I buchi neri a imbuto del vulcano che produce il miglior vino delle Canarie

Un paesaggio lunare o marziano, complessivamente frutto della mano dell’uomo: può sembrare una contraddizione in termini, eppure una pioggia meteoritica non è l’unica fonte possibile per una matrice ordinata di crateri dalla circonferenza ripetutamente palese, scavati nella terra nera di un luogo dalle caratteristiche uniche al mondo. Soprattutto quando piante serpeggianti crescono all’interno di quei buchi, verdeggianti e rigogliose, nell’esecuzione di un copione ben preciso e fonte di un vantaggio importante. Amplificando il reddito commerciale, nonché l’interesse turistico, di un’intera per quanto piccola regione abitata!
Con la loro posizione strategica nel punto d’incontro tra le rotte commerciali di Europa, Africa e le Americhe dall’altro lato dell’Atlantico, l’insediamento sulle Canarie di genti provenienti dal settentrione a seguito di spedizioni provenienti da Majorca, Grecia, Genova e Portogallo fu del tutto inevitabile nel XIV secolo, portando gradualmente alla scomparsa dei nativi che le avevano occupate in precedenza. Il clima caldo e secco di tali terre emerse, situate a ridosso della costa del Marocco, dimostrò inoltre molto presto di avere un potenziale inesplorato: la coltivazione di cereali, vegetali inerentemente resistenti e in grado di prosperare nonostante i forti venti che battevano le coste e l’entroterra delle sette isole principali. La parzialmente pianeggiante Lanzarote, quarta per dimensioni dell’arcipelago ma terza in termini di popolazione, diventò un’importante fonte di risorse gastronomiche per tutta l’estendersi della prima Età Coloniale. Le cose, tuttavia, erano destinate a cambiare in un modo esplosivo che avrebbe ricordato all’uomo il suo ruolo poco significativo nello schema generale dell’Universo. A partire dal 1730, quando l’antica origine vulcanica dell’arcipelago si palesò di nuovo, scuotendo per sei anni i vasti campi antistanti la capitale di Arrecife, ma soprattutto ricoprendoli di uno spesso strato di cenere, che i parlanti in lingua spagnola cominciarono a chiamare picón. Scavando febbrilmente per ritrovare la terra fertile al di sotto, la gente scoprì tuttavia come la composizione chimica del suolo fosse stata sostanzialmente alterata, rendendolo di fatto inadatto alla produzione dei sementi precedentemente al centro dell’agricoltura isolana. Seguì un lungo periodo di carestie, che portò una buona parte degli abitanti ad emigrare verso l’Europa ed il Nuovo Mondo. Almeno finché, nel giro di un periodo stimato attorno alla metà di un secolo, la costanza e sperimentazione di coloro che erano rimasti non permise di scoprire un metodo per rendere di nuovo produttiva la terra. Sfruttando quella stessa varietà di vite vinicola, chiamata Malvasia, che il grande Shakespeare aveva menzionato più volte nei suoi drammi, descrivendone il prodotto come un “vino fantastico, capace di profumare il sangue”. Ma a differenza di Tenerife, la principale fonte riconosciuta di tale nettare tra il XVI e XVII secolo, niente era facile a Lanzarote, ed il particolare approccio fu direttamente il frutto di parecchie decadi di lavorìo e sperimentazione, pressoché costanti…

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Voglia di cassava o 100 colpi di machete prima di mettersi a preparare il pane

