Prendi un pesce, un animale in grado di nuotare libero nella colonna acquatica ma che appartenga ad una specie sufficientemente piccola da intrufolarsi da un pertugio all’interno di una vasta caverna. Tale creatura degli abissi, avvicinandosi da una precisa angolazione, potrà imbattersi nella nascosta strozzatura che si trova sul fondale dell’Atlantico in una località molto particolare. Discendendo assieme al flusso delle sabbie nel serbatoio di clessidra situato sotto l’elegante volta di un “secondo” fondale. È la stanza decentrata, in altri termini, di un salone in cui si allarga il tunnel lungo 1,6 Km, punto di giacenza della significativa quantità di sabbia proveniente dal mondo di sopra. Sopra questa duna occultata alla luce solare, scheletri dei suoi fratelli, infiorescenze di diatomee che oscillano nella perenne oscurità e piccoli crostacei senza occhi. Incapaci o senza l’intenzione di esplorare a fondo l’unico sentiero per evadere da questo luogo che per tanto tempo aveva portato a interrogarsi gli uomini di superficie. Finché qualcuno, dimenticando il senso implicito di diffidenza, decise di lasciarsi alle spalle la costa. Procedendo con un impeto possente là dentro e verso il basso, l’avventura, l’ignoto.
Famosa per le ampie spiagge, il clima caloroso e il forte vento particolarmente amato dai surfisti appassionati al moto ondoso dell’oceano circostante, l’isola di Lanzarote è la quarta terra emersa per dimensione e terza per popolazione delle Canarie, arcipelago a largo dell’Africa settentrionale facente parte come territorio autonomo della Spagna. Ciò che in molti tendono a mettere in secondo piano, nella sua diversificata offerta di attrazioni e punti di riferimento, è la remota origine dell’elevato massiccio alto 600 metri di Corona, qualificato in lingua locale come malpaise in quanto frutto di un’emissione lavica risalente all’apice del periodo Quaternario, all’incirca 21.000 anni fa. Fu al di sotto del livello del terreno e in epoca coéva, tuttavia, che il principale contributo dell’attività vulcanica ad esso collegata riuscì a lasciare un segno paesaggistico del tutto privo di equivalenze. Quando la rapida ed incandescente colata magmatica, discesa lungo il fianco della montagna, scese a una velocità tale da fondere la terra stessa ricavandone un canale degradante che scendeva verso le remote profondità sotterranee. Finché al raggiungimento della costa marina, fece esplodere l’umidità salmastra in un tripudio di vapore incandescente, arrestandosi finalmente a molti metri sotto il livello del più vicino territorio emerso. Fu quindi nei millenni successivi, con il cambiamento della situazione climatica terrestre, che il livello delle acque cominciò a salire…
Raro caso di una grotta creata in giorni se non ore, piuttosto che i millenni di reazioni chimiche necessarie ai processi chimici del carsismo, quello che prende oggi il nome di Tunnel de la Atlantida (letteralmente “di Atlantide”) rientra dunque nella categoria dei tubi lavici, la cui forma vede il raffreddamento graduale delle pareti esterne mentre il materiale all’interno, più caldo, continua a scorrere finché non incontra roccia inamovibile o un altro tipo di barriera pre-esistente. Ciò che lo distingue ulteriormente tra le altre occorrenze di eventualità paragonabili, tuttavia, è il fatto di essere sommerso per la maggior parte della sua estensione, causa l’estendersi lungamente oltre i confini sopraelevati di un’isola relativamente piccola come quella di Lanzarote.
Lungamente noto agli abitanti del posto come un’apertura misteriosa in prossimità della costa, nonché proseguimento della famosa Cueva de los Verdes trasformata in luogo di svago e ristoro per i turisti, esso non sarebbe stato esplorato estensivamente fino al 1972, quando i sub fratelli Guerra raggiunsero per la prima volta i 375 metri di distanza dall’ingresso semi-sommerso della galleria. Scoprendo un mondo straordinario dalla vastità insospettata, paragonabile per dimensioni ad una rete metropolitana moderna, le cui pareti svettanti proseguivano in linea retta rivelando una serie successiva di meraviglie. Le superfici rese irregolari dall’intenso calore dei secoli sopìti, e gli speleotemi costituiti dal residuo delle emissioni stromboliane del vulcano Corona, all’epoca compenetrate negli strati superiori del flusso magmatico di superficie. Fino al bivio verticalmente disposto, verso il lago sotterraneo Escondido, dov’era possibile riemergere temporaneamente e prepararsi ad un’esplorazione maggiormente approfondita. Ci sarebbero voluti, tuttavia, ulteriori 11 anni e fino al 1983 affinché un team di speleologi sommozzatori provenienti da Madrid raggiungesse i 1.570 del tratto quasi completo del tubo, catalogando approfonditamente la flora e fauna di questo ambiente altamente insolito e particolare. Scorgendo l’occorrenza di un ecosistema suddiviso in strati sovrapposti, sulla base dei punti prossimi al fondale marittimo dove aperture di varie grandezze permettono a piccole quantità di luce di penetrare. Tutt’altro che ignoto, inoltre, il caso di specie totalmente endemiche e precedentemente sconosciute alla scienza, come i vermi della famiglia dei nerillidi individuati a 1.000 metri dall’ingresso da un team di subacquei dell’Università del Texas nel recente 2008. La cui sopravvivenza, garantita da una situazione di equilibrio estremamente delicata, è stata garantita fino ad oggi dal severo divieto di accesso alla caverna ai meri esploratori occasionali, senza l’appropriata autorizzazione governativa del Cabildo de Lanzarote, per la ricerca scientifica o divulgazione documentaristica del contenuto della caverna.
Il che non ha impedito nel frattempo all’intraprendente popolazione locale di trarre beneficio dalla parte emersa del tunnel in prossimità della costa, che oltre alla già citata Cueva de los Verdes (dal nome della famiglia originariamente proprietaria del distretto) include il cosiddetto Jameos del Agua, spazio di arte, cultura e turismo costruito nel 1966 sulla base di un progetto del rinomato artista César Manrique, attraverso un lungo e laborioso periodo di 10 anni. Il cui letterale gioiello della corona è un auditorium con capienza di 1.000 persone, scavato direttamente nella nuda roccia lavica del sottosuolo, comunemente utilizzato per concerti e presentazioni di variegate tipologie. Percorrendo la linea sottile dell’equilibrio tra uomo e natura, piuttosto che lo sfruttamento problematico di territori generati da contingenze irripetibili, la cui occorrenza definisce e qualifica l’intrinseca natura della Terra stessa.
Peccato soltanto che al termine di quel chilometro e mezzo il tunnel s’interrompa, lasciando incompleta la leggenda apparentemente collegata all’origine del suo nome carico di significato. Giacché l’eterna ricerca della perduta città sommersa di Atlantide, di cui tanto parlarono gli antichi filosofi, avrebbe potuto trarre significativo beneficio da un tragitto accessibile mediante i pratici sistemi ferroviari dei nostri giorni. Laddove un passaggio che ha tratto la genesi sopra il livello delle acque non può certamente estendersi in totale autonomia, senza nessun tipo di autorizzazione, oltre i confini legittimi del regno sommerso del dio barbuto.