I rischi delle buste di plastica utilizzate per alimentare i fornelli pakistani

Essere pieni di risorse non è necessariamente una colpa: saper provvedere alla propria famiglia, traendo il meglio da una situazione problematica. Ricavare spunti di sopravvivenza quando tutto ciò che resterebbe è fare i conti con lo stato della situazione. E limitare le peggiori conseguenze di una sconveniente deriva. Ma è pur vero che le strade alternative, per loro implicita occorrenza, implicano un certo numero di rischi. E compromessi fatti con le Fate del destino, tessitrici insonni che determinano il corso degli eventi persino quando tutto ciò che viene fatto parte dai migliori presupposti. Se i crismi operativi sono collaudati dalla mera e inconfutabile necessità di Fare… Di più. Ed allora, è veramente giusto andare contro ogni comune e ragionevole regolamento e normativa di sicurezza? Sarebbe giusto rimanere al freddo e fare la fame, operando in senso contrario? Chiedetelo, se proprio volete saperlo, agli abitanti della Khyber Pakhtunkhwa, provincia settentrionale del Pakistan, che dallo scorso inverno hanno acquisito su Internet un tipo di fama imprevedibile e molto probabilmente indesiderata. Per la prassi nata dal bisogno di riuscire a procurarsi e trasportare privatamente un carico di alto valore nel modo più efficiente immaginabile. O più pericoloso immaginabile. Poiché una bombola non è soltanto un recipiente metallico riutilizzabile e per questo, il tipo d’investimento che si ripaga da solo. Bensì parte di una serie di processi industriali ben precisi, che comportano la compressione di un gas a molte volte la pressione dell’atmosfera, facilitandone la trasportabilità e stoccaggio all’interno di un’umana dimora. Laddove nel momento in cui si rinunciasse a tale approccio, una quantità per uso personale di quei fluidi risulterebbe molto più ingombrante. Ma anche, leggera. È il principio, a ben pensarci, del dirigibile nonché il principio di QUESTI dirigibili della lunghezza di due o tre metri, il diametro di uno, trascinati per la strada da bambini e adulti che ritornano con entusiasmo sulla via di casa. Poiché non c’è maggior soddisfazione di chi ha trovato il metodo per affrontare i casi della vita. E continua a viverla, imperterrito, scegliendo d’ignorare ciò che è fuori dal catalogo delle questioni risolvibili al momento. D’altra parte il tipo di sostanza al centro di questa nuova categoria di video virali non è il più incendiabile e comprimibile gas metano, bensì un tipo di miscela a base di propano e butano, chiamata LPG, non tossica, non corrosiva e priva del terribile piombo tetraetile, pur risultando altrettanto combustibile nel caso di scintille inopportune o colpi di calore improvviso. Il che non può prescindere da un certo numero di rischi, come esemplificato dagli almeno 7 incidenti registrati nel corso dell’anno nei pronti soccorso locali, tutti relativi a persone più o meno gravemente ustionate. Ma nessuna palazzina rasa al suolo perché come dicevamo, c’è ovviamente un limite alla compressione raggiungibile da un fluido entro la versione sovradimensionata di una busta per la spesa…

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Le imperiture cronache filippine dell’uovo di sale

