“Se la vostra civiltà moderna è tanto grande, umano, allora perché la stragrande maggioranza dei veicoli che utilizzate per spostarvi su questo pianeta continua laboriosamente strisciare lungo inefficienti e pericolose strade asfaltate? Abbiamo studiato con interesse, da Alpha Centauri, i vostri film e videogiochi, e sappiamo quanta familiarità abbiate col concetto di un dispositivo di spostamento personale capace di attraversare lo strato superiore delle nubi argentate…” Qui il Grigio fece una pausa, la grossa testa con gli occhi bulbosi voltata, per quanto possibile con l’articolazione limitata del suo collo, verso la finestra panoramica dell’astronave, la città di Sacramento ormai poco più che un ammasso di luci grande come un pugno, che continuava a rapidamente a ridursi nelle dimensioni. Paul Moller, con un’espressione infastidita, guardò ancora una volta l’orologio portato al polso sinistro: “Ve l’ho già detto e ripetuto, sedicenti alieni. Le macchine volanti esistono da 50 anni e sono stato IO a inventarle; se non sono da tutte le parti ciò costituisce una chiara scelta del grande pubblico che, per non un motivo o per l’altro, non le ha volute. Ora abbiamo finito con questo rapimento? Sulla Terra ho un progetto per lo sfruttamento del carburante biologico, da perfezionare.”
Più in salute e fisicamente attivo che mai, il professore ormai in pensione, inventore e imprenditore di origini canadesi ma operativo in California di 84 anni si guardò intorno pensierosamente, apprezzando se non altro lo spazio utilitaristico dell’astronave interstellare. “E comunque, sia chiaro che neanche la vostra tecnologia è perfetta. Scommetto che questo arnese richiede anni ed anni di apprendimento, prima di essere pilotato con accettabile efficienza.” Il punto debole, come lui ben sapeva, della maggior parte delle tecnologie finalizzate al trasporto di esseri dalle proporzioni ragionevolmente antropomorfe: la semplicità di utilizzo. Ciò che aveva, da sempre, impedito all’uomo della strada di possedere un aeromobile a decollo verticale, poiché l’elicottero, in se stesso, costituisce una macchina che tenta costantemente di uccidere il pilota seduto nella sua cabina di comando. Mentre pensava questo, riandò quindi con la mente alla famosa seconda offerta di Henry Ford, che esattamente 10 anni prima della sua nascita, dopo il grande successo conseguito dall’automobile Model T aveva pensato di adattarne l’economica produzione al volo con ala fissa, mostrando all’America il monoplano Ford Flivver, un aereo economico, semplice, alla portata ideale di chiunque. Almeno finché il pilota sperimentale, perdendone il controllo, finì per schiantarsi nell’oceano presso Melbourne, dimostrando a tutti l’effettiva complessità del progetto.
Macchina volante, automobile fluttuante; la risposta al sogno, universalmente impresso nelle nostre menti, di potersi sollevare in cielo la mattina prima di andare al lavoro. Per atterrar soavi, soltanto una manciata di minuti dopo, nello spiazzo di fronte alla scrivania dell’ufficio. Un approccio veicolare che potrebbe, da un punto di vista individuale, migliorare sensibilmente la vita delle persone. E non c’è niente che Paul Moller abbia mancato di fare, nel corso della sua lunga e complessa vita professionale, nel tentativo di dare una forma valida e realmente pervasiva a questo concetto di vecchia data. Incluso reinvestire, con chiaro intento operativo, una cifra stimata attorno ai 100 milioni di dollari attraverso il reiterato trascorrere delle decadi, nel tentativo di veder staccarsi da terra quella che originariamente aveva chiamato Discojet, quindi Volantor ed infine, con un nome commerciale che resiste tutt’ora, M400 Skycar. Un qualcosa di al tempo stesso meno ambizioso, ma dal potenziale largamente più realizzabile, dell’auto del Professore in Ritorno al Futuro o i velivoli impiegati in Bladerunner e il Quinto Elemento. Eppur cionondimeno, largamente frutto di una possibile fantasia futura…
Skycar rappresenta, sotto svariati punti di vista, l’applicazione di una serie di concetti validi a un’applicazione democratica del permesso a decollare, per quanto ciò risulti possibile, a bordo di un dispositivo dal prezzo unitario stimato attorno ai 500.000 dollari. Ben lontano, quindi, dall’innovativo approccio di Henry Ford, benché abbia speso un tempo e risorse comparabili nell’elaborazione di un sistema di funzionamento abbastanza semplice da permettere, idealmente, di mettersi alla guida senza il conseguimento di alcun brevetto di volo. Il tutto a partire dal sistema dei propulsori, otto eliche intubate non dissimili dal concetto di un moderno drone radiocomandato ed in tal senso estremamente avanti nei tempi, soprattutto quando si considera l’originale messa in opera di un prototipo nel 1967. Aeromobile il quale, incidentalmente, aveva un aspetto sensibilmente diverso dal prodotto successivamente diventato celebre, data la caratteristica forma di un disco volante monoposto, con i motori integrati all’interno della propria scocca dalla caratteristica forma circolare. Per poi raggiungere, attraverso varie iterazioni, l’attuale aspetto comparabile a quello di una versione sportiva della macchina del cartone animato “I pronipoti” connotato da un grintoso colore rosso acceso che richiama la più celebre scuderia di Formula 1. Lo stesso apparecchio dimostratosi capace di decollare, per alcuni celebri minuti, durante una dimostrazione nel 2003 restando attaccato con fune di sicurezza ad una gru per “ragioni assicurative” e poi… Basta.
