Lo strano richiamo dell’oropendola, uccello imperatore degli Aztechi

A mezz’altezza nella giungle rumorose del Centro America, un grosso frutto pende da imponenti alberi di almeno 30 metri. Basterà uno sguardo di sfuggita, tuttavia, per confermare come tali arbusti appartengano a specie molto differenti tra di loro, nonostante l’aspetto conforme dell’oggetto sferoidale al centro della nostra annotazione. E poter così testimoniare l’attenzione, estremamente concentrata ed alquanto sospetta, da parte di una particolare tipologia d’uccelli, color nocciola focata con la coda gialla, le guance bianche e la punta del becco di un colore rosso intenso. Questo perché il globo intrecciato di quei rami non costituisce, a conti fatti, alcun tipo di prodotto vegetale se si esclude l’incidentale fornitura postuma di materiali; quanto piuttosto la specifica creazione del volatile, per custodire le sue uova dall’intento predatorio di scimmie, serpenti e tucani affamati. Architettura: l’elaborazione di elementi artistici e strutturali finalizzata a garantire uno spazio abitabile per l’uomo. Togli l’uomo, e cosa resta? Caso vuole che basti guardare in alto, per comprendere lo spettro di una tale verità. Là, dove lo Psarocolius montezuma mette in pratica, da tempo immemore, il suo notevole stile di sopravvivenza. Che include quel distintivo approccio comunicativo e canoro, quasi robotico, in aggiunta alla creazione del nido in grado di appesantire sensibilmente l’ampia varietà di arbusti locali.
Questo uccello di fino a 50 cm nel caso del maschio ed “appena” 38 nella femmina, contrariamente a quanto si potrebbe pensare viste tali dimensioni, è un rappresentante nel Nuovo Mondo dell’ordine dei Passeriformi, appartenente alla grande famiglia degli itteridi, caratterizzati da una certa quantità di giallo contenuta quasi sempre all’interno della loro livrea. Dotato di un areale molto ampio, che si estende dal Messico fino al Panama centrale, l’altrimenti detta “oropendola” con fino a 5 milioni di esemplari possibili secondo le stime dello IUCN risulta tuttavia stranamente poco conosciuta nel resto del mondo, nonostante si tratti di una creatura certamente rilevante dal punto di vista tassonomico, al punto di essersi vista attribuire come parte del suo nome scientifico l’appellativo del più potente sovrano della civiltà azteca, che nel XV secolo permise a tale impero di raggiungere la sua massima estensione. Tratto distintivo apprezzabile quindi, in aggiunta allo stile abitativo, è il riconoscibile verso emesso da tali abitanti delle distanti chiome in occasione delle loro attività amorose: un trillo arzigogolato e discorsivo, che al culmine della sua evoluzione lascia il posto ad un grido basso e potente, accompagnato da una specifica danza consistente nell’inchinarsi alla possibile partner in attesa. Per un aspetto aurale a tal punto importante, ai fini riproduttivi, da essere considerato la ragione di un tale dimorfismo sessuale delle dimensioni tra maschio e femmina, affinché il primo possa trarre beneficio da una maggiore cassa di risonanza. Continuamente intenti a confrontare la propria potenza musicale a vicenda, soprattutto tra i mesi di gennaio e maggio, le oropendole saranno quindi inclini a individuare un maschio alfa tra i partecipanti alla comunità urlante. Il quale, lui soltanto, potrà accoppiarsi con le femmine, mentre gli altri avranno il solo incarico di proteggere i suoi molti nidi; un’approccio alla questione, quest’ultimo, che possiamo ritrovare frequentemente in molte specie di mammiferi, mentre risulta estremamente raro, per non dire unico, tra gli uccelli. Le uova deposte sono in genere due, bianche o marroni, incubate esclusivamente dalla femmina per un periodo di due settimane. Ed ulteriori 30 giorni affinché i piccoli possano spiccare agilmente il volo, dimostrandosi notevolmente precoci nel loro contesto biologico d’appartenenza. Il che, tutto considerato, accresce in modo significativo l’ineccepibile efficienza evolutiva di questi formidabili sovrani della foresta.

La grande quantità di nidi concentrati in un solo luogo può modificare in modo apprezzabile l’aspetto complessivo di un arbusto. Fino a trasformarlo, nel giro di una singola stagione, nell’equivalenza vegetale di un condominio.

