Il tempio sul macigno che commemora l’arrivo nel Nuovo Mondo

L’uomo novantaquattrenne sulla sedia trasportata a braccio fino in spiaggia si sistemò brevemente la lunga barba bianca. Quindi con un guizzo improvviso di consapevolezza, indicò il punto designato e sembrò spostarsi fino al punto estremo della seduta, gridando con enfasi ai membri della sua congrega religiosa: “È lei, è lei! La vera roccia di paragone. Il sasso di volta dove nacque il sogno di questo paese, ovvero la libertà di tutti gli uomini di esser tutto quello che potevano diventare…”Doveva pesare all’incirca 9,1 tonnellate.
Per lungo, lunghissimo tempo scienziati, sociologi e professori si sono interrogati sull’effettiva ponderosità della storia. Invero era possibile, come paiono pensare alcuni, smontare il nostro passato, farne un commercio, atomizzarlo esponendone porzioni microscopiche all’interno d’innumerevoli musei ed istituzioni di varia natura? Oppure l’unica strada possibile è vedere le cose nel punto esatto in cui sono sempre state, come simbolo perfettamente tangibile di ciò che i nostri padri, e i padri dei loro padri, avevano pensato potesse rappresentare il culmine di un Grande Evento. O ancora i padri ovvero quel particolare gruppo di estremisti religiosi, avversi alle pesanti imposizioni della Chiesa Protestante, che nel 1620 salirono a bordo in 102 assieme ai 30 uomini dell’equipaggio del Mayflower, un piccolo veliero da trasporto o fluyt che avrebbero impiegato per attraversare l’Oceano Atlantico. Con l’obiettivo dichiarato di raggiungere la prima colonia americana di Jamestown in Virginia, se non che il tempo meteorologico, diversi contrattempi ed ostacoli sul loro tragitto, avrebbero finito per portarli in tutt’altro luogo: Capo Cod, Massachusetts. Presso quella che sarebbe diventata la colonia di Plymouth, secondo insediamento permanente nel territorio di quelli che sarebbero diventati un giorno gli Stati Uniti. Un luogo dai molti ricordi, oggigiorno, dove l’istituzione di un cosiddetto museo vivente commemora, dal 1947, la condizione attraverso i secoli dei nativi Patuxet, la cui alleanza ed il commercio sarebbero risultati cruciali per la sopravvivenza di questa gente, i loro figli e l’importante eredità che avevano costruito. E tutto a partire, almeno così si dice, dal momento in cui il primo di loro aveva posato il piede sul sacro granito Dedham di un macigno glaciale errante, collocato casualmente proprio nel punto in cui il primo di loro toccò terra, dopo aver firmato il documento destinato a diventare il Patto del Mayflower, il primo codice legale d’impronta democratica stilato in via specifica dai coloni di queste terre. Sasso destinato a diventare, dopo il suoi circa 600 milioni di totale indifferenza, un importante simbolo al punto da ricevere più volte significative attenzioni nel corso dei secoli a partire dal 1741, quando in un momento emblematico per la commemorazione storica statunitense, l’anziano Thomas Faunce dichiarò ad un pubblico gremito di averla riconosciuta nel congruo macigno che stava per essere seppellito, a causa della costruzione di un nuovo molo navale. Fino allo stato delle cose attuali, che la vedono chiusa all’interno di una gabbia aperta per un lato all’acqua di mare, sotto un tetto con colonne doriche che non sfigurerebbero in una ricostruzione del Partenone di Atene. Dopo tutto qui siamo in America, e non è certamente un caso se dall’altro lato della baia presso Provincetown, gli stessi pellegrini avrebbero ricevuto nel 1910 un monumento inaspettatamente identico alla torre del Mangia di Siena…

Nient’altro che una pietra, a conti fatti. Così come il Colosseo di Roma è “semplicemente” un anfiteatro, o la struttura reticolare costruita da Eiffel a Parigi “soltanto” una torre. Come se non sapessimo, ormai da un tempo particolarmente lungo, che è la mente dell’uomo e nient’altro che questa ad assegnare il valore delle cose.