Sembra in effetti incredibile che un’azienda operativa da quasi 5 decadi, capace di precorrere la concorrenza su di un tema altamente auspicato da generazioni, sia sopravvissuta senza mai mostrare nulla di concreto, o almeno teoricamente adattabile alle logiche e i bisogni di un mercato in attesa. Lungi dall’essere un semplice venditore del proverbiale e truffaldino olio di serpente, come potreste erroneamente essere indotti a pensare a questo punto della trattazione, Moller si è saputo quindi dimostrare un valido inventore di soluzioni tecnologiche, a partire dal sistema di propulsione teorizzato per la Skycar, un effettivo miglioramento tecnologico dell’impianto rotativo di Felix Wankel, introdotto a partire dal 1957 ed applicato in una serie di vetture Citroën e Toyota tra le molte altre. Qui alleggerito, potenziato e ribattezzato Rotapower, dimostrandosi capace di sviluppare fino 180 cavalli. Mentre il sistema concepito per ridurre il cacofonico rumore dell’auto volante, oggi noto con il nome di marketing Supertrapp, è riuscito negli anni a trovare un largo successo ed applicazione in campo motoristico, sia per le due che quattro ruote. Decisamente minor successo, nel frattempo, sembrerebbe aver conseguito la sua personale idea di jet-pack, un motore indossabile come uno zaino che avrebbe dovuto spingere sciatori o pattinatori a una considerevole velocità lungo le proprie avventure non-più-sportive. Ma la più grande delusione per la sua azienda è rimasta senza dubbio l’auto volante, il cui reiterato fallimento nel produrre un prototipo effettivamente funzionante avrebbe infine condotto, nel 2003, all’accusa di frode da parte dell’Ente Governativo per i Titoli e gli Scambi (SEC) con il pagamento di una multa di 50.000 dollari, da pagare durante gli accertamenti necessari ad essere quotato in borsa. Il che avrebbe portato alla costituzione di un’associazione di azionisti preoccupati, che oggi avranno ormai da tempo realizzato il chiaro errore tattico nella propria scelta d’investimento.
Gli sviluppi successivi della storia aziendale di Moller, quindi, non avrebbero mostrato le migliori speranze; con il tentativo, fallito, di vendere su eBay ad almeno 3 milioni e mezzo di dollari il prototipo del modello M400 nel 2006, seguìto da una mancata seconda dimostrazione pubblica nel 2011 ed appena due anni dopo, una fallimentare campagna di raccolta fondi online dimostratasi capace di raccogliere appena 30.000 dei 950.000 dollari originariamente richiesti. Un ulteriore danno, se non altro d’immagine, sarebbe stato subìto dal progetto l’estate scorsa, quando uno dei frequenti incendi californiani riuscì a distruggere un magazzino di proprietà dell’azienda, distruggendo due prototipi non meglio definiti della Skycar.
Alla sua età non più giovanissima, quindi, è ragionevole pensare che Moller abbia ormai abbandonato la prospettiva di vedere il suo velivolo VTOL adottato su larga scala da parte della popolazione mondiale nel corso della propria vita. Benché una versione concepita per il salvataggio di persone intrappolate nei grattacieli in fiamme, basata sulla natura inerentemente sicura e stabile della sua piattaforma di volo, abbia occupato una parte considerevole del suo lavoro degli ultimi anni, mentre la maggiore disponibilità dei sistemi ed attuatori informatizzati, grazie alla ricerca parallela ed ormai estremamente diffusa del sedicente “drone di trasporto personale” si sia dimostrata utile a perfezionare ulteriormente le caratteristiche della sua Skycar. Che negli ultimi materiali promozionali, appare dotata anche di un paio di ali pieghevoli, probabilmente finalizzate a incrementare la stabilità operativa. Concetti largamente destinati a rimanere teorici ancora per qualche tempo, di sicuro, a meno che “qualcuno” o “qualcosa” venga a visitarci da lassù, per dare a tutti noi una mano.
Risulta difficile, tuttavia, criticare un qualcuno che tanto alacremente ha lavorato per produrre ciò che tanto a lungo, e per tante valide ragioni, ci ha colpito con un fascino inerente e tristemente privo di realizzazioni. Ma forse il problema dell’auto volante è totalmente irrisolvibile, perché una volta realizzato, comporta centinaia di migliaia di velivoli, guidati da chiunque sopra il fragile panorama dei nostri già problematici agglomerati urbani. E sappiamo tutti come è andata a finire, con i monopattini a motore…