Pesce cuneo, pesce freccia, pesce topo e pesce treccia. Ogni pesce ha la sua forma ed ognuna di queste ultime ricorda, per associazione, una creatura, oggetto o sentimento di noi esseri di superficie. Di strumento, d’altra parte, ce n’è uno e solamente quello: acustico, meraviglioso, triangolare portatore di stupore. E meraviglia? Dipende dalla specie a cui appartieni. Giacché piccoli molluschi o crostacei non saranno particolarmente lieti d’incontrare un membro dei Rhinopristiformes, la creatura che si aggira per i mari del Pacifico e l’Oceano Indiano sempre in cerca, sempre attenta, percependo i minimi dettagli delle circostanze. E tutto il resto è musica, direbbe qualcuno, ma la realtà è che c’è soltanto fame, a far da guida ai loro gesti e pattugliamenti eternamente ripetuti. Di un predatore come tanti, nel comportamento e come pochi nell’aspetto, giacché non è facile comprendere precisamente il tipo tassonomico cui siamo innanzi. Di un… Condritto, questo almeno è chiaro, classe di esseri marini senza ossa nello scheletro composto unicamente da parti cartilaginee, il che ha reso complesso fin dall’invenzione della paleontologia dirimere il mistero della loro discendenza. Ritenuta essere in comune per il tipico protagonista d’infiniti film di paura che si svolgono nel punto di contatto tra la terra e il mare, e il principale pesce “alato” con la forma di una grande ala che ricorda vagamente il bombardiere americano B-29. O forse sarebbe meglio affermare il contrario? Dopo tutto razze o mante esistono da lungo tempo. Ed il progresso d’implementi bellici non sempre tiene in considerazione i crismi dei suoi ormai vecchi modelli. E d’altra parte abbiamo in questo essere fin qui soltanto menzionato, il perfetto pièce de résistance o chiave di volta, o anello mancante tra le due categorie apparentemente distanti, individuabile a partire dalla forma posseduta dall’intera distintiva categoria di questi animali. Non a caso definiti per associazione razze-squalo, con riferimento alla forma piatta con in più la coda lunga e muscolosa, propria di quell’altro tipo di carnivori comprensibilmente temuti dall’uomo. Così rappresentati in questo caso da una specie soprattutto, la notoriamente minacciata e fortemente distintiva Rhina ancylostoma “dalla bocca ad arco” in forza della riconoscibile conformazione del suo apparato di fagocitazione, così efficiente in quello che più di ogni altra cosa gli riesce meglio. Risucchiare, masticare, far valere il proprio diritto alla spietatezza che conduce per quanto auspicabile alla sopravvivenza…
Lasciatemi a questo punto chiarire la ragion per cui è probabile, persino possibile che non ne abbiate mai sentito parlare. Il pesce chitarra di cui sopra è ormai da quattro anni giudicato una creatura a rischio critico d’estinzione negli elenchi dello IUCN, a causa di una riduzione stimata della sua popolazione complessiva pari ad oltre l’80%. Questo per la triste ed arbitraria attribuzione, comune a molte altre bestie magnifiche o dall’aspetto particolarmente interessante, di una valore quasi magico alle sue carni per diversi rimedi elaborati nella medicina cinese o altre discipline simili disseminate in giro per il mondo. Per non parlare del valore presumibilmente afrodisiaco o rinvigorente delle spine acuminate che ricoprono la schiena del pesce, idealmente utili ad allontanare i predatori. Ma che ottengono l’effetto contrario, a quanto sembra, con il peggiore di tutti. Dal punto di vista morfologico è altrettanto interessante la disposizione delle pine dorsali, entrambe particolarmente alte contrariamente a quanto accade con lo squalo, oltre alla presenza di spiracoli in corrispondenza degli occhi, usati per respirare quando il possessore si trova immobile sul fondale, coprendo quasi totalmente le sue branchie situate in posizione ventrale. Una posizione utile non soltanto al riposo, ma anche al fine di tendere agguati ad eventuali prede di passaggio, ghermite successivamente grazie all’uso delle sue mandibole possenti e dotate di denti simili a placche sminuzzatrici, perfettamente efficaci anche nell’assenza di alcun tipo di punta. Per quanto concerne invece l’aspetto riproduttivo, la femmina produce dopo l’accoppiamento tra le 2 ed 11 uova che continuerà a custodire al sicuro all’interno del proprio corpo. Come ogni altro essere ovoviviparo e per questo privo di placenta, concepito per effettuare un vero e proprio parto nel momento della verità finale, da cui verranno al mondo piccoli dalla conformazione simile ma una livrea più variopinta del grigio-marrone degli esemplari adulti. Cui seguirà, nel caso specifico, l’immediato abbandono della prole, affinché possa tentare la fortuna nel tentativo di diventare un vero e proprio terrore dei mari… Col che non intendo certo dire che siamo di fronte a un superpredatore, o sovrano sostanziale della rilevante catena alimentare, giacché sussistono parecchi e proverbiali pesci più grandi, tra cui il temibile squalo tigre, che divorano frequentemente le Rhinopristiformes ad ogni fase del loro sviluppo vitale. Aggiungete a questo la relativa difficoltà nell’allevare in cattività creature simili, comunque soltanto all’interno di istituzioni scientifiche e senza una particolare rilevanza commerciale per l’uomo, per comprendere lo stato di conservazione particolarmente complesso tale da aver fatto definire pesci simili come “i panda giganti del mare”. Il che risulta ad ogni modo quanto meno eufemistico: viene in effetti stimato come allo stato dei fatti attuali, esistano probabilmente a questo mondo meno R. ancylostoma che Ailuropoda melanoleuca, l’ursina meraviglia delle foreste di bambù cinesi. In assenza di programmi di conservazione veramente funzionali che possano estendersi nell’intero vasto aerale d’appartenenza.
Con una possibile eccezione, l’Australia. Dove l’inclinazione culturale a preservare la natura, accompagnata dagli utili ed obbligatori dispositivi TED (Turtle Exclusione Devices) finalizzati al rilascio automatico di tartarughe marine ed altri esseri rimasti catturati accidentalmente nelle reti dei pescatori, ha permesso di tutelare e far riprendere in maniera rilevante la popolazione complessiva delle razze squalo. Comunque una letterale goccia in un oceano di perdute possibilità, per queste creature largamente inclini a muoversi e migrare tra i territori. Come il suono della musica prodotta dal portatile strumento da cui hanno ricevuto il nome, per una somiglianza reale o presunta della propria conformazione oblunga carica d’implicazioni d’aggressività inerente. Quella di una freccia scagliata all’indirizzo dell’oceano di possibilità e rivalsa. Se soltanto il progressivo mutamento del destino di ogni cosa naturale potesse prendere, a suo tempo, una piega maggiormente opportuna…