Il verme di un millimetro che vola grazie all’elettricità del calabrone

È imprecisa l’idea che il verme nematode, parte del suo phylum ragionevolmente distinto da quello degli anellidi o qualsiasi altra creatura strisciante del pianeta Terra, debba necessariamente costituire un parassita o pericolo per la salute degli umani. Laddove se finissimo per bere uno di questi Caenorhabditis elegans, caduto accidentalmente in un bicchiere, nulla di avverso potrebbe accadere al nostro organismo. E forse finiremmo per assumere, persino, qualche proteina da una delle pochissime creature in grado di sopravvivere al vuoto spaziale. Già, non è malvagio. Anzi potremmo definirlo, addirittura, utile alla presa di coscienza delle implicite caratteristiche del proprio gruppo tassonomico, composto da esseri che di lor conto tendono, in effetti, a causare un sufficiente novero di problematiche pendenti. Ed era proprio nell’intento di condurre l’ennesima serie di rilevamenti su questo importante tema, che nel corso dell’ultimo anno in laboratorio Takuya Chiba dell’Università dello Hokkaido, Etsuko Okumura e colleghi hanno iniziato notare qualcosa di assolutamente poco prevedibile. Ovvero la maniera in cui le larve immature a lungo termine di questa specie, dette dauer, tendevano a non rimanere sul fondo delle colture in agar realizzate per l’osservazione al microscopio elettronico. Ma piuttosto balzavano o venivano attirate, in maniera largamente misteriosa, verso il coperchio di quei piccoli recipienti, cui si attaccavano come un palloncino strofinato alla parrucca di un clown del circo. Eventualità capace di suscitare più di qualche interrogativo e che una volta portata (tanto tardivamente) all’attenzione di un gruppo di fervide menti, portò ad esaminare una dopo l’altro i possibili fattori scatenanti. Fu dunque presto scoperta la maniera in cui i vermetti NON strisciavano fino ad una simile collocazione, comparendo piuttosto in modo pressoché istantaneo a ridosso del soffitto trasparente. Lasciando come spiegazione possibile, in base al principio della “spiegazione improbabile” di Sherlock Holmes, che un qualche tipo di forza invisibile, intangibile ed inarrestabile stesso portando le creature a sollevarsi, qualche volta da sole, altre tutte assieme, costituendo una sottodimensionata analogia al famoso paradosso di una fila d’elefanti dal nostro pianeta fino al principale astro notturno. Lunare, inteso come un’ambiziosa metafora o ausilio all’elucubrazione, tutto ciò d’altronde non sembrò in alcun modo esserlo. Permettendo d’acquisire l’evidente ispirazione che costituisse parte dello stile di vita del nematode al centro dell’inquadratura, e in quanto tale un frutto periferico, così ostinatamente trascurato dalla scienza, della lunga marcia dell’evoluzione…

Il balzo delle larve di nematode è stato registrato dagli studiosi giapponesi mediante l’utilizzo di sofisticata fotocamera CMOS da 20.000 frame al secondo. Ciononostante, la natura quasi microscopica del soggetto ha richiesto una significativa riduzione dei dettagli dell’immagine per ottenere una sequenza il più possibile chiara.

