L’entità pacifica spostò la posizione della propria coda parzialmente attorcigliata, mentre la quarantatreesima stagione si avvicinava al termine. Una cascata rapida di gocce, dalla terza stalattite avanti a destra (prendendo come riferimento l’imboccatura della Sala Grande) produsse l’increspatura rilevata adesso dai suoi fianchi sensibili, i morbidi polpastrelli delle zampe anteriori. L’entità in quel fugace attimo, risvegliata dal suo sonno di seicentoventisette giorni, usò le letargiche sinapsi per determinare l’elaborazione di una scelta: prima della prossima stagione, si sarebbe Nutrita. Aggrappandosi alla pietra della pozza, assunse dunque la riconoscibile forma del vento, sinuosa e al tempo stesso libera, ma anche determinata. Così fluendo tra gli ostacoli, le branchie esterne simili a piccole pinne agitate nella corrente come quella effettuata situata al termine della lunga coda, voltò l’organo olfattivo all’indirizzo di una traccia lieve. Il chiaro segno dell’immobile presenza sulla riva, di quella che poteva essere soltanto una larva di moscardino della volta oscura e frastagliata, oppure un piccolo di millepiedi cieco di quell’ecosistema nascosto al mondo, nel qual caso difficilmente sarebbe riuscito a ghermirlo. Rapidamente, adesso, il serpentino quadrupede cominciò la sua spedizione di caccia. Tra due, tre o quattro settimane nella peggiore delle ipotesi, le sue fauci si sarebbero serrate sulla forma inconsapevole di quella preda immota.
“Il drago immaturo abita…” scriveva Johann W. von Valvasor nel suo trattato enciclopedico sulla fauna del Ducato di Carniola, “dentro le caverne prossime alla superficie. Simile all’incrocio tra una lucertola ed un verme, esso non possiede l’indole aggressiva degli esemplari adulti, che si nascondono in profondità. Né le loro dimensioni tanto spesso spropositate. Il suo avvistamento può indicare la presenza di una fonte sotterranea a ricorrenza periodica, come quella della grotta di Vrhnika.” Scrivendo nel 1689, un’epoca che aveva visto orma da tempo l’introduzione del metodo scientifico in quella che veniva anticamente detta Filosofia Naturale, il polimata di Lubiana scelse tuttavia di fare riferimento nel suo testo alla sapienza popolare e folkloristica, senza entrare particolarmente nei dettagli di molte delle creature da lui elencate. Quest’ultimo un peccato ancora commesso, almeno in parte, due secoli e mezzo dopo da Charles Darwin in persona, nel tentativo di caratterizzare all’interno del suo testo catartico L’origine delle specie le creature troglobitiche, che prosperavano e si riproducevano esclusivamente in isolate caverne. Da lui definite dei “relitti dell’evoluzione” nella misura in cui erano state rese inefficienti, per l’assenza di competizione predatoria, nello sfruttamento delle risorse ambientali, la capacità di rilevare i pericoli e reagire di conseguenza. Il che potrà anche essere nominalmente vero per taluni abitanti dei recessi ctoni del nostro complesso e stratificato pianeta. Ma non può certamente applicarsi, se non da un punto di vita molto superficiale, per l’unica specie appartenente al genere Proteus, la P. anguinus, più comunemente nota come salamandra di Olm. Un vero e proprio gigante, nonostante gli appena 20-30 cm di lunghezza, per quanto concerne l’ottimizzazione dei lunghissimi giorni…
Come esemplificato dal suo nome latino facente riferimento alla forma dell’anguilla, stiamo qui parlando di un tipo di anfibio dalla forma estremamente allungata dalla testa triangolare fino alla sua coda serpentina, dotata di quattro zampe particolarmente piccole e sottili il cui uso è del tutto secondario rispetto alla capacità di spingersi in avanti sott’acqua mediante oscillazioni del suo pallido corpo. Così come l’utilizzo degli occhi, atrofizzati e ricoperti da uno strato di pelle fino al punto di risultare inutili, già poche settimane dopo che costoro vengono al mondo. Privo di pigmentazione evidente in funzione del modo in cui questi animali trascorrono, in condizioni normali, l’interezza della vita sotto terra, sebbene la loro pelle sia chimicamente in grado di produrre melanina ed esista una variante scoperta nel 1986, endemica esclusivamente della regione di Črnomelj in Slovenia, la cui colorazione è totalmente nera. Un’anomalia non facilmente spiegabile, laddove ogni aspetto del metabolismo, biologia e comportamento della creatura risulta essere di contro perfettamente ottimizzato al fine di conservare l’energia e ottenere il massimo da un’ecozona che potremmo definire altamente limitata e particolare. Principalmente incline a nutrirsi dell’occasionale crostaceo o lumaca che giunge per sua sfortuna dentro il territorio dell’anfibio, non disdegna neppure gli insetti che riesce talvolta a catturare e le loro larve, inclusive di ditteri, tricotteri ed effimere. Incapace di masticare, trangugia in genere la preda tutta intera, dopo averla intrappolata in mezzo ai denti sottili simili alle sbarre di una gabbia infinitesimale. Non che questo avvenga tanto spesso, vista la capacità eccezionale nel mondo animale di nutrirsi anche una volta ogni 5-7 anni, restando per il resto del tempo quasi totalmente immobile sul fondo della pozza, grazie al rallentamento estremo del metabolismo inerente. Capace di riattivarsi in breve tempo, d’altra parte, nel momento in cui qualcosa suscita la sua attenzione, come l’avvicinamento di una femmina e l’inizio, lungamente atteso, delle attività di corteggiamento.
