Il prestigio imperituro che deriva dal possesso del fringuello più soave del Belgio

Il sovrapporsi dei cristalli lucidi sotto l’impulso fotonico dei raggi diurni; il congelamento dei tenui rivoli soltanto in parte paralleli, che diventano nel giro di minuti totalmente uniformi; la sottile scurezza rispetto al codice della conformità cromatica, presto curata dall’ossigeno che viene spostato grazie al vento. Si è soliti dire che “osservare la vernice mentre si asciuga” possa costituire un’attività indegna delle agili sinapsi di una mente adulta. Laddove, la realtà c’insegna, è possibile coltivare una passione per qualsiasi cosa. Previa ri-progettazione del sofisticato castello delle aspettative inerenti. E questo è vero per lo sguardo, quando nello spazio auditivo che compete all’incessante acquisizione della conoscenza. Una sublime verità da sempre posseduta, a loro modo, dagli appartenenti alla sublime stirpe dei volatili di questo mondo. E tutti coloro che li amano, non soltanto in modo implicito, bensì attraverso l’intelletto che ogni cosa tende a contestualizzare e se possibile, posizionare nel preciso ordine di una graduatoria complessa. Oh, mercanti delle Fiandre! Che agli albori dell’epoca moderna, tra il XVI e XVII secoli, tornavate presso questi lidi con al seguito preziose spezie, tesori e merci provenienti dal distante Oriente. Cosa mai avrebbe potuto soddisfare, a questo punto, le vostre menti alimentate dal più eclettico catalogo di ricordi ed esperienze? Se non l’elevazione di un qualcosa di mondano, ricorrente nella Vs. quotidianità territoriale, persino fastidioso in certe circostanze… Ad una Vera Arte, completa di sublimazione delle tecniche, con spostamento delle aspettative a nuovi gradi di eccellenza precedentemente inusitati. Nell’allevamento con fini canori del vink o fringuello comune (Fringilla coelebs) un uccello celebre per i propri richiami stagionali, per segnalare adeguatamente i confini del suo regno e richiamare l’attenzione della necessaria e beneamata compagna.
In linea di principio, s’intende. Giacché al giorno d’oggi, nell’intera zona dei Paesi Bassi, chi ode quel trillo inconfondibile che viene trascritto con il susseguirsi dei fonemi susk-e-wiet ha un buon 50% di averlo sperimentato nel contesto di una ricorrenza implementata e resa imprescindibile dall’uomo stesso. Ovvero l’ordinato susseguirsi d’individui chini in avanti, per lo più pensionati ma non solo, seduti su semplici sgabelli o sedie da regista poste in posizione equidistante sulle strade delle rispettive comunità di appartenenza. Dinnanzi a dei contenitori in legno con opache tapparelle apribili, soltanto nella parte frontale e/o sul retro. Da cui ricorre l’emergenza, cadenzata eppure non del tutto regolare, di una musica frutto del cuore, piccolo ma ricco di un profondo sentimento. E ad al concludersi di ciascuna singola strofa di un altoparlante, l’antistante personaggio appone un rigo sulla propria lunga asta lignea di riferimento. È la conta che conduce al ritmo del trionfo. Piuttosto che l’abisso della più totale o insuperabile indifferenza…