Superbo nella costruzione delle sue colonie, e territoriale nei confronti delle specie diverse, questo uccello è inoltre solito attaccare preventivamente le occasionali spedizioni dei mòlotri o uccelli vaccari (gen. Molothrus, anch’essi itteridi) che possono costituire una minaccia a causa delle loro abitudini riproduttive simili a quelle del cuculo, pur trattandosi di creature che si nutrono esclusivamente d’insetti e semi. Con un’avversione comparabile anche nei confronti degli imenotteri sociali (prevalentemente formiche) il che contribuisce purtroppo ad una certa vulnerabilità nei confronti dei ditteri parassiti, come il moscone della bot fly, responsabile della morte di una percentuale rilevante dei loro piccoli, per il resto ragionevolmente protetti da qualsivoglia nemico. Versatili e adattabili come il resto degli itteridi dalle molte forme e colori, le oropendole di Montezuma possiedono abitudini onnivore, tali da potersi nutrire a seconda della disponibilità sia di piccoli vertebrati che grandi insetti, in aggiunta ai germogli degli alberi e la frutta, di cui vanno assai ghiotti, preferendo in modo assai condivisibile le banane. La tipica composizione di una colonia, che può vedere anche la partecipazione della specie cognata dell’oropendola dalla testa marrone (Psarocolius wagleri) vede circa 30 nidi appesi ai rami dello stesso albero, sebbene in casi limite sia stato possibile osservarne fino a 170. Nella formazione di un’unione comunitaria con la finalità primaria di difendersi dagli assalti degli uccelli che praticano il parassitismo di cova, data l’alta desiderabilità dei loro ingegnosi nidi. Funzionale, a tal fine, anche la presenza dei calabroni attratti dall’assenza di api di cui questi uccelli si nutrono, e che a loro volta risultano indesiderabili dal punto di vista degli altri itteridi, creando un’insolita relazione proficua tra questa varietà d’uccelli e tali (normalmente) pericolosi insetti.
Non minacciati in modo esplicito sebbene siano stati un tempo ricercati dalle popolazioni native per le loro piume utilizzate in un’ampia varietà di rituali, e la carne ritenuta magicamente funzionale ad incrementare l’intelligenza dei bambini, le oropendole trovano tuttavia il loro spazio abitativo primario all’interno della foresta pluviale, con quel tipo di alberi antichi che stanno progressivamente diventando più rari. Il che sta cominciando a porre le basi di un futuro programma di conservazione internazionale, le cui effettive tempistiche risultano tutt’ora poco evidenti. Ma il valore culturale di una simile creatura, per quanto ci è dato di comprendere, risulta intangibilmente arduo da sopravvalutare, anche in considerazione la sua ricorrenza frequente nell’arte pittorica e figurativa dei rispettivi paesi d’appartenenza. Come per il resto degli itteridi, rappresentanti di una tanto ricca estensione del ramo passeriforme della vita, esclusivamente apprezzabie all’interno di una parte specifica del Nuovo Mondo.

Parte importante in aggiunta al canto, nell’approccio riproduttivo di questi uccelli, è la danza fatta d’inchini che permette loro di sollevare l’appariscente coda, a quanto pare un tratto assai desiderabile per le femmine che osservano la scena.

Gli approfonditi studi condotti a partire dalla fine degli anni ’80 sul canto delle oropendole quindi, tra cui quelli di M. S. Webster condotti presso la stazione Selva Biological in Costa Rica, hanno lungamente permesso di osservare per attribuzione comparativa la notevole importanza delle tonalità canore anche in altre specie di itteridi, come i cacicchi (gen. Cacicus) neri dalle vistose macchie gialle, in una continuità comportamentale che mai prima di quel momento era stata neanche sospettata. Verso la dimostrazione, mai superflua, di come un singolo tratto concorde possa contribuire a confermare le suddivisioni pre-esistenti tra generi altrimenti distinti. Ciò detto, molte sono le caratteristiche distintive dell’unico uccello tra questi considerato degno di ricevere l’appellativo imperiale, a ulteriore riconferma della sua notevole rilevanza ai fini di comprendere gli arcani meccanismi della foresta pluviale. In cui non soltanto l’apprezzabile presenza di spazi abitativi frutto dell’ingegno aviario, ma anche i complicati suoni trasportati via dal vento, giungono a costituire il portale d’accesso verso la pennuta verità finale: che al mondo c’è spazio per tutti; a patto di riuscire a trovare lo spazio. Ed ogni scelta che manchiamo di prendere, costituisce già di per se una scelta. Ma non è sempre facile, riuscire a definire priorità adeguate…

Esteriormente molto diversa e più piccola, l’oropendola dalla testa marrone (Psarocolius wagleri) viene considerata un’alleata dalla parente intitolata all’imperatore azteco, che ne tollera i nidi sullo stesso albero sebbene tenda a mantenersene altezzosamente distante. Anche questa, in fondo, è la sovranità.

Lascia un commento