Un solo luogo, un solo scopo, la perfetta comunione tra gli intenti e l’opportunità. Così la netta distinzione tra uovo e gallina cessa di avere importanza, quando entrambi gli elementi sono parte di un singolo flusso di lavoro, e la seconda può essere sostituita dall’immagine largamente metaforica di un vero dinosauro delle Filippine. Una di quelle creature, nonostante tutto in bilico tra la realtà paleontologica e la fantasia fanciullesca, capace di offrire un ampio spazio per fantasia ed al tempo stesso pratici supporti concettuali, a produzioni dell’artigianato che sarebbero altrimenti assai difficili da contestualizzare. Vedi il caso dell’asìn tibuok o sale “intero”, una definizione che stavolta non deriva dal corredo di sostanze nutritive contenute all’interno, bensì l’implicita capacità di un simile ingrediente capace di presentarsi a guisa di un oggetto di una certa solida entità indivisa. Come un sasso plasmato dallo scorrere delle acque o per tornare all’accostamento maggiormente amato, la capsula deposta da un teropode saurisco, occhi sporgenti e fauci semi-aperte per ghermire l’ecosistema degli albori. Anche grazie alla caratteristica modalità di presentarsi, consistente nella pentola spezzata entro cui ha terminato il suo processo di produzione, che il compratore dovrà progressivamente mettere da parte, mentre grattugia progressivamente i granuli del suo preziosissimo contenuto. Il principe dei condimenti e un’importante ausilio alla conservazione, sin dai tempi antichi durante cui le genti dell’isola di Bohol iniziarono a sfruttare una delle proprie imprescindibili prerogative. Non c’è d’altronde alcunché di strano, se un popolo che vive sulle rive del Pacifico impara a estrarre il sodio cristallizzato dall’acqua dell’oceano, laddove esistono molteplici maniere di riuscire a farlo. Inclusa quella, tra le più complesse e distintive, che inizia con l’immersione per diverse settimane o mesi delle bucce di cocco in gradi pozze riempite grazie all’utilizzo della marea. Per poi procedere a spostarle dentro l’officina, dove saranno seccate ed incenerite fino alla creazione di una polvere bianca e sottile: nient’altro che cenere, fondamentale materia prima del processo alla base di quel prodotto. Sebbene non entri in alcun modo nel prodotto finito, essendo piuttosto utilizzata con la mansione di filtro attivo attraverso canne o pratici costrutti di bambù, per ottenere la concentrazione di una salamoia a base di acqua di mare, il cui nome nella lingua dei locali è tasik. Da versare con la massima cautela in grandi recipienti spesso ricavati da sezioni di un tronco, prima di procedere alla secondo capitolo di una filiera strettamente radicata nel terroir dell’arcipelago dei mari d’Oriente…

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Un laser contro il magma, per anticipare il drastico risveglio dei vulcani

Ha fatto notizia, più volte nel corso degli ultimi anni, il percorso di approfondimento compiuto dalla vulcanologa dell’Università del Queensland Teresa Ubide Garralda, studiosa incline a investire i propri sforzi nella ricerca del sistema, lungamente giudicato una chimera, per riuscire in qualche modo a prevedere l’insorgenza e le modalità di un’eruzione vulcanica. E con ottime ragioni, vista la quantità d’insediamenti umani nati attraverso i secoli e millenni sotto le pendici di quel tipo di massicci montuose, pericolose valvole di sfogo dell’implacabile mare di fuoco che scorre sotto i nostri piedi. Un tipo di approfondimento scientifico, quest’ultimo, che prende vita dallo studio di fenomeni del tutto naturali e proprio per questo, dipendente dall’incontrollabile verificarsi dell’ennesimo potenziale disastro mai annunciato. Così nel 2018, lavorando sulle pendici dell’Etna, ella ebbe l’occasione di raggiungere un più elevato livello di comprensione dell’attività magmatica mediante l’osservazione approfondita dei minuscoli cristalli o microcrysts contenuti nel magma siliceo, destinato a scorrere sulle pendici una volta liberato nell’atmosfera il gas che l’ha portato ad emergere in superficie. E di nuovo ad osservare, all’inizio di quest’anno, il comportamento e la composizione del melt (roccia semi-liquida) fatta scaturire dal pericoloso vulcano neozelandese Taranaki, una possibile nuova strada di approfondimento verso l’acquisizione di dati storici in merito al comportamento di un tale sito, luogo di una potenziale catastrofe pliniana degli anni a venire. Il che ci porta alla svolta di questo particolare sentiero della conoscenza, compiuta in tempo per la pubblicazione soltanto nella scorsa settimana della nuova prospettiva ottenuta durante il periodo di disastrosa attività effusiva del Cumbre Vieja nelle isole Canarie, durata 85 giorni tra il 19 settembre e il 13 dicembre del 2021, consistente in copiose colate laviche capaci di causare danni a 1.000 ettari dell’isola di La Palma e con essi 3.000 edifici costruiti dall’uomo. Benché offrendo l’opportunità, per la sua progressione relativamente lenta, di evacuare la popolazione finendo per costare la vita solamente ad un singolo, sfortunato individuo. Un’opportunità particolarmente rara d’altra parte, in funzione della sua lunga durata, per comprendere l’evoluzione di questi fenomeni nel tempo ed impiegare nuovi approcci utili a comprenderne i segni rivelatori. Come ampiamente delineato nello studio della Dott.ssa Ubide assieme alla sua equipe internazionale, che in questo frangente ha scelto di mettere in campo un nuovo tipo di strumento nella guerra conoscitiva delle scienze applicate al più temuto dei disastri provenienti dalle remote profondità terrestri. Niente meno che la luce stessa, concentrata grazie a un fascio di fotoni dritta verso il punto e nesso principale della problematica di rilievo…