Ogni epoca possiede un grande interprete per le discipline che consumano il tempo libero di appassionati di ogni provenienza ed età nel grande cursus della vita individuale. Un supremo tennista, un geniale pilota, l’imbattibile calciatore una volta che si trova nella parte giusta del campo… Ed allo stesso modo, in Belgio viene celebrato il successo inusitato di un campione, sopra ogni altro. Con una sola, trascurabile, differenza: non si tratta quasi mai di una persona, bensì di un piccolo uccello. Questa è dunque l’importanza, a giudicare dalle fonti documentali e valide testimonianze reperibili su Internet, della disciplina/passatempo/tradizione concernente quello che prende il nome di vinkensport o vinkenzetting (let. “sedersi col fringuello”) o ancora più semplicemente e con tenore onomatopeico, la pratica preziosa del suskewiet. Rinnovata con cadenza variabile ma mai superiore a un anno, in eventi pubblici durante cui interi villaggio o paesi devolvono la propria totale attenzione ai ritmi distintivi di quel mondo fuori dai confini e dal tempo. In cui lo scopo, come dicevamo, è proprio quello di contare il numero di volte, piuttosto che l’intensità propriamente detta, dell’uccellino allevato da ciascuno dei diversi partecipanti. Ecco dunque lo scopo del turfstokken, bastone ligneo usato normalmente per misurare la profondità della torba, impugnato come una katana da costoro, sopra cui dovrà essere marcato chiaramente il numero di susk-e-wiet prodotto dai pennuti costretti, dalla rispettiva vicinanza, ad una guerra costante di tipo auditivo con tutta la potenza dei loro piccoli polmoni dalla straordinaria efficienza. Previo spostamento, s’intende, di ciascun umano di un posto alla sua destra, così che sia il vicino assegnato dal caso a conteggiare il numero di trilli, onde evitare un comprensibile quanto problematico conflitto d’interessi. Non che ciò abbia precluso, nei passati frangenti, tentativi di aggirare le regole che potremmo definire come i punti più bassi raggiunti in un ambito apparentemente tanto scevro d’interessi collaterali. Vedi i casi frequentemente citati dell’allevatore che aveva dopato il suo fringuello con gli steroidi. O ancora quello del suo collega che, ancor più semplicemente, l’aveva sostituito con un lettore CD all’interno dell’opaca gabbietta d’ordinanza.
Spiacevoli eccessi nondimeno da porre in subordine, alla tragica abitudine dei secoli passati, durante cui era considerato addirittura accettabile accecare gli uccellini tramite l’impiego di aghi da cucito ardenti. Affinché evitando le distrazioni inevitabili prima dell’invenzione delle gabbie chiuse, essi potessero investire tutte le energie residue nel canto. Inutile affermare come, al giorno d’oggi, tale pratica sia categoricamente vietata, così come la cattura sistematica dei nuovi nati in natura da parte degli addestratori all’inizio della primavera, che tanto aveva nuociuto alla popolazione belga degli amatissimi vinken. Benché ancora nel 1916, il poeta ed attivista per i diritti degli animali Thomas Hardy lamentasse in un componimento la triste condizione del fringuello, mutilato ed imprigionato per portare gloria al suo spietato padrone.

Posizionato all’apice di una singolare quanto intramontabile passione della società contemporanea, così creando un filo ininterrotto con le generazioni che esplorarono ed implementarono le antiche rotte commerciali europee, il vinkensport può essere collocato al centro di una ricca quantità di nozioni e prese di coscienza corrispondenti. Così come lo studio sistematico da parte di giudici e partecipanti delle precise modalità di emissione del susk-e-wiet hanno portato all’individuazione di particolari dialetti nell’eloquio canoro dei fringuelli (“francese”, “olandese”, “vallone”…) ipotesi poi supportata dall’impiego prettamente scientifico dello strumento del sonogramma. Il tutto, al giorno d’oggi, con l’unica finalità di conseguire un premio simbolico, il più delle volte rappresentato da un effimero mazzo di fiori piuttosto, che più problematici trofei o eventuali riconoscimenti in denaro.
Verso una maggiore e (si spera) disinteressata comprensione della natura che ci circonda, accompagnata dall’idea che questa possa risultare utile agli umani in più di un singolo settore. Non tutti sempre, o necessariamente evidenti. Ponendo la parola fine sopra il triste medioevo dell’empatia, commemorato dall’enunciato memorabile di T. Hardy:

[…]
Chi ha senso di carità? Questo uccello.
Chi ha sofferto a lungo ed è gentile,
non porta rancore, anche se cieco
E sepolto vivo?
Chi mantiene la speranza, e sopporta ogni sopruso?
Chi rifiuta pensieri maligni, e canta?
Chi è divino? Questo uccello.

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