Sorprendentemente ricercati dai collezionisti nel mondo, i rettili dell’Europa occidentale appaiono depositari di un patrimonio genetico ben diverso da quello dei loro cugini, spesso più imponenti e spettacolari, dei paesi di contesti tropicali o appartenenti all’emisfero meridionale. Eppure anche la comune lucertola italiana, presenza comune dei nostri muri e marciapiedi estivi, possiede un fascino capace di appassionare i proprietari di un terrario, coloro che si muovono oltre lo stereotipo di ricercare l’affetto di un gatto e/o cane. Ma se ora vi dicessi che tale creatura costituisce niente più che una semplice miniatura, dell’equivalenza sistematica e sovradimensionata che percorre silenziosamente i prati della zona più ad ovest della nostra penisola, trovandosi sostanzialmente all’apice orientale di un habitat centrato sull’intera penisola Iberica fino all’altitudine di 2.000 metri e le foreste del sud della Francia? Un essere scaglioso in grado di raggiungere quasi il metro di lunghezza, benché i due terzi di questa estensione risultino occupati dall’affusolata coda dell’animale. Con proporzioni idealmente paragonabili a quelle dell’iguana, benché l’indole notevolmente più aggressiva di un inveterato predatore, d’insetti, piccoli mammiferi, pulcini nei loro nidi ed altre inermi creature. C’è in effetti più di un modo per riuscire a sopravvivere dal punto di vista di un quadrupede a sangue freddo. E consumare frutta o vegetali non è propriamente quello scelto dalla Timon lepidus o lucertola ocellata. La cui prima parte del binomio latino, posto in essere nel 1802 dal naturalista francese Daudin, allude al protagonista malinconico del complicato dramma shakespeariano Timone d’Atene, mentre l’aggettivo è uno dei molti modi in tale lingua per dire “bello” o “grazioso”. Laddove ben pochi potrebbero negarne l’appropriatezza, dinnanzi alla notevole livrea di questo rappresentante della famiglia delle Lacertidae, composta da un susseguirsi di piccole scaglie verdi, marrone scuro ed azzurrine, disposte in un’irregolare matrice che finisce per produrre vari cerchi concentrici, i cosiddetti ocelli. Sarebbe stato dunque proprio un singolare studio 2017, pubblicato da Liana Manukyan ed altri scienziati dell’Università di Ginevra, a dimostrare l’effettiva evoluzione di tale disegno nel corso della vita del rettile, capace di mutare per l’effetto dell’ispessimento di settori d’epidermide in maniera simile al concetto matematico di un automa cellulare. In cui una matrice di punti (o in questo caso, esagoni imperfetti) si rinnova ed altera sulla base del comportamento dei propri vicini, fino alla creazione di un disegno in qualche modo prevedibile nel proprio caos apparente. Anche attraverso il periodo relativamente lungo dei 15-17 anni vissuti in media da uno di questi notevoli animali…
Avvistata in modo relativamente raro nella Liguria che costituisce il suo unico luogo di appartenenza entro i confini italiani, la maggior lucertola italiana è nota per la propria indole schiva e l’alto grado di percezione del pericolo, per cui tende a fuggire con largo anticipo ogni qual volta una presenza umana dovesse avvicinarsi a meno di una decina di metri. Con la possibile eccezione del gruppo che abita le distese di un non meglio specificato campo da golf in provincia di Savona, precedentemente sottoposta ad approfondito monitoraggio da parte dell’Università di Genova. Questo perché il piccolo drago mimetico costituisce una sostanziale anomalia ecologica, soprattutto nelle zone aperte in territorio italiano e lontane dai contesti urbani, dove può facilmente cadere preda di uccelli rapaci, cicogne, gabbiani, manguste, varie tipologie di vipere ed altri grossi serpenti. Il che giustifica, almeno in parte, la sua preferenza in condizioni normali per zone abitate dai conigli, le cui tane tende ad impiegare come rifugio assieme a simili pertugi scavati in vari punti del territorio. Quando frequentemente, a tal proposito, possiamo affermare che sussistano condizioni simili in Europa Occidentale, forse la zona nel mondo dove un minor spazio è stato conservato ad uso esclusivo della persistente natura? Nella risposta implicita a tale domanda, è contenuto palesemente il nesso del problema, che vede questa creatura inconfondibile, dalla popolazione ancora superiore a 50 esemplari per ettaro nei punti di più elevata densità in Spagna, oggi priva di legislazione specifica per la sua protezione, pur essendo classificata come a rischio dall’ente internazionale dello IUCN in forza del trend negativo rilevato nel susseguirsi generazionale dei nuovi nati. La cui tutela rientra unicamente, ed in modo quasi collaterale, in una norma sulle “specie minori” dell’arco ligure, il che basta fortunatamente a renderne la vendita categoricamente vietata. Principalmente diurna come la maggior parte delle creature a sangue freddo, la Timon va in letargo nei mesi invernali per conservare l’energia, fino alla stagione riproduttiva primaverile, quando i maschi fuoriusciti dalle tane, riconoscibili per la testa più grossa e tozza, sviluppano un’impressionante indole aggressiva che li porta a difendere ostinatamente il territorio. Fino all’individuazione di una compagna che provvederanno a intrappolare costringendola all’accoppiamento, da cui deriva la deposizione di una quantità variabile tra 5 e 20 uova. I nuovi nati, già del tutto indipendenti, ne scaturiranno infine all’apice dell’estate, iniziando un processo di crescita ragionevolmente rapido grazie al consumo autogestito di scarabei, ragni ed altre presenze zampettanti del pacifico sottobosco.
Soltanto informalmente paragonabile all’iguana, come avrete già lungamente compreso, la lucertola ocellata colpisce l’immaginazione grazie alle dimensioni imponenti, la colorazione iconica ed il suo comportamento timoroso ma occasionalmente assertivo. Difficile trovare in effetti, nel contesto italiano e non solo, una creatura paragonabile senza spingersi ben più lontano dal cuore pulsante d’Europa, una porzione di continente dove i pochi animali superstiti vengono tutelati e posti sopra un piedistallo, in maniera analoga agli sparuti residui d’epoche o civiltà lungamente perdute nei luoghi colonizzati in epoca ben più recente.
Persino gli ipotetici cultori della natura presso i vasti Stati Uniti, le terre selvagge d’Africa, del meridione asiatico o la biodiversa Australia, tuttavia, faticherebbero a individuare l’equivalenza pratica di una creatura così distinta. Il cui disegno, utile a mimetizzarsi, sembra alludere ad un senso superiore d’appartenenza: per la digitalizzazione dei modelli, in base a leggi che perpetrano le differenze eminenti. Almeno fino al mutamento reiterato, ancora ed ancora, attraverso il susseguirsi delle schiere viventi.