Rosso, solido, di plastica, con una riconoscibile struttura angolare. Dotato dell’aspetto pratico di uno strumento conveniente nel quotidiano, come una graffetta, una puntina, una vite per l’intonaco dei muri. Che un individuo in tuta da lavoro pone sul sentiero dell’incombente, imprescindibile devastazione. Andando incontro ad un palese margine di miglioramento.
“L’acqua non può essere fermata” L’avevate mai sentito dire? È uno degli assiomi più frequentemente ripetuti negli ambienti della protezione civile, come presa di coscienza di una delle caratteristiche basilari del secondo elemento più abbondante del pianeta Terra, sempre e in ogni circostanza incline ad essere animato dal potente desiderio di procedere verso il basso. Per cui la sua unica sconfitta a lungo termine può essere individuata nel processo naturale di evaporazione, che richiede spazi idonei per l’accumulo, ed un tempo abbastanza lungo perché il l’astro diurno compia il suo miracolo quotidiano. Ma che dire in tutte quelle situazioni d’incombente disordine o naufragio metaforico, dovute all’occorrenza di una pioggia significativa, possibilmente accompagnata dalla tracimazione dei corsi o bacini idrici pre-esistenti? Quando la propagazione dei torrenti si trasforma, in un risvolto totalmente prevedibile ma non meno tragico per questo, nell’azione invadente degli spazi normalmente occupati dall’uomo e i suoi tesori, i suoi santuari, le sue abitazioni di pregio… Con l’unica possibilità rimasta di “sviare” il grande impulso verso luoghi alternativi, ovvero mettere al servizio collettivo l’essenziale assenza di un intento nel verificarsi dei disastri. Offrendo, per quanto possibile, un sentiero di minore resistenza attraverso la collocazione di barriere temporanee d’incanalamento. Granuli all’interno di contenitori globulari, normalmente, ovvero quegli ammassi di sabbia e stoffa che un tempo erano associati alla necessità di arrestare l’energia cinetica dei proiettili sparati dallo schieramento nemico. Ma i sacchetti non sono leggeri, né maneggevoli, né semplici da stoccare o trasportare presso il luogo del bisogno. Ecco l’idea alla base del sistema Boxwall della NOAQ Flood Protection AB di Näsviken, con sede presso i laghi di Dellen a nord di Stoccolma. Una compagnia che ha fatto della plastica la propria arma, e dello stampaggio di angolari forme geometriche un percorso privilegiato verso la risoluzione di uno dei maggiori problemi dell’umanità in pianura…
Classificate dal punto di vista tecnico all’interno della categoria degli SBRS o Sandbag Replacement Systems (Sistemi di Sostituzione dei Sacchetti) le barriere del modello Boxwall offrono anche all’interno di questa crescente categoria di prodotti alcune caratteristiche di assoluto pregio. In primo luogo l’ingombro e peso ridotti, con gli appena 6 Kg per ciascuna sezione standard della lunghezza di 98 cm, generalmente consegnata all’interno di una scatola di legno utile anche allo stoccaggio di una decina o più d’identici elementi. Infilati uno dentro l’altro nella tipica maniera delle sedie da giardino, e non meno efficienti nell’assolvere alla funzione per cui sono fuoriusciti dalle loro diverse fabbriche situate in Svezia e Danimarca. Vedere una barriera della NOAQ in funzione, formata da una serie di elementi agganciati assieme, costituisce in effetti uno spettacolo interessante, come esemplificato dai numerosi video a supporto pubblicati da YouTube, non soltanto dalla compagnia stessa ma anche da diversi distributori, specialisti del settore e persino clienti privati, che ne hanno acquistato il prodotto al fine di proteggere le proprie abitazioni o aziende soggette all’occasionale inondazione ambientale. Poiché l’idea alla base di una simile contromisura, lungi dal poter fare affidamento sulla massa al fine di sviare l’energia del flusso, conta piuttosto sulla base d’appoggio fornita di tre guarnizioni in gomma “cellulare” anti-scivolo, che venendo premute verso il basso formano una sorta di sigillo impenetrabile contro l’avanzamento delle molecole d’umidità con tutto il proprio seguito di sedimenti e detriti. Una tendenza garantita dalla maniera in cui la particolare conformazione delle barriere porta l’acqua stessa a premerle contro un terreno che dovrà essere ragionevolmente pianeggiante, come nel caso di una strada, un piazzale o un prato. Le implicazioni sono chiaramente notevoli e costituiscono un cambiamento positivo del paradigma vigente: non più richiesto sarà dunque l’arrivo precipitoso di grossi veicoli da carico o furgoni carichi dei ponderosi sacchi di sabbia, né la significativa forza lavoro ed il tempo imprescindibili affinché una tale soluzione possa essere collocata in condizioni capaci di fare la differenza. Permettendo almeno in linea di principio, nelle parole stesse del sito aziendale: “Agli impiegati di difendere l’ufficio, agli studenti la scuola, alla famiglia la casa” e lasciando al tempo stesso gli addetti ai lavori liberi d’intervenire nelle situazioni e luoghi di maggior criticità, o dove l’autogestione del disastro appare eccessivamente gravosa per la popolazione civile.
Il che non significa d’altronde che il sistema Boxwall assieme agli altri SBRS costituiscano la soluzione definitiva al problema delle alluvioni. Ciò principalmente in funzione del costo comparativamente maggiore (si parla di circa 150-200 euro per ciascun elemento lungo un metro) ma anche la relativa complessità di un utilizzo che possa veramente massimizzarne le capacità inerenti. Il che prevede l’individuazione di un punto strategicamente rilevante, ma anche l’interconnessione a muri o barriere più pesanti mediante apposite solette in materiale plastico, onde evitare il passaggio di copiosi litri ai margini della barriera. E non può comunque fare a meno dell’impiego di un qualche tipo di pompa o soluzione per smaltire una certa quantità d’acqua che inevitabilmente continuerà, comunque, a passare. In caso di flusso rapido inoltre, a causa del peso relativamente ridotto dell’intero apparato, è consigliato utilizzare elementi isolati al fine di smorzare l’energia del torrente prima dell’impatto contro le mura della fortezza principale. Ragion per le quali, tra le diverse altre, il consenso raggiunto negli studi di questo particolare segmento di mercato ha ormai individuato gli approcci SBRS come una valida aggiunta, piuttosto che l’integrale sostituzione dei metodi di tipo maggiormente convenzionale.
Poiché non è possibile, come dicevamo, fermare il quarto degli elementi fondamentali del pensiero alchemico ancestrale, più di quanto ci sia dato aspirare a farlo con aria, fuoco o il terreno stesso (in caso di frane!) Ma si può trarre un qualche tipo di vantaggio dall’impiego di versatili sistemi. E l’iniziativa di coloro che possano riuscire, in tempi ragionevolmente brevi, ad individuarne i vantaggi situazionali non sempre scontati, o evidenti.