Dalla grande industria, un processo chimico per dissetare il mondo

Non capita molto spesso che a un qualsiasi utente di YouTube riesca l’impresa d’invitare per un suo video il fondatore di Microsoft in persona, l’uomo un tempo amato-odiato dalla cultura generalista che una volta allontanatosi dal trono del comando, e dal suo monopolio di un’intera industria, prese l’encomiabile decisione di reinvestire l’ingente capitale del suo conto in banca in un’ampia serie di attività filantropiche e di pubblica utilità. Come del resto, non sono molti in questo specifico campo mediatico a produrre un massimo di un video al mese, spesso senza nessun tipo di sponsorizzazione diretta e con il semplice obiettivo di divulgare un concetto scientifico interessante oppure, come in questo caso, dall’importanza significativa per il bene della popolazione globale. Così li ritroviamo entrambi, in questo nuovo segmento, Bill Gates e il giovane ex-ingegnere della NASA Mark Rober, mentre il secondo fa conoscere al primo un vero e proprio intruglio tecnologico, concepito ormai da (almeno) dieci anni eppure mai davvero discusso, dinnanzi al vasto pubblico, dai principali giornali e testate online. Si tratta del Proctor & Gamble Water Purifier, un imprevisto frutto del dipartimento di Ricerca e Sviluppo di una delle multinazionali operative nel campo dei beni di consumo più grandi al mondo, concepito quasi per caso dall’oggi direttore associato Dr. Phil Souter, scienziato assunto con l’obiettivo specifico di sviluppare un metodo per rendere nuovamente potabile l’acqua usata allo scopo di fare il bucato. Soltanto per approdare, al termine del suo complesso tragitto professionale, a un concentrato di princìpi attivi effettivamente capaci di fare questo e al tempo stesso, molto, molto di più.
Il funzionamento della la polvere in questione, oggi liberamente acquistabile online presso molti distributori ufficiali (su tutti, Amazon americana) è facilmente dimostrato nei primi secondi del video online. Ce lo mostra Mark Rober, ancor prima che giunga il suo celebre ospite di giornata, versando in due recipienti un’ingente quantità d’acqua contaminata, dal preoccupante color giallo paglierino. All’interno di uno dei quali aggiunge, quindi, il contenuto di una di queste bustine. Nel giro di quelli che nel time-lapse dimostrativo risultano essere soltanto pochi secondi, quindi, il recipiente trattato recupera rapidamente la sua trasparenza, mentre ogni impurità contenuta all’interno si deposita sul fondo, formando uno strato simile alla sabbia di un acquario. Alla ragionevole, nonché implicita domanda: “Voi la berreste questa roba?” Non si può quindi fare a meno di rispondere l’entusiasmo relativo di un “…Forse?” Finché non si considera l’alternativa per coloro a cui, effettivamente, è indirizzato un simile prodotto dall’effetto strabiliante: tutti quegli abitanti di paesi in via di sviluppo, per cui l’accesso all’acqua potabile risulta essere tutt’altro che una sicurezza, e bere dell’acqua non trattata corrisponde, molto spesso, a morte certa. Ecco dunque che nel punto cardine del video, i due protagonisti si ritrovano davanti a un paio di barattoli, ciascuno pieno del suo contenuto [non] bevibile dall’aria torbida e inquietante. Si aggiunge un pizzico di polvere e a quel punto, sembra quasi che il coraggioso Bill Gates si appresti a berlo…

Potrebbe fare un’impressione non del tutto positiva, a un certo tipo di pubblico, questa effettiva sponsorizzazione dei bicchieri con l’acqua da bere, per i bambini attentamente selezionati tra il target di un’iniziativa largamente pubblicitaria. Ma i dati raccolti in questi anni sembrerebbero parlare chiaro: il prodotto ha portato un effettivo miglioramento nella vita delle persone. Dunque potrebbe trattarsi di relazioni pubbliche, per una volta, realmente meritate?

