Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende, Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra, Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende. Che la triste morte attende, ma non la fine… Così l’Oscuro Signore di Mordor, dall’alto della propria torre, poté scrutare le manovre millenarie delle civiltà della Terra di Mezzo non soltanto grazie al potere del suo Occhio Senza Palpebre ma anche e soprattutto grazie all’assistenza di quei nove sovrani, trasformati dal potere dell’Unico Anello in servitori evanescenti, noti alla storia della Seconda e Terza Era come spettri o Nazgûl. Se d’altra parte volessimo tentare di spostare una simile vicenda all’interno del mondo moderno, nel contesto e le dinamiche del capitalismo, non sarebbe troppo complicato ritrovarne i princìpi fondamentali nelle scelte promozionali compiute attraverso quasi un secolo dalla compagnia dell’Illinois che porta il nome di Oscar Mayer, l’immigrato tedesco “amante delle salsicce” che a partire dagli anni ’30, accettando i termini di un patto, aveva trasformato l’effige del maiale cotto ed insaccato in un qualcosa di capace di spostarsi e trasportare le persone. Per portare in alto, per quanto possibile, i presupposti promozionali della propria antica compagnia, tra i più riconoscibili marchi della città di Chicago. D’altra molti grandi e conosciuti brand raccontano, nella loro storia pregressa, un momento in cui il fondatore girava per il paese o la metropoli di appartenenza come unico rappresentante commerciale, tentando di convincere i rivenditori e il pubblico dei meriti inerenti della propria proposta. Compito poi assunto dai propri sottoposti, ma non prima di essere passato temporaneamente sotto il controllo di amici e parenti. Così fu proprio durante tale fase all’inizio del 1936, che l’eponimo capo d’azienda ebbe un lungo e significativo colloquio col nipote Carl G. Mayer, il quale gli presentò entusiasticamente un nuovo metodo per fare breccia nella fantasia e fiducia delle persone: costruire un’automobile, diversa da qualsiasi altra avesse mai circolato su strada. Si trattava di un approccio, in realtà, piuttosto scaltro, consistente nell’impiego di un telaio fatto in casa dalla forma ben presto destinata a diventare iconica di un panino su ruote, sormontato dal curvaceo wurstel che costituiva il più celebre prodotto della compagnia. Incoronato, naturalmente, dalla “fascia gialla” che costituiva il suo principale segno di riconoscimento, assieme all’esortazione di cercarla assiduamente ogni qualvolta si varcava l’aurea porta del supermercato. Un veicolo funzionale ma poco sicuro, in cui l’autista si trovava situato con la testa sporgente verso l’alto, in maniera analoga a quanto avveniva nelle vetture da corsa di quegli anni lontani. D’altra parte con lo scoppio del secondo conflitto mondiale, proprio quando cominciava ad essere famosa, la vettura andò incontro alla necessità di essere parcheggiata in garage per la mancanza di benzina, e secondo alcuni venne addirittura riciclata come materia prima per le armi utilizzate al fronte. Verso l’inizio degli anni ’50, tuttavia, Oscar e il nipote ricordarono il successo avuto in quella decade distante, decidendo di tentare nuovamente la sublime strada dell’autopromozione veicolare. Così contattando prima l’officina Gerstenslager di Wooster, Ohio, quindi il celebre carrozziere Brooks Stevens del Wisconsin, giunsero per gradi a quell’aspetto riconoscibile che l’ormai leggendaria Wienermobile, in certo senso, possiede tutt’ora…

Costruita sul telaio di una Jeep, con interni spaziosi, questa seconda versione del mezzo venne prodotta in “svariati esemplari” ciascuno dei quali guidato in giro per gli Stati Uniti da un Piccolo Oscar, il personaggio pubblicitario interpretato in genere da persone di statura non particolarmente elevata. Un mestiere per cui particolarmente famoso sarebbe rimasto George Molchan di Gary, Indiana, un laureato alla Columbia University che sarebbe rimasto per i successivi 20 anni senza alcun dubbio il volto più riconoscibile della Oscar Mayer, partecipando a pubblicità, raduni ed eventi. Fino all’approdo, negli anni ’70, come figura