La strategia del ponte mobile che agevola il rifacimento dell’autostrada

Quest’oggi percorrendo la statale A1 che collega Recherswil e Luterbach in direzione Zurigo, l’automobilista medio noterà di essere al cospetto di una serie d’insolite circostanze. Quando la carreggiata, restringendosi di qualche dozzina di centimetri, vedrà la comparsa improvvisa di un guard rail addizionale. Andando incontro a una salita di cui nessuno sembrerebbe avere memoria. Ma la forma del paesaggio non è forse la costante più invariabile di un mondo in cui ogni cosa è percepita in divenire? Come può cambiare all’improvviso e senza alcun tipo di ragione visibile, l’altezza del suolo? Queste le domande che il nostro protagonista ipotetico potrebbe porsi partendo da un distratto insieme di presupposti, a patto di: A – Non aver letto né sentito alcun tipo di notiziario relativo a ciò che accade nel canton Soletta. B – Essersi dimenticato di notare l’estensiva segnaletica nei precedenti 2 o 3 Km prima del dipanarsi del fenomeno inspiegato. Confluenza di fattori, questa, in grado di causare un’ampia gamma d’imprevisti e tutti problematici, specialmente dal punto di vista di coloro che si trovano, sul posto di lavoro, maggiormente collegati alle fortune o gli imprevisti che tendono a verificarsi su un qualsiasi tratto di strada. Poiché a ragion veduta, è proprio di questo che stiamo parlando: sotto il tratto sollevato del tragitto, adesso e per i prossimi due mesi, albergano persone. Il cui compito è donare al campo delle infrastrutture quell’occasionale patina di novità, mera conseguenza dell’opportuna manutenzione consistente in questo caso nel rifacimento del manto stradale. Che per sua natura è un tipo di concetto bi-dimensionale, in grado perciò di permettere soltanto la conduzione esclusiva di utilizzo, o quel ripristino capace di causare gran disagi e ingorghi senza soluzione di continuità. Dal che l’idea, venuta presumibilmente all’USTRA (Ufficio Federale delle Strade) di modificare fondamentalmente la costellazione delle aspettative interconnesse a questo genere d’operazione. Installando per il tempo necessario l’effettiva equivalenza di una strada secondaria soprastante alla prima. Del tutto utilizzabile, da parte di decine di migliaia di veicoli al giorno. Se la domanda totalmente lecita è a questo punto il come, la risposta non potrebbe essere più semplice e diretta: mediante l’uso di un viadotto temporaneo di 280 metri posto in essere nel giro di un singola notte, un po’ come i ponti mitologici citati in tante storie medievali sui malcapitati accordi con le potenze infernali. Ma l’ingegneria, se pure ha un prezzo da pagare, non lo trova soddisfatto nel prelievo delle anime bensì attraverso ore di progettazione, perfezionamento e più di un’iterazione sperimentale imperfetta. Che permette di far risalire l’essenziale origine della vicenda ad esattamente un paio d’anni fa, quando la stessa strada in un diverso tratto venne sottoposta a questo stesso trattamento, con risultati che difficilmente potremmo scegliere di definire come propriamente “eccelsi”…

