Il sogno digitale della belva da un milione di pseudopodi

Perennemente in agguato ai margini del campo visivo i lupi attendono il momento di varcare il grande flusso delle informazioni. Comparendo, con la ritmica movenza delle loro zampe, al centro dell’inquadratura dei nostri monitor, finestre preoccupanti verso un mondo carico di forme prive di un significato del tutto chiaro. Questi esseri d’altronde, questi canidi incorporei senza coda né una testa propriamente definita, possiedono all’interno la scintilla dell’ibridazione delle forme, comune al grande tomo delle bestie fantastiche come al bestiario mitologico del Medioevo. Quel quantum ponderoso, l’origine profondamente insostanziale, che taluni sono soliti chiamare “il sonno” della ragione. Non c’è un granché d’onirico, d’altronde, nell’esempio di super-carnivoro (o iper-erbivoro agguerrito?) che ha recentemente ricevuto una porzione non indifferente dell’attenzione collettiva di Instagram, mentre deambulava in quella che poteva sembrare al primo sguardo una foresta da caratteristiche per nulla inusitate. Fatta eccezione per il piccolo dettaglio della “cosa” che si aggira in mezzo agli alberi, un quadrupede sinuoso, chiaramente predatorio, dall’aspetto morbido e possente, stranamente flessibile nella sua armonia incombente. La testa priva di occhi come un quella di un lombrico, le ali che ricordano in effetti delle pinne per uso sottomarino, a meno di voler usare come termine di paragone gli angeli mostruosi descritti nell’Apocalisse dell’apostolo Giovanni. Gli arti, la schiena, la coda ricoperti da molteplici… Tentacoli, del tipo che associamo in base a immagini pregresse al corpo frutto dell’evoluzione dei miriapodi o dei vermi abissali. Così come possibilmente fatto dal creatore consapevole di tutto questo, nient’altro che il celebre artista digitale, scenografo, animatore di origini tedesche Tobias Gremmler. Un vero e proprio gigante nella storia delle arti visuali contemporanee, attivo fin dagli albori di questo ambito negli anni ’90, condotte nel qui presente breve esperimento su Internet fino ad una delle sue iterazioni più estreme. Come palese per chiunque abbia già conosciuto o immesso ad oggi dei mandati all’attenzione dell’intelligenza artificiale, intesa nel presente caso come il nuovo trend dei generatori d’immagini al servizio del pubblico divertimento immaginifico (e non solo). Il cui occhio probabilmente non esiterà nel riconoscere talune corrispondenze metodologiche soglia del possibile ed aspetto del prodotto visuale finale. Possibile che la mente artificiale abbia dunque, in questo caso, elaborato dei concetti oltre che i meri vertici della figura digitalizzata in tre dimensioni? Ogni mistero ha una risposta ma, come sappiamo molto bene, necessità per prima cosa di essere appropriatamente contestualizzato…

Particolarmente interessanti nella produzione di Gremmler risultano essere i suoi studi concentrici ed iterativi sul movimento umano, basati a seconda dei casi sui gesti di un direttore d’orchestra, di un praticante di arti marziali o il calciatore al centro di una pubblicità sportiva.