Ma il passaggio della prova pratica, nel più recente video di Mark Rober, non arriva mai. Non tanto per mancanza di fiducia nel prodotto quanto perché in effetti, allo scopo di utilizzarlo adeguatamente, si presuppone idealmente un periodo di attesa di svariate ore dopo il trattamento, pena l’assunzione da parte dell’acqua di un sapore tutt’altro che gradevole e del tutto simile al disinfettante usato nelle piscine. Questo perché all’interno di una bustina di Water Purifier coesistono una serie d’ingredienti, tra cui per l’appunto l’ipoclorito di calcio, in aggiunta al sale di ferro dell’acido solforico (solfato ferrico) responsabile della sua azione quasi “magica” e risolutiva. Ciò che fa letteralmente coagulare e precipitare il contenuto d’impurità nell’acqua destinata ad essere bevuta, infatti, è l’azione chimica identificata con il termine di flocculazione, ovverosia l’attrazione mediante effetto ionico di queste particelle, formando ammassi il cui peso, e densità superiore non possono fare a meno di trascinarli a depositarsi sul fondo. Ma l’azione della polvere inventata da Phil Souter non è ancora terminata: poiché come dicevamo il cloro contenuto al suo interno, a questo punto, inizia a fare effetto, garantendo l’uccisione nel giro di pochi minuti del 99.99999% dei batteri, il 99.99% dei virus intestinali e il 99.9% dei protozoi e parassiti. Come si può facilmente desumere da questa pluralità di vere e proprie fasi, un impiego appropriato del P&G Purifier presume il rispetto di una tabella di marcia e dosi estremamente precise. Innanzi tutto per quanto riguarda la quantità d’acqua da trattare, che dovrebbe corrispondere ad esattamente 10 litri per bustina; in caso fosse di più, in effetti, essa non basterebbe per purificarla, mentre per recipienti dalla capienza minore si otterrebbe un fluido non pericoloso, ma praticamente imbevibile per il suo forte sapore di cloro. Il programma prevede quindi esattamente 5 minuti trascorsi a mescolare, allo scopo di garantire un’opportuna flocculazione, seguiti da altrettanti d’attesa per disinfettare adeguatamente il recipiente. Ed infine un minimo di 20 (ma si consigliano fino a 24 ore) allo scopo di garantire un sapore accettabile alla mescita del chiaro fluido dissetante.
Una successiva filtratura, effettuata idealmente mediante l’impiego di un semplice panno di cotone, garantirà la rimozione pressoché totale dei sedimenti, ottenendo un’acqua dall’aspetto esteriormente indistinguibile da quella fuoriuscita quotidianamente dai nostri rubinetti.
In conseguenza, giunti a questo punto, di una ragionevole approssimazione della serie di processi compiuti nei principali acquedotti della parte settentrionale del mondo, ma direttamente sul territorio e senza essere passati attraverso alcun tipo di costoso, e ponderoso impianto.

Come ampiamente pubblicizzato su YouTube, la compagna perfetta per le bustine della P&G e la borsa per il trasporto idrico DayOne Waterbag, prodotta dall’omonima compagnia americana. Un prodotto concepito per la rapida risposta a vari tipi di disastri e il quale, venduto ai cultori della sempre popolare corrente del survivalismo, contribuisce a finanziare attività benefiche e forniture della polvere ai più bisognosi.

Dal momento della sua prima concezione verso la metà degli anni 2000, quindi, il P&G Water Purifier è stato usato con successo misurabile in oltre 65 paesi diversi, in collaborazione con importanti organizzazioni no-profit e i governi locali. Facendo la differenza in luoghi come Africa e India, ma anche a seguito delle gravi catastrofi naturali che hanno colpito il Guatemala, il Messico, il Cile e l’isola di Haiti.
Vedere dunque un personaggio come Bill Gates, anch’egli attivo in molti significativi campi della filantropia, che usa un simile prodotto come punto di partenza per fare il discorso a lui caro sull’importanza di proteggere il benessere collettivo al di là dei confini nazionali non dovrebbe suscitare in noi il sospetto di trovarci innanzi a un qualche tipo d’appropriazione dei meriti dinnanzi alle telecamere del Web. Ma costituire invece un’evidente riconoscimento, e chiare congratulazioni, nei confronti di tutti coloro che percorrono la stessa strada, per ragioni forse differenti e di natura maggiormente finalizzata ad un ritorno di popolarità aziendale. Non che tutto ciò, in ultima analisi, possa inficiare la validità dei risultati. Dopo tutto, come aggiunto dall’autore del video a coronamento di un concetto molto caro a Gates, è sempre possibile che il “nuovo Einstein” del nostro secolo provenga dalle fasce di popolazione disagiata che sono più numerose, e duramente messe alla prova della maggior parte di noi. A patto che la società che lo circonda, in un modo o nell’altro, riesca a fornirgli una quantità d’acqua sufficiente a raggiungere l’età adulta.

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