Come il fuoco incontrollato nei cinque elementi, l’odio è il sentimento nella ruota dei possibili stati d’animo che nella maggior parte delle circostanze non produce ma distrugge, annienta e dispone soltanto le basi, se tutto va bene, per una rinascita futura dallo stato di assoluto annientamento dei fattori esistenti. Non è d’altra parte molto semplice, in determinate circostanze, identificare i chiari segni dell’odio: in questo video dal formato verticale, sufficiente ad identificarlo come materiale di TikTok o Instagram, un “agricoltore” armato del più grosso dei coltelli pare accanirsi con intento distruggente contro un boschetto di alberi sottili. Ma le apparenze come spesso capita possono facilmente trarre in inganno, innanzi tutto perché quelli non sono arbusti bensì dei cespugli alti e sottili. Capite cosa intendo? Siamo di fronte ad una macchia di Manihot esculenta che qualcuno della sua famiglia, o costui in persona, esattamente 10-11 mesi prima si è amorevolmente impegnato a piantare. E adesso senza un briciolo di misericordia, taglia e sradica, smonta un pezzo per volta. D’altra parte appare chiaro il presupposto necessario: non è possibile amare la Manioca, senza devastarne la fondamentale essenza. Si tratta se vogliamo di un tipo di attività agricola piuttosto estenuante. E sgradevole in apparenza. Ma direttamente responsabile come sesta fonte agricola di calorie consumate dalla specie umana. Soltanto noi del cosiddetto Primo Mondo tendiamo normalmente ad ignorarla. E difficilmente Sudamerica, Asia ed Africa potrebbero fare a meno di questa pianta. Poiché, certo: da un punto di vista pratico, qui siamo innanzi al sostituto potenziale di uno dei pilastri irrinunciabili della dieta d’Occidente. Vedi per l’appunto la patata, ma condizionata da un processo produttivo totalmente diverso e una preparazione della manodopera che affonda le proprie radici nell’epoca pre-moderna. A 10.000 anni fa, per essere precisi, quando gli abitanti preistorici del Brasile riuscirono per primi ad “addomesticare” questa pianta complessa. Attraverso iterazioni successive non del tutto frutto dell’intuito, quando si considera come di tutto il vegetale l’unica parte effettivamente commestibile per l’uomo sia la radice principale, composta da 8-9 diramazioni carnose cariche di sostanze nutritive mentre fusto, rami e foglie vengono oggigiorno gettate via nel compostaggio o accumulate al massimo come mangime per il bestiame. Previa processazione necessaria, s’intende, attraverso bollitura o cottura parziale, data la propensione altrimenti dei suddetti animali a transitare rapidamente verso il prossimo stato dell’esistenza. Questo perché la cassava in ogni sua singola parte, che potreste conoscere col nome di manioca (o yuca, con un c soltanto) possiede anche l’innata caratteristica di una quantità notevole di cianuro tra le proprie componenti chimiche interne. Il che significa che consumarla, in condizioni inidonee, può risultare sufficiente a indurre anche nell’uomo condizioni cliniche o semplicemente la morte. Un po’ come nella leggenda gastronomica del fegato del pesce palla…

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I turbamenti cromatici del metallo sottoposto alla tensione elettrolitica incostante

La dura legge del metallo detta regole implacabilmente solide, prive della tiepida clemenza delle cose viventi. Prima regola: un colore resta quello, se pure può essere chiamato tale, essendo meramente grigio, al massimo argentato, soltanto in un caso, oro splendente. Eppure non è certo questo il caso della menacanite, scoperta in natura dal reverendo William Gregor nel 1791, in una valle della Cornovaglia. E in seguito ribattezzato con il nome dei più imponenti titani mitologici, ad opera del tedesco Heinrich Klaproth: titan, titanium, titanio. Leggero, resistente, reattivo. Sia con elementi prossimi nella sua stessa sezione centrale ed a sinistra della tavola periodica, che altri non direttamente collegati, vedi l’O(ssigeno) che permea l’atmosfera del nostro stesso pianeta. Il che significa, nelle sgradite contingenze, che il suddetto può essere soggetto ad arrugginimento. Ma significa anche molte altre cose. Poiché ciò che non può dirsi, da ogni punto di vista, del tutto inerte non può essere del tutto privo di quella scintilla dell’esistenza, che in maniera metaforica siamo inclini a definire “vita” ovvero il regno dei sublimi mutamenti. Anche qualora siano indotti, con tecniche specifiche, tramite fattori ed intenzioni esterne. Ah, la contingenza elettrica: potere indotto tramite l’eccitazione delle particelle, moto d’attrazione e repulsione in alternanza o del tutto contemporaneo, l’origine di un ricco repertorio di processi. O come in questo caso, la fine pratica ed incontrovertibile di altri. Avete mai provato, per esempio, a intingere il terminale ritorto in fil di ferro di un assemblaggio di batterie all’interno di una bacinella conduttiva, entro cui siano stati immersi preventivamente dei bulloni, anelli o altri componenti del metallo figlio poetico di Oceano, Giapeto ed Iperione? Certamente avrete in quel momento visionato con i vostri occhi quel fenomeno, che in tempi meno tecnologici vi avrebbe messo di traverso ai promotori dell’incessante processo per stregoneria e delle arti oscure. Mentre la chincaglieria in questione diventava, in un progressivo florilegio di stupore e meraviglia: viola, azzurra, gialla, rosa, fucsia, verde opalescente e sul finire del fenomeno pomeridiano, nera come un lucido carbone ultramondano. Ancorché non sia del tutto necessario che un arcobaleno simile incontrasse il proprio termine eminente. Poiché continuando ad aumentare la tensione, sempre che vi fosse stato possibile nello scenario della nostra delicata ipotesi pre-moderna, la sequenza di colori avrebbe ricominciato da capo… Certo: questa è la terza regola dell’anodizzazione. Ove la prima è non parlare mai dell’anodizzazione. Per condurci alla seconda, tradizionalmente posta in forma di domanda ovvero, come diavolo funziona esattamente, l’anodizzazione?

