Una prospettiva storica sul nuovo trionfatore tredicenne al gioco del Tetris

Il carattere di un anno viene spesso definito dall’estendersi di eventi significativi, in grado di dare un carattere all’estendersi della costante concatenazione di eventi. Il che può essere talvolta soggettivo, sulla base delle cose ed argomenti che ciascuno è incline a considerare, per i suoi trascorsi, gli interessi e le inclinazioni personali, davvero importante. Soltanto non può essere capitato tanto spesso, persino all’interno di ambienti estremamente specifici o settori di nicchia, che un fondamentale cambiamento di paradigma possa verificarsi tre giorni dopo l’ingresso in un nuovo ciclo solare, per il fondamentale contributo di qualcuno che, allo stato attuale dei fatti, ne ha vissuti già soltanto poco più di una decina. Così giusto ieri, il 4 di gennaio hanno squillato i corni degli araldi digitali: il player possibilmente avviato a una brillante carriera professionale, Blue Scuti (al secolo Willis Gibson) aveva “vinto” a Tetris, ottenendo un risultato che non soltanto era stato ricercato dalla comunità di coloro che avevano dedicato una parte significativa della propria esistenza al gioco, ma esulava addirittura di gran lunga dai margini originariamente previsti nel 1985 dal creatore Alexey Pajitnov ed i programmatori della versione usata in ambito competitivo di quel videogame, quella uscita 4 anni dopo per l’ultra popolare sistema NES di Nintendo. Il che potrebbe anche significare, contrariamente alle aspettative che derivano dalle premesse, qualcosa di totalmente contrario alle comuni aspettative. In quanto determinato, nell’effettiva realtà dei fatti, da una singola stringa difettosa nel codice sorgente di questo passatempo che, in una maniera o nell’altra, potrebbe aver influenzato l’intera storia del media digitale interattivo. Già perché “vincere” o “battere” Tetris significa, essenzialmente, mandarlo in tilt. Comprometterne il fondamentale funzionamento, causando un blocco irrecuperabile che necessita il riavvio del sistema! Qualcosa di assolutamente contrario al principio stesso del gaming competitivo in epoca moderna, basato su margini precisi imposti all’effettiva abilità dei partecipanti. Eppure paradossalmente, in qualità di limitazione pseudo-fisica inerente, molto più estrema di quanto alcun progettista avrebbe mai potuto esplicitamente integrare nelle proprie soluzioni procedurali. Il che trova riscontro d’altra parte in un ampio ventaglio degli originali giochi arcade degli anni ’70 ed ’80, concepiti per funzionare a gettoni all’interno d’istituzioni come bar, pub o sale d’intrattenimento e antecedenti al concetto stesso di una schermata finale. I quali avrebbero semplicemente garantito la conclusione della partita, e conseguente inserimento del token successivo, tramite l’aumento esponenziale della velocità dei propri singoli componenti, fino all’oggettiva impossibilità di sopravvivenza. Un momento calcolabile in maniera matematica nel caso di Tetris per il Nintendo, come il livello 29, a causa dei limiti artificialmente imposti nello spostamento e rotazione dei pezzi durante la loro ultra-rapida discesa gravitazionale, e conseguente accumulo senza la possibilità di farli scomparire in assenza del corretto accatastamento. Una barriera presumibilmente invalicabile che il mondo avrebbe visto invece superare già nel remoto 2011, quando l’infinita sveltezza delle mani dell’allora trentaquattrenne Thor Aackerlund (e la mente che riusciva a guidarle) trovò finalmente un modo per spingersi oltre…

La storia pregressa del superamento e perfezionamento del limite ultimo nel gioco del Tetris per Nintendo è per certi versi affine a quella di un record olimpico, con tutto il corollario della superiore preparazione fisica e mentale dei concorrenti, ma anche la nuova scoperta di tecniche capaci di cambiare il paradigma operativo alla base dell’intera faccenda. Pesante ad esempio al cosiddetto stile Fosbury, utilizzato famosamente nel 1968 dall’atleta statunitense omonimo del salto in lungo ai giochi internazionali di Città del Messico, per avvicinarsi diagonalmente e saltare di schiena l’asticella, superando drasticamente le prestazioni raggiungibili mediante l’approccio tradizionale frontale basato sullo scavalcamento con le gambe in avanti. Perché di momenti simili, nella storia del Tetris competitivo, ce ne sono stati almeno due. Il primo potenzialmente raggiunto in parallelo da diversi players, tra cui lo stesso Aackerlund nel suo storico raggiungimento del livello 30, consistente nell’adozione del sistema del cosiddetto hypertapping. Dal verbo inglese to tap (premere il pulsante) in questo caso a una velocità pazzesca grazie ad un vibrazione autoindotta di entrambi i pollici, così da superare la velocità di rotazione e spostamento naturale dei pezzi del Tetris per NES, che i programmatori sotto la direzione creativa del designer Gunpei Yokoi avevano impostato originariamente a un massimo di sei pressioni per fotogramma. Approccio fisicamente estenuante e che in effetti assai difficilmente avrebbe potuto estendersi per un tempo superiore a quello necessario per raggiungere i livelli tra 30 e 40, nel susseguirsi di record vicendevolmente superati tra il 2018 e il 2020 da figure come Joseph Saelee ed EricICX. Ciò almeno finché nel mese di novembre di quell’anno entrambi non furono battuti da un nuovo arrivato, nome in codice Cheez (Christopher Martinez) armato di un nuovo sistema per violare i limiti considerati invalicabili del più bel gioco del mondo (digitale). Egli aveva, infatti, preso l’ispirazione dalle metodologie impiegate da Hector Fly, celebre detentore di record da sala nella categoria dei giochi in stile Track & Field, un tipo di semplice simulazione di discipline dell’atletica basata, per l’appunto, sulla pressione ripetuta ultra-rapida dei pulsanti. In un approccio consistente, nel suo caso, in uno specifico movimento tamburellante, in cui multiple dita colpivano ciascun bersaglio una di seguita all’altra, moltiplicando conseguentemente la rapidità degli input inseriti dal giocatore. Ma un joypad per Nintendo è semplicemente troppo piccolo e compatto per fare qualcosa di simile, il che avrebbe costituito il fondamento della sua idea: non più tamburellare direttamente la superficie frontale, bensì il retro stesso del dispositivo di comando, mentre le dita si spostavano ad arte sui pulsanti necessari per condurre i tetramini a destinazione. Un movimento denominato rolling e concettualmente non distante, in effetti, a quello di un suonatore di chitarra, che mantenendo le corde in moto con una mano ne modula le tonalità attraverso le posizioni dell’altra. Il che apriva effettivamente un letterale baratro di possibilità ulteriori, perché a causa dei limiti previsti dal team di Yokoi nel 1989, Tetris smette effettivamente di diventare più veloce a partire dal livello 29, tendendo ad essere considerato essenzialmente dal grande pubblico come una prova di resistenza. Almeno finché nell’aprile del 2022 EricICX, utilizzando al massimo le potenzialità sbloccate dalla tecnica del rolling, non raggiunse in una partita di torneo il livello 146…

