L’avvoltoio che disdegna la carcassa per ingoiare le ossa contenute all’interno

Trattandosi in entrambi i casi di rapaci facenti parte dello stesso ordine e famiglia, quella degli accipitridi, la fondamentale distinzione tra avvoltoio ed aquila non fu sempre una questione da dare per scontata. Esempio fondamentale del fraintendimento, la denominazione scientifica risalente al 1758 dell’ossifrage o Gypaetus barbatus, dall’unione letterale delle due parole in lingua greca gups (“avvoltoio”) ed aetos (“aquila”). Un fondamentale fraintendimento derivante dal possesso da parte di questa creatura di un ricco piumaggio sulla testa ed il collo, letteralmente all’opposto dello stereotipico mangiatore di carogne alato. Se è vero d’altra parte come il tratto caratterizzante maggiormente citato per ciascun insieme di creature, che vede gli avvoltoi nutrirsi di creature già passate a un’esistenza ulteriore, mentre le loro controparti beneamate dall’araldica del Medioevo sono cacciatrici di esseri viventi inclini a mantenersi tali, non dovrebbero sussistere dubbi particolari sulla classificazione di questo dinosauro di fino a 125 cm di lunghezza, 2,83 metri di apertura alare. Le cui abitudini gastronomiche, ancor più rispetto a quelle di altri carnivori obbligati della sua categoria, lo portano ad avvicinarsi all’ora di pranzo con un certo, specializzato languorino. Come altrettanto desumibile dalla reputazione di questo abitante di un areale che si estende dalle montagne dell’Europa Occidentale fino a quelle dell’Africa Meridionale e parte dell’Asia, famoso per il suo stile gastronomico insolito e sottilmente inquietante. Che lo vede trarre il proprio nutrimento, in una percentuale variabile tra il 70 ed il 90%, interamente dalle ossa che fagocita con voracità impressionante. Tutte intere o provvedendo prima a farle a pezzi, sbattendole o gettandole da grandi altezze, una tecnica impiegata anche per l’uccisione delle malcapitate ed occasionali prede viventi. Questione nota da un tempo così lungo che già nel quinto secolo a.C. girava voce che il drammaturgo Eschilo fosse morto accidentalmente, per essere stato colpito in testa da una tartaruga lasciata cadere proprio da un gipeto che cacciava negli immediati dintorni. Un’eventualità… Improbabile, ma non del tutto impossibile, quando si considera la forza notevole ed il modo in cui questi opportunisti della caccia non sembrino spaventarsi di fronte a nulla, attaccando anche capre, pecore o vitelli, nel tentativo non senza speranza di riuscire a farli cadere da una rupe riuscendo a trasformarli nella propria fonte di cibo preferita. Un’attività, quest’ultima, che benché rara ne avrebbe segnato un fato poco vantaggioso, vista l’idea non del tutto priva di fondamento che potessero arrivare un giorno a provarci anche con gli umani, particolarmente quelli vulnerabili a causa della giovane o tarda età. Un senso di macabra reverenza che non avrebbe impedito al magnifico predatore, essenzialmente inconfondibile con qualsivoglia altro pennuto, di assumere il ruolo in tutto il Medio Oriente di simbolo della regalità e la buona sorte, in una sorta d’idiosincrasia o fraintendimento dei preconcetti ricevuti in eredità…

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Dieci zampe per saltare, un granchio, e la sua danza contro il mare

