 01: facendo riferimento alla lunga serie di quadranti posti attorno al perno delle lancette principali, annotò mentalmente il giorno, il mese, l’anno incluso il fatto che non era bisestile, la fase della luna, l’equazione del tempo, l’altitudine, la pressione barometrica e diversi altri dettagli astronomici e matematici sull’attimo fatidico che stava per espletarsi. Con sguardo deciso, quindi, rivolse un saluto alle statue degli Dei greci e romani nel suo giardino: Hermes dall’alto caduceo, verga serpeggiante simbolo del suo importante ruolo; Vulcano col pesante martello da fabbro e poi Dioniso, Venere, Pan, Ceres, Fortuna, Orfeo e gli altri… La luce del tramonto che svaniva mentre gli alti e boscosi monti di Sintra, punteggiati dalle ville delle potenti casate locali assieme alle rovine dell’antica fortezza dei Mori allungavano le proprie ombre, in apparenza convergendo sulla sua Quinta, la vasta dimora il cui terreno si trovava caratterizzato dalla forma di un pentacolo, entro cui le regole dell’esoterismo erano diventato norme dell’architettura creata a misura d’uomo. Un individuo, soprattutto, padrone del suo destino e conscio della posizione da lui dedicata all’universo, e che in funzione di questo, avrebbe finalmente assunto degne responsabilità.
Dopo esattamente 139 passi, validi per richiamarsi al sacro numero di 13 (1+3+9) Monteiro dos Milhões (Montero il milionario) giunse alla roccia in apparenza naturale, oltre la quale un pesante macigno era stato fatto rotolare da una parte, in preparazione del rituale di quella fondamentale sera. Oltre la soglia lo aspettavano in sette, uno dei quali attentamente bendato e con in pugno una pesante spada medievale. Al suo arrivo, tutti tacquero, mentre dalla tasca del suo abito, egli estrasse il libro segreto dell’iniziazione: “Domine, Jesu Christe, sancte pater, aeterne Deus…” Esordì, senza nessun tipo di preambolo. Per poi giungere al verso cruciale: “…Domine, te deprecor humiliter et exoro ut illumines me, liberes et conserves fratres Templi…” A questo punto, secondo un copione ben preciso, la benda venne rimossa dal volto del nuovo fratello dell’ordine, che secondo le istruzioni ricevute, senza mai guardarsi indietro, iniziò a discendere le scale ripide del pozzo…
Terra di castelli cavallereschi, vento magico e ninfe dei fiumi, Sintra sulla costa meridionale del Portogallo può vantare oggi numerose attrattive turistiche appartenenti ad epoche distanti. Ma forse la più celebre nel mondo intero resta quella, relativamente moderna, della dimora estiva fatta costruire da António Augusto Carvalho Monteiro (1848 – 1920), magnate dei commerci di caffè e pietre preziose, immigrato in Europa dal Brasile dov’era nato all’epoca dei propri studi universitari. Per investire quindi in tarda età una considerevole parte della sua fortuna al fine d’integrare nella sua tenuta ogni possibile riferimento alla simbologia e principi estetici di quelle società segrete a cui restava, in qualche modo non del tutto chiaro, strettamente legato: Massoneria, Rosenkreuzer e soprattutto coloro che nel XIV secolo, perseguitati in tutta Europa, trovarono rifugio presso il re Dionigi della nuova nazione del Portogallo: i cavalieri creati per proteggere i pellegrini del Tempio di Gerusalemme. Templari il cui significato originario poteva anche essere andato perso attraverso la nebbia delle Ere, ma il cui complesso sistema di usanze continuava ad essere messo in pratica, per quanto possibile. E nei luoghi sufficientemente adatti allo scopo…

Il panorama di Sintra, fiabesco e impossibile da riprodurre, ci ricorda quanto il Portogallo costituisca uno dei luoghi maggiormente sottovalutati d’Europa, tralasciato dai turisti in viaggio verso destinazioni di maggior prestigio. Di ville come questa, tuttavia, non ne restano molte…