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Le dure leggi della strada dalla cabina di un autocarro a vapore

A quei tempi nei cantieri, nelle fabbriche e all’interno dei centri di smistamento, c’era una figura professionale che soleva mettersi all’opera con largo anticipo, di fino a due ore rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi. Costui era un addetto ai mezzi di trasporto, ma non colui che si sarebbe ritrovato ad impugnare il volante. Bensì l’ingegnere o fuochista, incaricato d’effettuare il pre-riscaldamento di un motore la cui natura, prestazioni ed elevato grado di complessità sarebbero bastati a indurre un senso di spiazzamento dal punto di vista della società contemporanea. Siamo in effetti entro il primo terzo del Novecento quando il mondo dei motori, meno di mezzo secolo dall’invenzione prototipica dell’automobile di Karl Benz, vedeva la sincretistica coesistenza di avversi e discordanti metodologie di spostamento. Da una parte l’originale propulsione elettrica, affiancata dagli innovativi impianti a combustione interna. E accantonato da una parte, come approccio ormai desueto ma cionondimeno affidabile, nonché funzionale a determinate applicazioni professionali, l’insostituibile potenza del vapore convogliato nella stessa macchina che aveva fatto la Rivoluzione. Industriale o d’altro tipo, in quanto utile a cambiare ciò che uomini determinati potessero eleggere come il proprio obiettivo, grazie alla potenza dei dispositivi costruiti al fine d semplificare le cose. E non soltanto lungo il tragitto, sicuro quanto necessariamente circoscritto, delle serpeggianti ferrovie del mondo. Bensì trovandosi a sfruttare, con modalità ogni giorno più efficienti, quel sottile nastro d’asfalto, che tenendo in base ai casi la destra o sinistra, avrebbe assunto di lì a poco le precise caratteristiche di un concetto di “strada”. Lo scenario è dunque l’Inghilterra, ed il marchio coinvolto la Sentinel Waggon Works Ltd. di Shresbury (Shropshire) creata per l’intento imprenditoriale dell’irlandese Stephan Alley ed il suo socio John Alexander MacLellan. Originariamente in quel di Glasgow nel remoto 1876, prima di trasferirsi 40 anni dopo in una località maggiormente strategica per l’industria entro cui sarebbe diventata inizialmente celebre, relativa alla costruzione di locomotive. Ma il mondo cambiava rapidamente in quegli anni e dovendone tenere conto, a quel punto sarebbe stato irragionevole non allargare gli interessi dell’azienda anche all’ambito progressivamente più rilevante dei veicoli stradali, il cui aspetto all’interno di determinati ambiti era sensibilmente diverso da quello degli autocarri a noi più familiari. A partire dal concetto di trattore stradale, una vera e propria locomotiva con tanto di ciminiera, ma dotata di rigide ruote e rudimentali ammortizzatori, creata per spostarsi sull’asfalto verso le opportune destinazioni. Ed a partire da un simile schema progettuale, l’evoluzione dello steam wagon (o waggon) un tipo di apparato veicolare spinto dalla stessa energia dell’acqua fatta evaporare in una caldaia, benché quest’ultima trovasse posto, in modo indubbiamente ingegnoso, al di SOTTO della cabina di guida. Verso l’ottenimento di un camion dall’aspetto assai più pratico e funzionale, nel suo complesso non dissimile da quanto saremmo predisposti ad osservare fuori dal finestrino di un autoveicolo dei nostri giorni. Benché maggiormente incline, per una vasta serie di ragioni, a vibrare…

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