Dovete a tal proposito considerare come una versione tanto antica del Tetris risulti inerentemente condizionata dalla poca memoria digitale e capacità di calcolo dei sistemi ad 8 bit. Limitazioni che imponevano, dopo la prima serie di livelli “ufficiali” una ripetizione sequenziale dei colori dei pezzi ad ogni completamento di una serie di linee, pari ad appena 19 combinazioni possibili. Questo almeno finché al raggiungimento da parte di giocatori moderni del livello 138, la progressione cromatica iniziava ad incontrare un malfunzionamento, tirando fuori colori dei pezzi a caso dalla palette facente parte del codice di gioco. Fino ai due temuti livelli 146 e e 148, ben presto destinati ad essere gergalmente definiti dusk (tramonto) e charcoal (carbone) a causa della scurezza dei pezzi, tale da renderne ancor più difficoltoso il posizionamento. Ma il punto cruciale doveva, in effetti, ancora essere raggiunto. Lo studio del codice di gioco ed i pregressi esperimenti compiuti grazie al controllo dei pezzi da parte dell’intelligenza artificiale Stackrabbit di Greg Cannon avevano infatti dimostrato come Tetris per Nintendo avesse effettivamente quello che viene chiamato nel settore un killscreen, ovvero il punto in cui il gioco si blocca impedendo essenzialmente di andare avanti. Un “finale” se vogliamo, in base ai crismi non-previsti degli originali giochi in stile arcade. O per meglio dire, diversi, effettivamente raggiungibili a partire dal livello 155 in base ai specifiche quanto casuali combinazioni o numero delle linee completate, nonché l’effettivo punteggio del giocatore. All’improvviso, dunque, c’era un traguardo chiaro e ciascuno dei maggiori giocatori storici del Tetris cominciarono immediatamente ad inseguirlo. Tra cui il grande favorito Fractal, vincitore dei campionati del mondo del 2023 che giusto lo scorso giovedì stava tentando, per l’ennesima volta, d’indurre il glich conclusivo in diretta online, quando i suoi spettatori in chat gli hanno segnalato il tentativo in parallelo del giovanissimo newcomer Blue Scuti, già diventato celebre nel momento in cui gli era riuscito di raggiungere le semifinali del suo stesso evento.
Ecco dunque l’appropriato contesto, ovvero il momento topico e l’attimo fuggente in cui, per la prima volta, Tetris è stato “battuto” dall’ingegno e l’infinita rapidità di un appartenente alla specie homo sapiens. Non sarà certamente l’Ultimo. Fermo restando come, nella maniera già sperimentata oltre una decade a questa parte dall’hyper-tapper Thor Aackerlund, la fama imperitura resterà per sempre legata al nome di colui che è stato il Primo. Willis Gibson che apre effettivamente un nuovo sentiero, piuttosto che portarlo ad oggettivo compimento. Poiché cosa succederebbe effettivamente se, a partire dal livello 155, il giocatore di Tetris tentasse effettivamente di schivare ogni condizione di blocco o possibile killscreen, perseguendo l’ultimo livello possibile in Tetris, il 255 con i pezzi del colore di un (casualmente) terrificante rosso vermiglio? Forse un blocco assoluto e ineluttabile. O magari una letterale rinascita, ricominciando come nulla fosse a partire da livello zero. L’ultima e migliore prospettiva possibile, di fronte all’immensità prototipica del progetto! L’Eldorado sensoriale e matematico delle future/trascorse generazioni. L’apoteosi della matematica digitalizzata. Ovvero 誠 – makoto: Verità. Finale.

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