Il che ci porta al cruccio e la diatriba fondamentale dell’intera faccenda, che pur vedendo la pietra di Plymouth come un’importante attrazione e simbolo locale, ha da sempre suscitate molte critiche in merito alla sua presunta identificazione. Avvenuta come dicevamo non da un testimone diretto, bensì qualcuno che ne aveva sentito parlare di seconda mano, potenzialmente incline al romanticismo, e generalizzazione delle prospettive, tanto spesso rappresentative della terza età. Questione a cui va aggiunto il fatto, tutt’altro che tangente, della maniera in cui molto probabilmente i pellegrini, che non menzionano alcuna roccia nei loro diari, erano sbarcati in prossimità della vicina Provincetown o quanto meno a metà strada con essa, piuttosto che nel territorio dell’odierna Plymouth. E poi per quale assurda ragione, una volta raggiunte le distanti sponde del continente agognato, gli uomini e donne di quel faticoso viaggio avrebbero dovuto scegliere proprio un macigno piuttosto che l’invitante spiaggia come punto di appoggio per i loro piedi alla ricerca di un tardivo sollievo? Domande importanti e forse anche piuttosto scomode, che nessuno sembrò aver voglia di porsi almeno fino al 1774, quando la brava gente di Plymouth decretò di voler spostare il macigno da peso di quasi dieci tonnellate, un’operazione destinata a rivelarsi logisticamente complessa al punto da causarne la rottura in due parti, di cui quella maggiore venne lasciata in prossimità del molo, mentre la sommità aveva trovato posto all’interno del municipio cittadino. Episodio destinato ad essere considerato un presagio di come “Gli Stati Uniti fossero ormai prossimi alla secessione dal pesante predominio d’Inghilterra.” Di sicuro, nel paio d’anni a seguire, i discendenti di quei pellegrini ormai pesantemente armati avrebbero avuto ben altro a cui pensare.
Risale invece soltanto 1867 la prima iniziativa di costruire attorno alla metà maggiore una sorta di gazebo in spiaggia o tempietto protettivo, una struttura monumentale vagamente simile ad un cenotafio vittoriano eretta dall’architetto Hammett Billings. Un significativo problema dell’iconico oggetto, infatti, era la maniera in una rilevante percentuale dei visitatori di questi luoghi provvedesse a scalpellarne via una parte, per portarsela a casa a guisa d’importante souvenir di famiglia. Nel 1880 quindi, al fine di ricostituirne per quanto possibile la massa, le due metà vennero di nuovo cementate assieme e qualcuno incise a lettere cubitali la data “1620” sulla superficie del macigno. Dopo tutto, come sarebbe stato possibile distinguerlo, altrimenti, da innumerevoli altri orpelli dalla ponderosità equivalente? L’attuale e più imponente edificio, costruito in occasione del bicentenario della colonia nel 1920 fu invece costruito dallo studio architettonico newyorchese McKim, Mead & White, importante sostenitore della corrente del Rinascimento Statunitense.

La Mayflower II, come è stata prevedibilmente chiamata la nave ormeggiata a poca distanza dalla pietra, è un veliero costruito dall’ente museale di Plymouth perfettamente funzionante, che viene occasionalmente spostato nel corso di commemorazioni ed eventi. Con l’unica concessione moderna di un impianto elettrico a bordo, principalmente incluso per ragioni di sicurezza.

Come parte di un complesso di punti di riferimento che comprende anche il già citato museo etnografico (un tempo “piantagione”) di Plymouth, il gruppo statuario allegorico del Monumento Nazionale degli Antenati e la fedele ricostruzione risalente al 1956 della nave Mayflower ancorata permanentemente di fronte al porto, la roccia di Plymouth viene resta spesso impressa nella memoria dei turisti che visitano la città. Con voti e recensioni ragionevolmente positivi, nonostante l’inclusione a più riprese negli elenchi irriverenti delle “peggiori attrazioni turistiche degli Stati Uniti”. La roccia di Plymouth è dopo tutto, semplicemente una roccia ed il peso complessivo che la caratterizza non supera probabilmente oggi le tre o quattro tonnellate. Essa non ha, in altri termini, alcun tratto distintivo particolare nonostante ed in molti dubitano in maniera ragionevole della sua effettiva autenticità. Eppure non è forse vero che la sua qualifica di oggetto storico dura, ormai, da 282 anni? Facendone un simbolo al pari di oggetti anche più antichi di almeno due terzi della storia statunitense. Assieme ad innumerevoli altri sassi di cui, per una ragione o per l’altra, non è mai importato niente a nessuno. Ma forse è proprio questo il paradosso, da cui deriva l’imprescindibilmente soggettiva comprensione della realtà.

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