Il nostromo del vascello guardò ancora una volta dritto negli occhi del suo comandante, non trovando alcun varco per la ragionevolezza mezzo ai caotici vortici di un’incipiente follia: “Passeremo all’altro capo, quanto è vero l’Onnipotente. Signor De Jong, non voglio sentire altre obiezioni. Se aspettiamo che cessino le tempeste, sarà ormai stagione alta, e gli altri bastimenti provenienti dall’Oriente saranno giunti in Europa. Per noi, una perdita di almeno la metà del valore sul contenuto della stiva!” L’uomo gesticolava selvaggiamente con il cannocchiale nella mano destra, mentre un’espressione inumana distorceva il suo volto in un ghigno selvaggio. I marinai alle sue spalle, in attesa dell’ultima direttiva, ebbero un sobbalzo: essi sapevano molto bene che, una volta lasciate le acque chete della Falsa Baia superando il promontorio di Hangklip, sarebbe stato troppo tardi per fare marcia indietro attraverso le labirintine correnti di quella particolare regione degli oceani terrestri. Ma il nostromo sapeva bene che non si sarebbero mai ribellati; non di fronte alla promessa di una generosa percentuale dei profitti. Secondo le fonti maggiormente accreditate, l’anno era il 1641, quando la nave sotto la responsabilità del capitano mercantile Hendrick van der Decken intraprese il suo ultimo viaggio terreno, imboccando quel tunnel senza ritorno che per tanti altri si era rivelato essere il Capo di Buona Speranza. Le leggende narrate nelle chiassose taverne portuali, tuttavia, avrebbero affermato come per costui un simile errore non sarebbe stato affatto la fine, quanto piuttosto l’inizio di un qualcosa di orribilmente e completamente nuovo. Con le vele ormai a brandelli ed il timone frantumato, alla deriva tra le onde alte quanto montagne, l’Olandese ormai rimasto privo del tricorno avrebbe infatti rivolto un’ultima maledizione nei confronti del Principio Divino dell’Esistenza. Ed in quel preciso momento, sarebbe stato tratto in salvo! Se così possiamo definire un’esistenza eternamente sospeso tra il mondo terreno e l’aldilà, a bordo di una nave popolata da fantasmi e la cui linea di galleggiamento situata a qualche decina di metri sopra il pelo dell’Oceano sconsolato.
Trascorrono i secoli, cambiano le aspettative. E qualche volta, persino l’aspetto esteriore delle cose. Ma non la loro più profonda essenza, frutto di contesti ormai rimasti unicamente nella mente delle successive generazioni. Così verso l’inizio di questo marzo del 2021, a largo delle coste del Regno Unito, Egli ha fatto il suo ritorno. Naturalmente, il vecchio Olandese non è più solito presentarsi al timone di un veliero dell’epoca delle grandi esplorazioni, presenza che saremmo pronti a definire alquanto anacronistica nei mari dei nostri tempi: bensì con l’aspetto lungo, rosso, bianco e longilineo della petroliera (secondo altri, si tratterebbe di una nave di trasporto minerario) fotografata a largo di Banff in Scozia, da parte del ventitreenne Colin McCallum durante una passeggiata mattutina sulle rive del suo paese. Una visione ultramondana non dissimile da quella che, anticamente, si diceva poter gettare nella follia un intero equipaggio di naviganti, portandoli ad unirsi alla silente ciurma del caro vecchio capitano Non-Morto. Visione fatta seguire dopo appena un paio di settimane, sulle alterne vie del fato, dall’avvistamento di un altro impossibile scafo fluttuante, quello della nave da crociera Anthem of the Seas presso il molo di Bournemouth non lontano dall’isola di Wight, le ampie e scintillanti sale ormai deserte causa la flessione globale dei viaggi ricreativi marittimi, dopo i molti mesi di pandemia. Ed è forse la visione più bizzarra ed inquietante di tutte, quella di una simile città dei mari con la sua lunghezza di 347 metri e la capienza massima di 4.905 passeggeri, che a questo punto potremmo facilmente immaginare come spiriti in attesa di raggiungere le più remote regioni superne ed infernali. Un assedio preoccupante, del tipo che nessuno può realmente attribuire ad un stadio transitorio di follia collettiva, se è vero che la carta canta, così come contano testimonianze chiare ed indelebili, memorizzate grazie a foto e (persino!) video, decisamente più definiti rispetto a quelli usati nel caso del tipico UFO, Mostro di Lochness o Piedone. Il che una volta eliminato l’impossibile come affermava qualcuno, lascia soltanto l’improbabile. Ed assieme ad esso, l’Unica Possibile Spiegazione.

