L’atletico miriapode, piccolo Leviatano fluttuante dei mari

Una scoperta di natura pratica ed interessante nei trascorsi rilevamenti effettuati dai ricercatori dello MBARI, Istituto di Ricerca dell’Acquario di Monterey Bay: la maniera in cui un piccolo vermetto traslucido non più lungo di 4 cm e poco diverso da un contenitore di gelatina ed organi di dimensione quasi microscopica, riuscisse a superare abbondantemente in velocità i loro droni telecomandati sottomarini. Curvando agilmente, disegnando archi eleganti nelle oscure profondità sommerse e in generale come si trattasse di un diafano canovaccio trasportato via dal vento. Una notevole prova di adattabilità e forza, quella dimostrata agli osservatori dei Tomopteris o gossamer worms (dalla parola desueta in lingua inglese che significa “stoffa leggera” o “ragnatela”) prodotti dell’evoluzione configurati al fine di occupare una specifica nicchia ecologica nella colossale colonna vuota che si trova situata tra la superficie ed il fondale di tutti gli oceani della Terra. Nelle plurime accezioni delle loro oltre 70 specie differenti, dissimili sotto parecchi aspetti ma del tutto indistinguibili per quanto concerne il loro aspetto maggiormente caratterizzante; l’inclinazione al funzionale movimento ondulatorio, che permette loro di spostarsi in tutti gli assi contemporaneamente, alla ricerca della loro fonte di cibo principale. Altri esseri minuti, uova e particelle che compongono la massa planktonica, aspirati grazie al cappuccio orale espandibile nella parte frontale. (Cos’altro mai potrebbero mangiare, all’interno del vasto spazio vuoto di appartenenza?) Formalmente parte della classe di vermi anellidi denominati policheti, questi predatori relativamente imponenti possiedono dunque un tratto distintivo molto importante: la maniera in cui a seguire dal primo segmento, dotato di grandi antenne puntate ai lati, ciascuno di quelli successivi presenta un paio di pseudopodi con la forma approssimativa di una lettera “Y” capaci di cambiare grazie ai muscoli la propria forma. Il che tratteggia essenzialmente la portata del fondamentale segreto, che li rende capaci d’implementare uno stile di nuoto paragonabile a quello impiegato dagli umani. Ma moltiplicato per le due dozzine di arti possedute in media da questi animali, mentre si agitano da un lato all’altro contribuendo ulteriormente ad insinuarsi attraverso il fluido del proprio ambiente. Là, dove nessuno sembra in grado di raggiungerli tranne qualche pesce particolarmente percettivo…

Il vantaggio del movimento metacronico o metacronale del verme è la sua funzionalità apparentemente invariata, qualunque sia la direzione scelta di volta in volta. Potendo fare affidamento sulla varabile forma degli pseudopodi al fine di ottimizzare il ritorno dell’investimento dell’energia.

Formidabili protagonisti di un vasto catalogo videografico su Internet, i vermi diafani hanno quindi costituito anche la base di uno studio kinematico (relativo al movimenti) pubblicato nel 2021 dagli scienziati dello MBARI, nel cui titolo il particolare movimento veniva definito metacronico ovvero “ondoso” in una casuale metafora capace di ricondurre il tutto al singolo particolare. Offrendo nel contempo un valido spunto, come dichiarato nelle salienti conclusioni, alla progettazione di robot sottomarini migliori, per di più dotati della capacità, sempre utile nel campo degli studi naturali, di riuscire a passare relativamente inosservati.
Pur mostrando come loro principale tratto di distinzione la suddetta capacità e modalità deambulatoria, i tomopteridi presentano anche altri specifici adattamenti al proprio singolare stile di vita, che li rende al tempo stesso cacciatori e involontari punti focali dell’attenzione di creature più grandi. Pur non potendo fare a meno, per ragioni identitarie e riproduttive, della propria distintiva bioluminescenza, che può variare cromaticamente dal bianco-azzurrino ad un insolito colorito giallognolo, estremamente raro nel regno animale. Così come la capacità del tutto unica di distrarre l’eventuale persecutore ittico o d’altra natura, rilasciando delle ingegnose particelle luminose con una modalità di funzionamento del tutto riconducibile a quella di chaff o flare degli aerei militari; chiaramente coadiuvati dal movimento aritmico ed imprevedibile dei loro guizzi ultra-veloci in mezzo al nulla. Per quanto concerne, nel frattempo, l’attività riproduttiva pur in assenza di un significativo numero di studi specifici, possiamo individuare nella totalità delle specie esistenti una netta divisione tra i sessi, con la pratica della fecondazione esterna delle uova rilasciate dalle femmine, in prossimità del distintivo alone feromonico percepibile durante la liberazione dello sperma da parte dei loro potenziali partner riproduttivi. Elemento, anche quest’ultimo, davvero insolito visto il possesso di una doppia coda, presumibilmente utile ad aumentare la sua capacità di muoversi e raggiungere la destinazione desiderata. Non parrebbe attestata in base ai materiali reperibili invece la prassi, caratteristica di molti vermi policheti, dell’epitochia, consistente nella produzione di un nuovo individuo completo e sessuato dal corpo principale incapace di riprodursi, capace di staccarsi dalla coda per andare in cerca, spesso verso la superficie, della sua imprescindibile ragione d’esistenza.

In costante competizione tra di loro, alcuni tomopteridi dei mari del Nord (T. helgolandica) si rincorrono sotto la lente della telecamera del batiscafo a controllo remoto RV Pelagia. È interessante notare come le particelle di cibo maggiormente desiderabili, per loro, sembrino essere quelle che vedono già uno dei loro simili intenti a fagocitarle.

Accattivanti mentre li si osservano all’opera, diafani e per certi versi ultraterreni, i tomopteridi dimostrano a pieno titolo l’illimitata creatività della natura. Che procedendo per gradi ulteriori, al passaggio dei millenni e delle Ere geologiche, mette alla prova e perfeziona i suoi concetti maggiormente risolutivi. Un principio chiaramente portato alle sue estreme conseguenze, nel caso dei vermi policheti dimostratosi capaci di sopravvivere a cinque estinzioni di massa, inclusa quella particolarmente devastante al termine del Cambriano.
Così come probabilmente riusciranno a fare, in un modo o nell’altro e nonostante l’occasionale cattura nelle reti da pesca, anche attraverso il proseguimento dell’attuale incipiente devastazione, ahimé, tristemente implicata dall’Antropocene. Poiché non c’è installazione industriale, fonte d’inquinamento o riscaldamento dei mari terrestri, che sembri in grado d’inficiare il caratteristico approccio alla vita di chi si agita per muoversi da un punto all’altro. E continuerà per sempre a farlo, indifferente alle barriere che sorgono accidentalmente sul suo percorso.

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