Orgogliosa e immobile, saggia e silente, la draconica creatura sugli scogli delle Galapagos osservava intenta l’orizzonte. Scura quanto il concludersi del meriggio, con due occhi come braci e l’irta cresta simile a un pinacosauro, pareva momentaneamente indifferente da ogni aspetto della Terra e quello che la occupa, finché non sobbalzò improvvisamente. Che cosa, esattamente, aveva disturbato la meditazione dell’iguana marina? Uno screzio policromo dorato, l’agile operoso Dio degli spazzini, se soltanto essi volgessero lo sguardo e le venerazioni verso il mare. Sulla lunga costa di quel continente, e le sue isole connesse o annesse, il cui nome s’identifica in America Meridionale. Mentre i granchi, tutto questo, non interessa in alcun modo. Mentre vengono e puliscono dai parassiti, così come spazzano le alghe dalla cima delle rocce scivolose, così come tale stirpe ha fatto fin da immemore generazioni. Buongiorno dunque Grapsus grapsus, o “Sally piè leggero” come tendono a chiamarti dalle tue parti, e buongiorno anche alla voce familiare di David Attenborough. Che con il piglio della consuetudine, commenta ed accompagna l’avventura di un piccolo manipolo d’eroi… Di tutti i giorni. Come definire in altro modo i crostacei al centro della serie di vicissitudini qui dimostrate, sotto l’occhio scrutatore delle telecamere della BBC, mentre compiono la traversata verso i propri pascoli elettivi, costituiti da rocce sporgenti oltre il confine costiero… Effettivamente raggiungibili, o almeno così sembra, unicamente grazie ad una serie di sobbalzi e salvataggi all’ultimo secondo, in confronto a cui persino l’avventura del protagonista idraulico dei videogiochi apparirebbe niente più che una tranquilla passeggiata. Ivi incluso il qui mostrato comportamento di colei che occupa un livello superiore nella catena alimentare, niente meno che l’Echidna catenata o murena dalla distintiva livrea, che neppure il più ambizioso game designer avrebbe mai pensato di ritrarre nel protrarsi di una simile contingenza: mentre salta, come niente fosse, sopra e fuori dall’acqua, strisciando alla maniera di una serpe surreale nella ricerca della sua croccante preda. Incubus da cui salvarsi, dunque, sfidando a propria volta l’ordine costituito e la forza di gravità stessa. Nell’esecuzione di quel gesto che, tra tutti, meno sembra affine a un compatto e variopinto carro armato della natura: proiettarsi dal suolo, via nell’aria e verso l’iperboreo accenno all’indomani…

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La volubile creatività del granchio che voleva stare solo col suo cappello

In un laboratorio giapponese, tra luci fredde e impersonali, sotto lo sguardo attento di scienziati della stessa nazionalità, una spugnetta per i piatti giapponese viene gradualmente sezionata e ritagliata a misura. Le sforbiciate procedono in maniera equa, ponderata e senza un briciolo d’asimmetria evidente. I presenti trattengono il fiato… È questo il momento, a dire il vero, in cui dovrei specificare come l’attuatore principale dell’esperimento non sia neanche lontanamente umano. Bensì appartenente alla genìa del mare che assomiglia vagamente ad un artropode di terra, così perfettamente adattata per la vita sui fondali da non possedere neanche l’ombra di una coda, uropode o telson. Il quarto segno zodiacale dell’oroscopo, se voi credete a queste cose, benché sia oggettivamente difficile trovare una versione della vita più efficiente a sopravvivere nel suo particolare habitat d’appartenenza. Cancro, granchio o Brachyura e così via a seguire, in questo particolare caso appartenente al grande gruppo familiare dei dromiidi o “granchi pelosi della spugna”. Come quelle, per l’appunto, che la scaltra piccola creatura è solita trovare per gli oceani senza tempo, al fine di agguantarla e trasformarla nel suo personale mobile giardinetto. Cosa molto pratica ed indubbiamente funzionale ad uno scopo, come nel caso di moltissimi altri granchi praticanti dell’antica arte della decorazione, sperando ed ottenendo molto spesso di passare inosservati tra il paesaggio marino. Benché in questo caso rilevante il valore aggiunto di quel gesto può essere individuato nella dotazione spesso tossica o comunque scarsamente commestibile di quel tessuto vivente, con cui gli abitanti sono soliti agghindare il proprio ruvido carapace. Stabilendo un qualche tipo di relazione commensale se non proprio mutualmente vantaggiosa, che concede o loro stessi, per quanto possibile, di estendere la propria vita a discapito di eventuali famelici predatori. Da che l’idea di Keita Harada, col suo collega Katsushi Kagaya nel 2019 e presso il laboratorio marino di Seto, di provare a determinare i limiti precisi del comportamento istintivo di un campione di granchi appartenenti alla specie Lauridromia dehaani. E capire fino a che punto possono davvero essere pronti ad accontentarsi, di fronte a possibili opzioni non propriamente ideali. Cui avrebbe fatto seguito l’anno successivo un secondo studio, pubblicato nuovamente sulla rivista bioRxiv, in merito a uno studio matematico delle possibili variazioni comportamentali dei granchi. Già perché sorprendendo pressoché tutti e deludendo praticamente nessuno, la stessa squadra di ricerca avrebbe ben presto scoperto come non soltanto i questi ingegnosi crostacei sembrino poter ricorrere a una vasta pletora di materiali e soluzioni per la creazione della loro magica coperta. Bensì addirittura che ciascun singolo esemplare tenda a preferirne, in maniera almeno apparentemente arbitraria una al posto di tutte le altre. Il che in effetti molto poco corrisponde, al preconcetto di automi a malapena pensanti che siamo soliti attribuire alle comuni tipologie di granchi. Una notevole opportunità, se vogliamo, di stringere ulteriormente l’effimera chela della conoscenza…