Il ponte ASTRA dunque, questo il suo nome (non è chiaro se si tratti di un acronimo e di cosa) è la risultanza pratica della collaborazione di una lunga serie d’aziende europee sotto l’apparente supervisione con partecipazione statale del Marti Group di Urtenen-Schönbühl, Svizzera. Ivi incluse la Cometto francese per la parte della motorizzazione tecnica e l’italiana Tozzo come principale contractor delle operazioni di ripristino del manto stradale propriamente dette. Il suo funzionamento costituisce un singolare esempio di perizia funzionale coniugata a soluzioni di forza bruta del problema pratico che ne ha favorito l’effettiva conduzione pratica a coronamento. Con le due rampe e tratti derivanti composti essenzialmente da una coppia di lunghi veicoli ciascuno, dai molti assi veicolari intervallati da possenti piloni ritraibili. Per cui una volta raggiunto a passo sostenuto il punto pre-determinato, i secondi scenderanno stabilizzando i primi, mentre il personale specializzato si occuperà di allineare e interconnettere le rispettive metà risultanti della nuova sopraelevata con una larghezza complessiva di 10 metri. Mentre la parte centrale di quest’ultima, in maniera particolarmente insolita, verrà posta in essere mediante l’interconnessione di una serie di pezzi o “fette” intermedie, a loro volta in grado di spostarsi individualmente, pur essendo trasportate a destinazione normalmente tramite l’impiego di autoarticolati dai pesanti pianali di trasporto. Che l’insieme di un simile serie di meccanismi, senza l’impiego di gru, bulldozer o altri apparati di supporto, possa dunque consentire l’allestimento di un’opera infrastrutturale non meno imponente o stabile della sua equivalenza normalmente del tutto incapace di spostarsi è un risultato che può dirsi largamente degno di studio. Giacché non esistono, fuori dalla Svizzera, dei precedenti degni di menzione, per lo meno che fossero in grado di offrire un gran totale di 100 metri per la lavorazione ininterrotta, prima di procedere allo spostamento longitudinale verso il successivo tratto oggetto delle operazioni procedurali. I vantaggi offerti sono dunque molto, è significativi. Innanzi tutto perché permettono alle imprese della viabilità di lavorare di giorno, invece che di notte, aumentando conseguentemente la rapidità e praticità nella realizzazione del progetto. Per non parlare dell’aumento conseguente di sicurezza, senza dover più tenere d’occhio l’eventuale arrivo di automobilisti confusi, in grado di urtare i macchinari o mettere in pericolo le vite delle persone. Ma soprattutto il beneficio più importante del ponte ASTRA dovrebbe essere, almeno in linea di principio, l’eliminazione degli ingorghi in entrambe le direzioni risultanti dalla parziale chiusura di un simile tratto di strada, con intere corsie prese in prestito anche dall’altro lato della carreggiata per l’intero estendersi delle operazioni, in grado di durare dei mesi. Ed è qui che occorre necessariamente usare il condizionale, poiché come accennato poco sopra, nell’originale sperimentazione del sistema nel 2022 i risultati si erano rivelati purtroppo tutt’altro che soddisfacenti. Questo perché gli utilizzatori, volenti o nolenti, del ponte si trovavano improvvisamente a frenare sull’inizio della rampa, molto al di sotto del limite di velocità consentito di 60 Km/h, nell’apparente assenza di fiducia in merito alla solidità dello stesso, o in certi casi una ragione ancor più pratica: il timore che le rampe di accesso, inzialmente troppo ripide, potessero danneggiare la parte sottostante di propri preziosi mezzi di trasporto. Da qui l’addolcimento del gradiente implementato prima dell’impiego a cui stiamo assistendo oggi, per non parlare dell’aggiunta di segnaletica dinamicamente aggiornata in merito ai tempi di percorrenza medi del tratto di autostrada temporaneamente sopraelevata, piuttosto che le lunghe strade alternative nella campagna del cantone. Con dei risultati che al momento appaiono migliori, benché sia probabilmente troppo presto per raggiungere una conclusione di tipo più duraturo.

La strategia del ponte mobile è dunque ricca di potenzialità letteralmente inesplorate, sebbene la sua applicazione ideale appaia estremamente specifica, al punto da lasciar pensare a particolari luoghi e metodologie d’impiego, necessariamente prossimi al suo luogo di concepimento ed assemblaggio iniziale. Difficile d’altronde trasportare una tale serie di pesanti veicoli attraverso strade tortuose o di montagna, dove d’altronde la linea necessariamente diritta dell’ASTRA non riuscirebbe a trovare spazio sufficiente a dare sfoggio della sua praticità funzionale. Impossibile anche l’impiego per quei tratti di strada dove getta l’ombra la struttura di un cavalcavia, il soffitto di un tunnel o qualsiasi altro oggetto soprastante, a meno d’imporre limiti sensibili all’altezza massima dei veicoli che dovranno percorrerlo. Un’impossibilità nella realtà dei fatti ed un rischio notevole per la sicurezza, come potrebbero attestare i molti fan su Internet delle devastanti casistiche interconnesse al celebre ponte 11 feet 8 inches, alias Norfolk Southern-Gregson Street Overpass, alias l’Apriscatole, per la ben nota propensione a scoperchiare i mezzi alti, di passaggio dolorosamente incapaci di notare ogni tipo di segnale, luce lampeggiante o avviso a fare marcia indietro prima dell’impatto finale. Il che permette di ragionare, inerentemente, sull’utilità di una struttura come quella Svizzera, che di contro riesce ad essere a tutti gli effetti fool-proof (a prova di sciocco) poiché cerca di essere percepibile dagli utilizzatori come un tratto di strada del tutto indistinguibile da quelli normalmente presenti. Il che non risulta sempre semplice, né in alcun modo scontato. Ma la tecnologia può compiere miracoli, quando la forza che la guida è un approfondito ed informato ragionamento.

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