di riferimento nel ristorante dell’azienda a Disney World, seguito dal suo pensionamento nel 1987 e conseguente ritiro del personaggio ispirato alla sua persona. Le stesse automobili-salsiccia, d’altra parte, erano state tolte dalla circolazione fin dagli anni ’70 ed ’80, per lasciare spazio a campagne pubblicitarie d’impostazione più contemporanea. Se non che proprio nel 1986, per una fortuita coincidenza e poco prima di concedergli la liquidazione, per un fortuito evento il calendario veicolare avrebbe finito per essere portato indietro all’epoca dei nostri predecessori. Grazie al successo inaspettatamente avuto, in un revival, dall’atteso ritorno di una singola Wienermobile messa su strada temporaneamente, con uno straordinario successo di pubblico ed ampia trattazione da parte di Tv e giornali. Comprendendo di avere per le mani un fulmine in bottiglia pari o superiore al prototipico dirigibile della Michelin, gli eredi professionali di Oscar in persona decisero di riaccendere i prototipici motori, facendo costruire una nuova serie di fantastiche automobili-salsiccia a bordo delle quali cavalcare nuovamente l’onda del successo autostradale. Gli anni successivi, proprio per questo, furono un periodo di ampia diversificazione, con il varo di versioni basate su telai Pontiac, Isuzu e dell’onnipresente pick-up Dodge Ram, costruiti rispettivamente dalla Harry Bentley Bradley di Fresno (CA) e la Craftsmen Industries di St. Charles (MO) e San Antonio (TX). Il significativo approdo alla versione attuale dell’auto-wurstel non sarebbe tuttavia giunto fino al 2004, con il coinvolgimento del carrozziere Prototype Source di Santa Barbara in California, che basandosi di nuovo sulla serie di camionicini Elf della Isuzu avrebbe massimizzato estetica e funzionalità di quel veicolo ormai famoso, nel suo paese, al pari della Batmobile o la DeLorean DMC-12 di Ritorno al Futuro. Per poi passare, nel 2008, alla surreale declinazione nell’attuale flotta che include, oltre alle tradizionali sei Wienermobile full-size, una versione sotto-dimensionata basata su una Mini Minor, un drone volante, un rover telecomandato e uno scooter con tanto di sidecar porta-panini, per portare il dono della carne a coloro che si dovessero trovarsi ad aspettarlo nel corso d’ipotetici eventi.
Mentre d’altra parte nell’effettiva realtà tangibile dei fatti, il grosso del lavoro viene svolto ancora oggi dalle automobili propriamente dette ed omologate a pieno titolo, ciascuna assegnata ad una coppia di giovani universitari per un mandato di un anno, durante cui costoro dovranno girare per il paese attirando l’attenzione della gente e rispondendo a tutte le loro domande. Ma non prima di aver affrontato un severo processo di selezione ed aver fatto un corso di 40 ore, tale da insegnargli non soltanto il linguaggio aziendale ma anche la guida sicura nelle condizioni in cui si trova costretti a circolare in mezzo a schiere ininterrotte di automobilisti potenzialmente distratti dal bisogno di scattare una foto al gigantesco wurstel semovente.

Per il conseguimento di una mission aziendale che il marchio definisce tradizionalmente in gergo giocoso “meat & greet” (incontra e [dai] carne) ma anche l’occasione di portare svago e divertimento ai propri clienti più o meno affezionati, eternamente pronti a cogliere il suggerimento implicito di una vista tanto eccezionale tra i confini normalmente grigi ed utilitaristici delle strade statali statunitensi. Fino all’auspicabile ottenimento della qualifica di vero e proprio riferimento della cultura contemporanea, con apparizioni cinematografiche, televisive e nei cartoon per tutte le età. Come quando il vicino di casa di Homer, l’odiato Flanders, vinse 50.000 dollari alla lotteria e il diritto di guidare personalmente una di queste letterali bestie rare della storia del marketing e della pubblicità gastronomica, con comprensibile e condivisibile frustrazione dell’onesto capofamiglia simpsoniano. Ancor più di quanto sarebbe costata la rinuncia ad un qualsiasi nero e alato destriero, per gli spietati messaggeri di colui che siede sopra la sua torre al centro della terra di Mordor, dove l’Ombra cupa giace.