Potrà sembrare riduttivo in effetti a chi conosce il nome del creativo oggi impiegato come professore associato all’Istituto delle Arti Digitali di Hong Kong, approcciarsi alle sue oltre tre decadi di produzioni da un video pubblicato fuori da progetti specifici sui suoi canali online, rientrando nella sotto-categoria dei progetti autogestiti, possibilmente da mostrare ufficiosamente a un futuro committente dei suoi lavori. Così come potrebbe esserlo, allo stesso modo, avviarsi per conoscerlo dalla punta di un qualsiasi tentacolo della piovra che costituisce il corpo multiforme dei suoi lavori, iniziati in un’epoca in cui l’opinione comune, dal lui stesso citata, era che aggiungere un proiettore per le scenografie teatrali avrebbe trasformato tale arte in una costola del cinema contemporaneo. Prima che le straordinarie possibilità offerte da una simile premessa venissero effettivamente declinate, da letterali migliaia di suoi colleghi, su un’onda che lui stesso aveva contribuito a mettere in movimento. Assieme agli infiniti arti, corpi kinematici e figure o più o meno astratte entrate gradualmente a far parte della sua poetica, perfettamente capace di adattarsi allo stesso tempo ad un’esibizione della London Orchestra, una piéce teatrale lirica o l’arte drammaturgica frutto dell’antica tradizione cinese. Particolarmente celebri negli ultimi tempi, volendo avvicinarsi al contesto contemporaneo, hanno saputo rivelarsi creazioni come l’installazione artistica digitale Fields alla Biennale di Venezia del 2022, popolata di strali di luce fatti derivare dalle arcane movenze d’imprecisati ballerini antropomorfici, codificati in base alla precisa aritmetica di un algoritmo computerizzato. Piuttosto che la rinomata collaborazione con la cantante islandese Björk, per scenografie animate del suo tour Cornucopia, capace di riscuotere un notevole successo a partire dai primi mesi del 2023. In cui la stella del Pop contemporaneo viene a sua volta sovrastata da una fantasia di corpi umani mutanti e interconnessi tra di loro, apparentemente trasportati dall’estasi della musica e ogni altra cosa che ciò comporta. Figure in grado di trasformarsi, con eguale semplicità procedurale, in fiori, cascate, montagne. Ed è proprio questa particolare tematica dell’animazione visuale iperrealistica, declinata in un tripudio d’inquadrature che si sovrappongono generando vie d’accesso verso l’imponderabile, a ricorrere frequentemente nelle sequenze scaturite dalla mente dell’autore, tra i più rinomati in così diversificato ambito di applicazione multimediale. In cui la specializzazione può essere talvolta un punto debole, di fronte all’eclettica necessità di dare un corpo alla fantasia comune della grande mente globalizzata post-moderna, da sempre e in ogni attimo alla ricerca di un formidabile percorso all’indirizzo della catarsi. La nemesi, in altri termini, di qualsivoglia paradigma cristallizzato nei suoi fattori impliciti di risultanza.

In questa scenografia animata per un’opera musicale del premiato regista Tim Yip, Gremmler utilizza il profondo significato simbolico del bambù nell’iconografia asiatica per dare vita ad una fantasia di corpi, anticipando una gloriosa manifestazione della Dea celeste finale. Possibile che si tratti della Nüwa taoista, oppure il bodhisattva Guan Yin?

Che il genio sia effettivamente fuoriuscito dalla bottiglia non può che essere, d’altronde, evidente. Con l’impressionante quantità di repost e discussioni generate online dal video mostruoso d’apertura, intitolato da Gremmler semplicemente “In the Wilderness” (Nella natura selvaggia) e che in molti sembrerebbero aver preso, per gioco oppure d’istinto, come la ripresa di un qualcosa di materialmente esistente. Al punto da richiedere, inaspettatamente, la surreale trattazione all’interno dell’occasionale sito di debunking, con tanto di analisi formale dei singoli frame di sequenza!
E chi siamo dopo tutto noi, esseri forse (troppo) razionali, per bloccare sul nascere le fantasie di chi ha bisogno e voglia al tempo stesso di sognare. Per dare nella misura formalmente possibile una forma alle creature tanto spesso individuate e caratterizzate come una deriva inconscia della pareidolia. La tendenza a vedere volti dove non ce n’è nessuno. O perché no: arcani protocanidi dai mille o più piedi, nell’immaginifico tirato fuori dal suo contesto d’applicazione predeterminato. In mezzo alle distanti luci, ed altrettanto tangenziali ombre, delle forme geometricamente illogiche finalizzate a incorniciare il presente.

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