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La seta che raggiunge l’apice della perfezione assorbendo il fango di un fiume cinese

Nero & marrone: i colori fondamentali della terra, interconnessi vicendevolmente così come si richiamano alla notte, le tenebre, il silenzio. Come le ali di falene del gelso mai venute al mondo, poiché immerse, con l’intero bozzolo, all’interno di una pentola assassina. Una morte dall’elevato tenore di spietatezza che corrobora il risuona nel profondo spirito di chi comprende in linea di principio l’empatia, ma pur sempre in grado di costituire il punto di partenza per qualcosa di meraviglioso: sīchóu (丝绸) la seta, etimologicamente “un doppio filo avvolto” sul telaio, per costituire il tipo di tessuto più pregevole in una vasta serie di circostanze. Ma se tutto questo fosse il punto più elevato del processo, semplicemente uccidere un insetto, dubbi potrebbero venire espressi sull’ingegno di chi ha messo in opera quel modus operandi, così come ogni altro compito portato a compimento dalle mani umane, nel suo particolare modo, tende a rivelare l’intento e l’ambizione di colui che intende perpetrarne lungamente l’impiego. Traendone profitto, certo, ma anche dando un senso a quel metodo artistico che può costituire, in ogni campo ed ambito culturale, un’importante parte della vita delle persone. Ancorché vi sono modi per esprimerlo, diversamente condizionati dall’ambiente di provenienza, che soltanto in modi o con approcci specifici, possono portare a compimento l’idea. Uno di questi: lo Xiangyunsha, un termine di marketing creato all’inizio del secolo scorso, che fa tuttavia riferimento ad una tecnica più vecchia di mille anni, traducibile a seconda degli ideogrammi usati per scriverlo come “seta che canta”, “seta fragrante” o “nube di seta profumata”. Così creata in origine, con approcci non dissimili da quelli odierni, secondo una leggenda ad opera dei pescatori di un certo corso d’acqua cinese, che sporcandosi accidentalmente gli abiti col fango del fondale di quest’ultimo scoprirono che questi rimanevano da quel momento incapaci di aderire alla pelle, idrorepellenti e per di più immuni all’accumulo di sporcizia. Un aneddoto effettivamente derivante della regione del delta del fiume delle Perle, nella provincia del Guangdong, l’unico luogo dove giungevano a convergere una serie d’importanti tesori! Il primo, un’industria già fiorente nella produzione del tessuto morbido e leggero per eccellenza. Il secondo, il passaggio di un fiume ragionevolmente libero da agenti contaminanti ed anche per questo l’accompagnatore di un limo speciale. Il terzo, ampi prati erbosi in prossimità degli argini, una condizione non meno imprescindibile per dare l’espressione a questa particolare tipologia di progetti tessili e tutto ciò che tende a derivarne. Per non parlare della capacità d’importare un certo frutto, o per meglio dire tubero creato dalla terra, prodotto principalmente collegato a determinate regioni del meridione asiatico, come Indonesia e Malesia…

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