Attestata nel complesso nell’intera regione delle Alpi Dinariche, in quello che veniva anticamente definito il Carso, la salamandra di Olm è presente anche in alcune grotte del Nord Italia, principalmente a Trieste e Vicenza, dove è stata introdotta intenzionalmente. Si tratta di una creatura gregaria che riesce a moltiplicarsi con cadenzata efficienza, risultando ragionevolmente comune nelle grotte in cui è attestata una popolazione degna di nota. Una capacità di proliferare che viene palesata inizialmente dal maschio in amore, il cui fisico subisce dei cambiamenti inclusivi dell’ingrossamento della cloaca, la comparsa di linee evidenti sui lati della coda e la curvatura verso l’alto della pinna posteriore. Il tutto accompagnato da un cambiamento repentino dell’indole che lo porta ad essere aggressivo verso gli altri simili dello stesso sesso, scacciati mediante l’uso di dimostrazioni di forza che non sfociano mai in veri e propri combattimenti. Una volta attirata la possibile partner all’interno di quel regno, egli provvederà rapidamente alla fecondazione, cui farà seguito la deposizione di circa una settantina di uova, deposte sul fondale dove lei provvederà a proteggerle per tutto il tempo necessario. Tra i quattro e i cinque mesi di media, necessari affinché emergano i girini, la cui dimensione raramente supera i 2 cm. La cui metamorfosi necessaria per il raggiungimento dell’età adulta non può definirsi mai realmente completa, come nel caso dell’axolotl americano (Ambystoma mexicanum) dato il mantenimento di uno stile di vita per lo più acquatico e la presenza di branchie esterne che manterrà nel corso della sua intera esistenza. Che la natura vuole essere eccezionalmente lunga, con studi scientifici rivelatosi capaci di dimostrare una longevità notevole di almeno 100 anni in condizioni ideali. Abbastanza per acquisire, grazie allo strumento dell’istinto, per lo meno una qualche forma rudimentale di saggezza dissimile da quella umana.
Particolare anche nel panorama variegato delle forme di vita anfibie, la salamandra di caverna rappresenta parte imprescindibile del patrimonio faunistico dell’Europa meridionale, generata dalle condizioni tipiche di un paesaggio sotterraneo unico al mondo. Dove l’acqua ha lungamente scavato i suoi pertugi, nel corso degli eoni, fino alla creazione di una nicchia in grado di fornire sostentamento a creature dalla biologia complessa. Ragion per cui dovrebbe preoccuparci, in modo particolare, la classificazione della specie P. anguinus come vulnerabile, non tanto per la popolazione relativamente prospera allo stato attuale, bensì i fattori d’inquinamento ambientale facilmente in grado d’invadere le falde acquifere e da qui, l’universo sepolto cui appartengono queste notevoli forme di vita.
I cui mitologici e ancestrali genitori, per quanto ne sappiamo, potrebbero ancor essere in attesa di svegliarsi per tornare un giorno a riveder le stelle. Ed allora di sicuro, nonostante il grado tecnologico che avremo raggiunto, non vorremmo essere noi a dover dire ai draghi serpeggianti tra le altre nubi e fulmini spropositati: “Abbiamo progredito. Ci dispiace per i vostri figli.”