Il delicato sistema che ritarda la catastrofica insurrezione fluviale del Mississippi

La massa critica è il punto di non ritorno di una situazione persistente, che d’un tratto può variare in una fase transitoria fino alla trasformazione rapida, esplosiva delle circostanze vigenti. Un processo applicabile ai risvolti storici, le condizioni naturali, le prospettive nella storia personale di un individuo. È comunque difficile a tal proposito immaginare un esempio migliore, di quello di coloro che pretendono di controllare ed influenzare il corso di un fiume. Soprattutto quando si tratta del più ampio e possente fiume degli Stati Uniti, superato in lunghezza soltanto da quello da il nome allo stato del Missouri. Responsabile, assieme al suo fratello Mississippi, di una parte significativa dello storico dominio commerciale degli Stati Uniti, il grande paese non soltanto ricco d’importanti risorse naturali ed agricole, ma fornito già dotato, all’epoca dell’arrivo degli Europei, di una funzionale rete di collegamento idrica. Attorno alla quale, col trascorrere dei secoli, sarebbero cresciute significative infrastrutture ed intere grandi città, con un particolare occhio di riguardo per New Orleans e Baton Rouge, responsabili coi loro quattro grandi porti di oltre 67 miliardi d’introiti annuali facenti parte del prodotto interno lordo della nazione. E tutto ciò principalmente grazie all’implementazione di una singolare soluzione pratica, anello debole di una catena che minaccia in ogni attimo di essere spezzata dall’inesorabile peggioramento delle prospettive vigenti. Avete mai sentito parlare, a tal proposito, della Struttura di Controllo del Vecchio Fiume? Nome altisonante forse, ma riferito a uno specifico complesso d’installazioni e strutture, collocato nel mezzo dello stato della Louisiana in quello che potremmo definire un punto nevralgico per l’intero funzionamento logistico nordamericano. Costantemente pronto a trasformarsi, ormai da quasi due secoli, all’inizio della sua fine.
Potrebbe sembrare scontato a questo punto menzionare la tipica parabola dell’arroganza della civiltà moderna e la caduta di chi si arrogava la capacità d’influenzare il fato stesso del territorio. Benché il risvolto maggiormente peggiorativo in materia degli ultimi 1.000 anni, innegabilmente, sia stata l’effettiva conseguenza della volontà di far profitto di un singolo individuo. Henry Miller Shreve (1785-1851) il suo nome, da cui quello di Shreveport, la cittadina nei dintorni che ebbe l’occasione di osannarlo come salvatore all’apice della sua carriera d’imprenditore. Lui, proprietario di una linea delle classiche navi a vapore da trasporto passeggeri e merci lungo il corso del gigante, che nel 1831 asseverò un significativo margine di miglioramento. Là dove il Mississippi un tempo parallelo al Red River, dall’inizio del XV secolo aveva formato una gobba serpentina che fluiva in esso per tornare indietro, ritardando di diverse ore il tragitto delle sue navi. Da qui l’idea di costruire un pratico canale, in grado di ripristinare il “giusto” corso del fiume, cancellando il percorso ideale scelto dalla natura. Ma le conseguenze delle proprie azioni, si sa, non sono sempre facili da prevedere in anticipo…

Pinne di squalo di cemento che fuoriescono dai flutti, nel tentativo disperato di trattenerli. Poiché ogni prospettiva futura dei sistemi ORCS ed ORCAS, lo chiarirono i loro stessi costruttori, è necessariamente limitato nel tempo. E prima o poi sarà il fiume, come sempre, ad avere l’ultima parola.