Di navi volanti, il folklore marittimo dei naviganti ne è letteralmente pieno…. Presagi di sventura, normalmente, cui fa seguito un ampio ventaglio di possibili disastri e naufragi. Lo stesso Olandese volante, sotto diverse guise e reinterpretazioni, ha costituito per molte generazioni un punto ricorrente della letteratura fantastica e gli altri canali creativi, facendo la sua comparsa in innumerevoli romanzi, film, fumetti e videogiochi. Il che non può anticipare, in qualche surreale forma, l’effettiva natura non soltanto plausibile, ma effettivamente apprezzabile della sua esistenza. Soprattutto per noi che viviamo, grazie all’invenzione della tecnologia moderna, in un mondo che è lo schiavo delle immagini in quanto tali, eppur sempre considerate poco credibili, almeno fino alla saliente verifica oggettiva dei fatti. Che le due navi fotografate a largo delle Isole Inglesi nel corso di questo mese impressionabile fossero fisicamente poggiate sulle onde increspate del mare, grazie all’impulso inevitabile della possente gravità terrestre, è un assunto che possiamo dare come ragionevolmente certo. Sebbene esse si trovassero allo stesso tempo, in maniera altrettanto ragionevole, in un punto sensibilmente diverso. Questo in forza della grande e possente lente, che ogni cosa circonda su questo pianeta, mantenuta in posizione dagli strati più o meno rarefatti dell’atmosfera terrestre; nient’altro che azoto, ed ossigeno, stratificati sulla base di uno schema eccezionalmente preciso! Tanto prevedibile che nel funzionamento stesso dei nostri occhi, adattati dall’evoluzione per riuscire a trarne beneficio, è previsto il rispetto di quell’ordine divino: aria fredda, più pesante, situata in basso, ed aria calda sopra di essa, a causa della sua innata ed apprezzabile leggiadrìa. La dove il “caso” (e con esso intendo, la precisa fisica dell’Universo) prevede delle significative eccezioni a tale regola, soprattutto nel momento in cui acque relativamente tiepide si trovano sovrastate da strati vaporosi con temperature decisamente più intollerabili. E con ciò intendo svariati gradi sotto lo zero. Un fenomeno che è solito verificarsi nei territori artici e sub-polari, pur essendosi verificato, a più riprese durante il corso della storia, anche presso luoghi e popolazioni che potremmo definire totalmente inaspettate a comprenderne l’effettiva raison d’être. Ecco dunque, secondo quanto entusiasticamente descritto nelle numerose trattazioni internettiane, la maniera surreale in cui l’immagine del vascello si trova a comparire, grazie alla distorsione della luce attraverso i contrapposti gradienti, oltre l’orizzonte stesso che sarebbe stato normalmente sufficiente a coprirlo. Letteralmente riflesso, in maniera diametralmente non conforme, oltre quella linea ove saremmo convenzionalmente soliti visualizzarlo. Per un’illusione ottica che prende normalmente il nome di miraggio superiore, versione tipicamente marittima e all’inverso di quel tipico frangente in cui un assetato, che stia faticosamente attraversando un ampio deserto, si ritrovi ad ammirare all’improvviso un’impossibile “lago” d’acqua, in realtà nient’altro che il cielo stesso riportato dal condotto atmosferico, questa volta, al di SOTTO dell’orizzonte. Per una concatenazione di cause ed effetti che vengono generalmente inseriti all’interno della categoria internazionale delle Fate Morgana, così chiamate anche in ambiente internazionale con il nome italiano del personaggio arturiano Morgan le Fay, proprio per il frequente avvistamento durante il transito nello Stretto di Messina. Con un riferimento, inerentemente interconnesso alla letteratura antica di quel paese, che proprio oggi sembrerebbe intenzionato a diventare la nuova capitale dei redivivi galeoni volanti.

In determinate circostanze, è cosa nota, il fenomeno della Fata Morgana può risultare non meno pericoloso delle attività della sua mitologica ispiratrice, che irretiva i cavalieri con l’immagine d’impossibili castelli tra le nebbie, prima di rapirli e rinchiuderli all’interno del suo irraggiungibile reame. Caso particolarmente celebre, quello dei primi soccorsi portati alla nave Titanic nelle gelide acque dell’Atlantico Settentrionale successivamente alla notte del 14 aprile 1912, quando il vicino mercantile Californian, precipitandosi verso il segnale di soccorso radio, non riuscì a scorgere immediatamente il transatlantico, avvistando piuttosto una nave molto più piccola e vicina, almeno così come sembrava essere a causa delle distorsioni causate dalle irregolarità dell’atmosfera. Per voltare quindi la sua prua altrove continuando a cercare lo scafo condannato, mentre migliaia di persone morivano affogate e congelate all’apice della loro futile attesa.
Cosa è vero, cosa è immaginario? Dove porre il confine tra il possibile e l’irreale, aprendo la strada verso nuove impercorribili regioni della conoscenza? Forse l’unica costante imprescindibile è che tutto è lecito, purché basato sulle solidi ragioni della razionalità. E qualche volta persino il più ruggente Capo che costituisce l’ultima barriera verso la ricchezza, può crollare, dinnanzi alle aspettative irragionevoli di un singolo individuo. A patto, s’intende, che sia fermamente disposto a rinunciare al suo ultimo barlume d’umanità.