Un altro passo verso il sogno di un robotico cane da compagnia cinese

Una delle frasi più frequentemente citate del grande scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke, autore di Odissea nello Spazio è: “Ogni forma di tecnologia sufficientemente avanzata, è per sua natura indistinguibile dalla magia.” Il che costituisce un corollario per l’osservazione che qualcosa di magnifico, davvero eccezionale, non potrà riuscire a entrare veramente negli schemi del quotidiano a meno di essere distribuito ad ampio spettro e più livello del sistema sociale. Regalie magnifiche si affollano nel grande corso della storia dell’umanità. Ma prima dell’invenzione dei mass media, chi avrebbe mai potuto conoscerle, fatta eccezione per la corte dell’Imperatore… Immaginate, ad esempio, una pregiata razza di cane da caccia proveniente dalle remote terre dei “barbari”, ovvero gli abitanti oltre il punto di cesura del più vasto dei continenti. Prima che YouTube ed altri simili servizi potessero permetterci di ammirare, con occhi appassionati, la maestosa progressione della sua danza! E d’altra parte tali esseri quadrupedi, almeno fino agli ultimi due anni, sono rimasti l’appannaggio pressoché esclusivo di dipartimenti universitari, aziende multinazionali e meri miliardari con risorse pressoché illimitate. Pensate, per citare il più famoso, a Spot della Boston Dynamics: una creatura artificiale certamente interessante, e non priva di una sua inerente utilità. Ma un costo di base pari a 75.000 dollari, persino superiore a quello di un campione biologico della pregiata stirpe dei mastini tibetani, status symbol della nuova classe di ultra-ricchi del consorzio di quei paesi. Chi meglio della Cina stessa, dunque, celebre per la propria capacità di offrire “la stessa cosa” (o quasi) a prezzi notevolmente inferiori, poteva sperare di avanzare verso il cambiamento di questo paradigma dolorosamente elitario? O forse ancor prima di affrettarci a generalizzare, dovremmo menzionare il nome dell’azienda responsabile, quella stessa Unitree Robotics di Hangzhou, regione dello Zhejiang, già produttrice a partire dal 2016 di una gamma alquanto memorabile di entità prive d’abbaio fatte con la plastica ed il metallo. Con nomi come Laikago (dal nome del primo canide lanciato, ahimé, nello spazio) AlienGo (dal nome dell’ipotetico abitante di altri pianeti) e poi A1, Go1, B1 e B2. Ma cosa ancor più significativa, un costo unitario cambiato dagli iniziali 40/50.000 dollari, a 15.000, 10.000 e 2.700 all’inizio dello scorso anno. Fino all’incredibile, potenziale rivoluzione in fieri dell’ultimissimo modello, in grado di costare fino a un minimo di 1.600 dollari. Abbastanza poco per metterlo alla pari con un cane di razza da un allevamento dal prestigio mediano, un’aspetto che non manca di essere evidenziato nelle sue implicazioni più profonde all’interno del video esplicativo riportato in apertura a questa trattazione. Il primo robot companion veramente alla portata di chiunque, o quasi, sembra gridare a piena voce la sequenza delle immagini, in cui diversi padroni dell’ingegnerizzata creatura la osservano giocare, interagiscono con lei e persino ci parlano ottenendo il tipo di risposte impronunciabili per Fido nella maggior parte delle circostanze, “grazie all’aiuto di ChatGPT”. E se c’è un prodotto dimostratosi capace di diventare una parola chiave in questi ultimi mesi, è senz’altro questo…

Più volte utilizzati negli eventi pubblici del loro paese, qui i cani robotici erano stati agghindati come bovini variopinti e cornuti per l’inizio dell’anno del Bue. L’effetto risultava essere, quanto meno, accattivante.