Ne parlò lo stesso Charles Darwin, a suo tempo: la copertura di un habitat più vasto da parte di un organismo costituisce un importante vantaggio funzionale alla sopravvivenza, proprio perché tende a proteggerlo da predatori, malattie, disastri naturali. Ma come può un verme dalle dimensioni quasi insignificanti, fatto per vivere all’interno di pozze d’acqua putride consumando batteri microscopici, avere la capacità di colonizzare lo stagno accanto e quello a seguire, se non volando? Ed è qui le cose cominciano a farsi davvero interessanti. Poiché il team di scienziati giapponesi coinvolti nello studio in oggetto, pubblicato lo scorso 21 giugno sulla rivista Current Biology, ha deciso ben presto di mettere alla prova la propria ipotesi più significativa senza ulteriori e particolari indugi. Quella in base a cui intere colonie di C. elegans potessero spostarsi da un luogo all’altro mediante una tecnica che conosciamo particolarmente bene: salire come clandestini a bordo di un velivolo in partenza verso destinazioni ignote. Nient’altro che un calabrone del genere Bombus, per l’appunto, artropode notoriamente carico di elettricità statica come molti altri insetti impollinatori dei nostri prati. Provvedendo a questo punto a strofinarne un esemplare contro un rametto fiorito di Solidago canadensis, l’erba dai petali gialli nota anche come Verga d’Oro, gli scienziati hanno ritenuto di aver raggiunto il livello di potenziale elettrostatico posseduto in genere da simili animali in natura. E l’hanno avvicinato gradualmente, con un paio di pinzette, alle colture di dauer di C. elegans stavolta rimaste prive di un coperchio. Per notare come le suddette larve, ancora una volta, balzassero con precisione notevole per attaccarsi alla peluria sull’addome dell’insetto. Spostandosi a tale fine in aria alla velocità media di 0.86 metri al secondo, del tutto paragonabile a quella della camminata umana. Per poi sopravvivere così abbarbicati alla creatura ospite fino a un periodo di 30 minuti, un’eternità per esseri che vivono, nella migliore delle ipotesi, non più a lungo di 20 giorni. Dovete considerare a tal proposito la particolare biologia che condivide la stragrande maggioranza dei vermi nematodi, consistente nella crescita a partire da una delle 300 uova prodotte spesso autonomamente da un esemplare di tipo ermafrodita. Almeno che quest’ultimo abbia avuto l’occasione d’incontrare, per un vero colpo di fortuna, la più rara, corta e posteriormente arrotolata versione maschile della sua stessa specie, la cui fecondazione rende il partner capace di produrre una prole di fino a 1.000 piccoli nuotatori. Da cui l’importanza di poter immaginare per quest’ultimo un sistema di spostamento conduttivo a condurlo verso nuovi territori di conquista, favorendo non soltanto la biodiversità ma anche la crescita di popolazioni dei suoi simili in attesa di stringere nuove alleanze. La stessa condizione prolungata di esistenza in forma di dauer, stato del ciclo vitale infertile e incapace di nutrirsi ma abbastanza longevo da superare immobile fino a tre settimane di paziente attesa, si presta in modo particolare a questa tecnica del trasferimento aereo, permettendo al verme di tornare operativo nel momento stesso in cui saprà di aver raggiunto l’ideale “terra” promessa, ove galleggiare e trangugiare i microrganismi che costituiscono la parte principale della sua dieta.

Lo sviluppo embrionale dell’innocuo C. elegans, studiato fin dai primi del Novecento, è considerato un modello particolarmente utile allo studio dei metodi di diffusione di patologie molto pericolose, soprattutto nei paesi del terzo mondo. Non tutti i nematodi, in effetti, muoiono una volta giunti nello stomaco di creature più grandi.

Siamo d’altra parte inclini a giudicarci simili, per nostra stessa predisposizione, agli esseri di tipo predatorio e che possiedono un anelito fondamentale a prevalere, su fattori esterni avversi o condizioni di un ambiente non propriamente ideale. Da qui l’idea che un verme possa scegliere di essere aerotrasportato, verso impossibili destinazioni e grazie all’accidentale transito di calabroni, vespe o falene, giunge giustamente a rappresentare l’inizio di un nuovo capitolo d’introspezione comparativa. In cui sentirsi accusati di assomigliare ad una creatura bilateralmente simmetrica (e radialmente tale nella forma della testa) ma priva della stragrande maggioranza degli organi a noi noti, il cui stomaco è soltanto un tubo pieno di granuli dalla funzione incerta, non dovrebbe più costituire in alcun modo un insulto. Laddove creature di una tale schiatta possiedono l’inusitata e largamente inspiegabile caratteristica di emettere un palese lampo fluorescente al momento della dipartita, spesso autodeterminata per apoptosi delle cellule di cui sono costituiti. Splendenti ancora una volta e alla liberazione della propria stessa anima, nell’escatologia dell’ultima scintilla dell’Esistenza. E chi può dire quali, o quanti angeli dalle ali diafane potranno accoglierli sulla riva del grande fiume?

Vedi lo studio scientifico intitolato “Caenorhabditis elegans transfers across a gap under an electric field as dispersal behavior”

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