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Pungente! Torna dal profondo un granchio dall’aspetto micidiale

Un oceano vario e diversificato, un abisso senza fondo e quasi totalmente privo d’illuminazione. Dove innumerevoli punti di vista virtuali, le finestre semoventi offerte dai ricercatori con le loro videocamere divulgative, mostrano abbaglianti esseri perduti nell’oscurità, creature inusitate dalla forma ed una vita particolarmente difficili da concepire. Qualche volta, inevitabilmente, gente compie l’errore perdonabile di ritornare sui propri passi. Nel vasto e inusitato spazio che è il Web. Così il titolo, fatto rimbalzare a gran voce: “Nuova specie scoperta nel Mar dei Caraibi! Siòri vènghino, a veder la belva tremebonda che somiglia a un mostro alieno da sconfiggere al completamento di un videogioco!” Omesso il nome, proporzioni, luogo esatto e circostanza dell’avvistamento in questione, perché poco conduttivi all’incremento delle interazioni del pubblico e conseguenti opportunità di guadagno (di consensi? Entrate pubblicitarie?). Oltre al “piccolo” dettaglio che l’intera sequenza d’immagini potrebbe o dovrebbe rappresentare nello schema generale delle cose un ritorno nostalgico ai bei tempi andati. In quanto una più attenta datazione avrebbe collocato l’esatta contingenza ad un periodo di otto anni fa, durante una delle spedizioni pregresse di quella che costituisce probabilmente al giorno d’oggi la singola nave da ricerca oceanografica più famosa al mondo. E c’è parecchio da condividere, per l’ennesima, nei commenti empatici del giovane equipaggio dell’EV Nautilus, di fronte al primo contatto con questa creatura qualche centinaio (o migliaio?) di metri sotto la superficie dello stretto di Anegada, un tratto di mare particolarmente burrascoso situato tra le Isole Vergini ed Anguilla famoso per i suoi vulcani sommersi ormai sopiti da tempo, tanto inviso ai marinai dell’era coloniale da esser stato soprannominato “Oh-my-god-a Passage”. Una forma rosea e spigolosa oltre ogni modo, con plurime ramificazioni sovrapposte dislocate alla maniera di un frattale. Ed otto zampe visibili, l’ultimo e quinto paio ben nascosto sotto il carapace che a una più puntuale analisi, si trova rivolto con il dorso in direzione dell’obiettivo del ROV (drone sottomarino) di turno. Dimostrando e dichiarando in fine al mondo di trovarsi nella fattispecie innanzi all’ennesimo risultato di qualche millennio di carcinizzazione, ovvero quel processo di convergenza evolutiva che conduce in modo inesorabile ciascun crostaceo ad assumere attraverso le generazioni la forma di un granchio. Il che non toglie, d’altra parte, l’opportunità di osservare stili e soluzioni particolarmente varie, inclusa la corazza dagli aculei strabilianti di questo animale rivelatosi all’epoca impossibile da catturare con i metodi convenzionali dell’aspiratore di esemplari a controllo remoto, e perciò classificato empiricamente come un probabile rappresentante del genere Neolithodes. Nient’altro che un granchio reale rosso, in altri termini, del tutto affine a quelli catturati in significative quantità da un industria della pesca largamente internazionale, famosa all’opinione pubblica per il tramite del reality televisivo Deadliest Catch. Sebbene neanche i più esperti protagonisti della serie sarebbero stati felici, di trovarsi a dover districare dalle reti una creatura dagli aculei dislocati in una così problematica maniera…

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