L’idea di un cane robotico per il mercato consumer, benché lungi dall’essere economico all’interno di quel contesto, non è dunque del tutto nuovo. Vedi il caso frequentemente citato, ma tutt’ora incapace di essere del tutto pervasivo, dell’Aibo di Sony, giunto alla sua quarta interazione nell’anno 2018. Ma qui stiamo parlando di un prodotto di tutt’altro potenziale e capacità, non soltanto grazie alle sue dimensioni maggiori di almeno cinque volte ma il possesso di opportunità deambulatorie figlie di un tipo di servomeccanismi finalizzato alla creazione di un robot quasi o del tutto indipendente. Un letterale trailblazer (apripista) di nuove fantastiche opportunità di scoperta, in merito a quanto può cambiare il mondo se una parte significativa della sua popolazione dovesse accogliere tra le proprie mura domestiche uno scattante fulmine senza una vera e propria… Testa. Ed è forse in questo che l’ultimo modello di cane della Unitree, ultima evoluzione dell’antico e prototipico X-Dog costruito dal co-fondatore della compagnia Wang Xingxing ben 7 anni fa, fallisce nel creare un immagine che possa dirsi veramente rassicurante. In primo luogo per la collocazione della cupola rotante del suo impianto LIDAR, il dispositivo di misurazione utilizzato dal robot per creare una mappa navigabile degli immediati dintorni. Che in effetti qui lo fa sembrare più che altro simile a un insetto affamato, intento a flettere le sue mascelle mentre cerca il miglior pasto possibile tra i molti animaletti del vicinato. Un istintivo timore che deriva in modo inevitabile dal paradosso intellettivo della uncanny valley, non importa quanto siano accattivanti ed abili i soggetti del nostro scrutare in attività dal nome francofono come il parkour e dressage. Un cattivissimo mastino di metallo apriva dunque il romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e creature similmente poco raccomandabili sarebbero comparse a più riprese nella storia della fantascienza. Come anticipazioni di un pericolo diventato fin troppo tangibile alla pubblicazione su Twitter la scorsa estate, da un profilo ormai lungamente fatto chiudere, di un modello quadrupede della compagnia cinese con montata sopra la schiena una mitragliatrice russa, per un presumibile schieramento futuro nel conflitto Ucraino. Ebbene tale creatura, probabilmente rimasta un pezzo unico o ne avremmo sentito parlare ancora, pareva perfettamente abile nel puntamento dell’arma usata per far fuoco contro dei bersagli e niente affatto rallentata dalla necessità di assorbirne il rinculo. Grazie alla comprovata agilità che gli appartiene…

Non del tutto nuova a video di marketing pensati per catturare l’interesse del grande pubblico, nella maniera implementata per la prima volta dalla Boston Dynamics, qui la Unitree mostrava l’interessante opportunità di dotare il B1 di quattro pratiche ruote. Certo non del tutto ideali, quando viene il momento di salire o scendere le scale.

Dal punto di vista prestazionale tutti i robot della Unitree, inaspettata produttrice anche di un ingegnoso elastico per far ginnastica connesso al web grazie agli smartphone, rappresentano un’offerta sorprendentemente al passo coi tempi e per nulla inferiore alle aspettative. L’ultimo e più economico modello B2, con una data di rilascio presumibilmente imminente ma non del tutto chiara, vanta cionondimeno tre versioni con capacità e prezzo crescente. Ciascuna pensata per un uso diverso: gioco/divertimento, professionale e di ricerca, ovvero personalizzato in base alle necessità di ciascun team di scienziati cybernetici dislocati nel vasto mondo trasversale dell’accademia. Lo stesso peso di 15 Kg ma voltaggio+durata delle batterie diverso ed un comparto crescente in numero dei sensori facenti parte del corredo di bordo, che potranno permettergli d’interagire in diversi modi con l’ambiente circostante. E per quanto le acrobazie e sveltezza delle movenze mostrate nei video pubblicitari possano sembrare il frutto di situazioni controllate o addirittura generate grazie alla grafica al computer, molti di coloro che hanno visto dal vero un cane della Unitree confermano le doti di portata superiore alla logica dei costi e benefici rispetto alla già citata concorrenza. Quasi come se nella propagazione democratica di queste nuove tecnologie, si fosse finalmente raggiunto il momento in cui possano sostituirsi almeno in parte all’originale! Il che conduce a un tipo di vantaggio inaspettato ma senz’altro degno di nota: la possibilità, per chi vuole soltanto un cane-giocattolo, di acquistarne letteralmente… Uno. Risparmiando alle creature biologicamente vive e dotate di sentimenti l’adozione in condizioni possibilmente problematiche, all’interno di famiglie non del tutto preparate ad accudirle. E soltanto il tempo, alla fine, potrà permetterci di comprenderne le reali conseguenze.

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