Ciò che accadde dopo quel momento, fu dunque la progressiva riduzione dello scorrere delle acque nella parte settentrionale dell’ansa destinata ad essere chiamata, per l’appunto, Vecchio Fiume. Mentre quella situata a sud, il Vecchio Fiume Meridionale, continuò ad esistere in maniera incancellabile da parte di qualsiasi iniziativa individuale. Ciò che avvenne a partire da quel momento, d’altra parte, nessuno era sembrato in grado d’immaginarlo anticipatamente: con il drastico aumento della rapidità delle acque pronte ad impadronirsi del canale del 1831, la direzione del flusso dal tributario fu rapidamente invertita. Ed il Mississippi che prima del suo ritorno al corso principale generava anche un secondario rigagnolo, il fiume Atchafalaya, iniziò a donargli una quantità sempre maggiore delle proprie acque, rendendo possente ed impetuoso. Mentre il problema continuava dunque a subire una significativa e letterale accelerazione, lo stesso H.M. Shreve decise inavvertitamente di fornirgli un ulteriore aiuto, demolendo grazie alle sue gru galleggianti brevettate la storica “grande zattera” una diga naturale di tronchi risalente al XII secolo, che aveva lungamente rallentato il corso delle acque del Red e dell’Atchafalaya River. L’andamento degli eventi, a questo punto, diventò irrecuperabile: già nel 1850 il flusso delle acque del Mississippi verso l’alternativa direzione era aumentato dal 10 al 30 percento. Per un intero secolo nessuno se ne preoccupò eccessivamente. Finché nel 1953, uno studio del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito Americano avrebbe determinato una probabile cessazione del fluire delle acque verso il corso originario entro le successive quattro decadi. La reazione fu immediatamente, ed alquanto prevedibilmente, febbrile. Come anticipato in apertura l’eventuale deviazione di tale corso avrebbe avuto infatti conseguenze deleterie, rendendo non soltanto obsolete innumerevoli infrastrutture ed insediamenti commerciali della Louisiana, ma trasformando anche l’intera zona a ridosso del golfo del Messico in un acquitrino salmastro, con conseguente distruzione di un intero ecosistema e la progressiva rimozione di un’importante fonte di acqua da bere per molti milioni di abitanti di questo stato. Da qui l’immediata necessità, portata a coronamento entro il 1963 con l’aiuto d’insigni ingegneri tra cui niente meno che Hans Albert Einstein, figlio del più famoso fisico della storia, di costruire una serie di chiuse, dighe ed altri apparati di regolamento del flusso, affinché lo svincolo fluviale potesse essere regolamentato. E per quanto possibile, bloccato nella propria progressione imprescindibile verso l’apocalisse finale. Con il nome di Old River Control Structure (ORCS) esso si componeva, inizialmente, di due elementi: la Low Sill CS, una bassa diga con delle chiuse in grado di rallentare il corso delle acque e la Overbank CS, che sarebbe entrata in gioco ogni qual volta il flusso delle acque fosse risultato troppo alto per la sua più solida e compatta controparte. Immediatamente fu possibile, a questo punto, ripristinare una situazione in cui soltanto il 30% delle acque veicolate dal Mississippi venivano catturate dall’Atchafalaya. Ma un duro promemoria delle spropositate forze in gioco, purtroppo, sarebbe stato consegnato nel giro di appena un decennio…

La diga idroelettrica Sidney A. Murray Jr. fornisce anche un modo molto pratico e veloce di “attraversare” il grande Mississippi. Per lo meno finché continuerà, suo malgrado, a sdoppiarsi attraverso il canale costruito con la specifica finalità di alimentarla.

Era la primavera del 1973 infatti quando una serie di piogge particolarmente intense, accompagnate dal rapido scioglimento del ghiaccio sulla cima delle Montagne Rocciose, portò ad un drastico e devastante aumento della quantità di acque veicolate dal fiume Mississippi. La piena maggiore dal 1927, capace di causare una quantità di danni stimata attorno ai 250 milioni di dollari, devastando moli, allagando zone agricole e causando l’annegamento di un grande numero di capi di bestiame. Ma la realtà dei fatti è che le cose avrebbero potuto andare molto peggio. Questo perché il 14 aprile di quell’anno un accumulo di detriti contro uno dei muri sud della Low Spill CS sviluppò una crepa che iniziò rapidamente ad ingrandirsi, portando al suo crollo e conseguente destabilizzazione dell’intera struttura. Mentre al di sotto continuava a scorrere una quantità di acqua paragonabile a sei cascate del Niagara, che in un attimo, qualora l’intera diga fosse crollata, avrebbe veicolato l’intero Mississippi verso il letto dell’Atchafalaya. Venne dunque implementato un rapido intervento di riparazione, con lo scarico di una grande quantità di pietre per tappare il buco e chiudere la via di fuga, destinato a rivelarsi fortunatamente risolutivo. Ma la diga avrebbe riportato un danneggiamento permanente e fu per questo deciso di ampliare l’ORCS nel 1986 mediante l’aggiunta dell’ORCAS (Old River Control Auxiliary Structure) un terzo sistema di chiuse esteriormente e funzionalmente non dissimile dall’originale Overbank. Seguito appena quattro anni dopo dalla centrale idroelettrica Sidney A. Murray Jr. Hydroelectric Station, capace di fornire mente rallenta il fiume fino a 192 MW di potenza. Ed è proprio questa la situazione in cui ci troviamo oggi, dopo la spesa complessiva stimata pari a circa 500 milioni di dollari: stabile, per quanto possibile. Ma comunque soggetta al potenziale di un repentino, ed irrimediabile cambiamento.
Poiché non è del tutto fuori dalle ipotesi l’eventualità che un giorno una piena ancor più grande, o la semplice entropia che condiziona ogni opera dell’uomo, possano portare all’incombente variazione con tutto il suo catartico catalogo di conseguenze. Il che non ci lascerà altra scelta che accettare il corso degli eventi e fare, per quanto possibile, buon viso a cattivo gioco. Non proprio un imprevedibile colpo di scena, se analizziamo i trascorsi altalenanti della nostra storia.

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