Alta dimora di quattro piani costruita in stile neo-gotico manuelino, capace quindi d’integrare le influenze esotiche provenienti dai paesi visitati dalle rinomate esplorazioni ed avventure coloniali del paese sui confini dell’Atlantico, Quinta de Regaleira venne costruita secondo istruzioni ben precise del suo committente ma sfruttando la limpida creatività, nonché precisa competenza tecnica, dell’architetto e scenografo italiano Luigi Manini, già famoso per il suo lavoro alla Scala di Milano e presso il teatro brasiliano di São Luiz. Così che all’inizio del secolo, con le celebrazioni al culmine per l’impresa indiana dell’esploratore Vasco de Gama, egli venne chiamato su queste remote e alte colline, per rinnovare la villa che era stata acquistata, dagli eredi della baronessa da Regaleira, dal suo nuovo mecenate e datore di lavoro. L’idea complessiva risultante fu a quel punto, fin da subito, quella di stupire ed affascinare gli spettatori. Con un’alta torre ottagonale da una parte, ed uno studio disposto nell’ala somigliante in tutto e per tutto un castello medievale, la villa venne circondata da una doppia cinta muraria capace d’offrire un contorno ingegneristico agli elaborati giardini, decorati da sculture, fontane e piante rare. Tralasciando dunque la favolosa mobilia e le collezioni, artistiche, entomologiche e letterarie del magnate, la caratteristica più insolita della magione risultava essere senz’altro il suo elaborato sistema di gallerie sotterranee. Credendo fermamente nell’importanza del mistero orfico e del regno chtonio, Monteiro fece allora costruire la sua cappella personale, distaccata dalla casa principale, secondo il diagramma interreligioso dell’Axis Mundi, che prevedeva una disposizione a tre piani: sopraelevato, terreno e sotterraneo. Da quest’ultimo, dotato di un pavimento a scacchi e un’altare di chiara ispirazione templare, fece partire il lungo e serpeggiante tunnel sotterraneo che portava verso le effettive fondamenta della questione. Ecco dunque, situati nella parte settentrionale del terreno, i due pozzi iniziatici di cui uno meno profondo e “incompleto” mentre l’altro trova il proprio fondo a 27 metri dalla superficie del suolo, presso un pavimento raffigurante il riconoscibile simbolo cruciforme dei cavalieri del Tempio. Raggiungibile mediante la discesa di una scalinata spiraleggiante, simile a quella del pozzo di San Patrizio a Orvieto ma che a differenza di quest’ultimo, non venne mai usata per raggiungere riserve d’acqua da usare nel corso di un assedio. Bensì percorsa, con incedere solenne, dai predestinati ad accedere all’una o l’altra società segreta in qualche modo rilevante, per lo meno durante i dieci anni che sarebbero trascorsi dal completamento della villa fino alla dipartita del suo padrone, che sarebbe sopraggiunta nel 1920 all’età di 72 anni. Il candidato avrebbe quindi percorso un simile tragitto lungo l’estendersi di una vera e propria “torre invertita” per un totale di nove piani, probabile riferimento ai gironi dell’Inferno dantesco, per poi procedere attraverso un vero e proprio dedalo sotterraneo con diversi vicoli ciechi, al termine del quale, finalmente, avrebbe “camminato sull’acqua” appoggiando i piedi su pietre affioranti per riemergere nel mondo sensibile del giardino di superficie. Un’esperienza capace di avviare la propria esperienza futura costellata di nuovi privilegi ed altrettanto gravose responsabilità.

Le grotte: una costante irrinunciabile particolarmente apprezzata da chiunque possa permettersi un vasto complesso simbolo dell’opulenza guadagnata in tanti anni, come preambolo alle oscure tenebre che lo attendono alla fine del suo viaggio tra i viventi.

Mantenuta in alta considerazione come polo esoterico e luogo per la pratica delle cosiddette scienze sovrannaturali, Quinta de Regaleira venne venduta nel 1942 dagli eredi di Carvalho a Waldemar d’Orey, per poi passare in mano alla corporazione giapponese Aoki nel 1987. Finalmente riacquistato a caro prezzo dall’amministrazione cittadina di Sintra nel 1997, la villa venne restaurata ed aperta come attrazione turistica l’anno successivo, aprendo questo vero e proprio viaggio di scoperta alla curiosità degli avidi viaggiatori dei nostri giorni.
Così come, in precedenza, tali e tante meraviglie avevano potuto affascinare i cultori e seguaci di una tradizione mantenuta viva attraverso il corso dei lunghi secoli, oggi letterali milioni di obiettivi fotografici discendono quell’irta scalinata fino al raggiungimento di un diverso grado d’introspezione. Che forse l’aspirante Gran Maestro non avrebbe potuto facilmente giungere a capire visto l’anacronismo tecnologico, ma che in qualche modo, avrebbe catturato la sua fervida immaginazione e il senso di scoperta che, in molte diverse maniere, lo aveva accompagnato attraverso le alternative strade dell’esistenza.

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