Console game review: Red Faction Guerrilla

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Alec Mason, il protagonista del nuovo gioco dei Volition, è il demolitore dell’armata rivoluzionaria di Marte. Nel corso delle numerose missioni e side-quest del gioco, combatte contro l’oppressivo stato di polizia imposto ai coloni del pianeta rosso dai militari terrestri. Non ha poteri da X-Men ed un’agilità  sovrumana come Cole McGrath (Infamous) o la furia biotecnologica e le trasformazioni di Alex Mercer (Prototype). Nel panorama degli attuali sandbox games, ormai diventati spettacolari e sfrenati come giochi d’azione giapponese, il nuovo Red Faction sembrebbe un ritorno alle origini: corri, spara, guida, nasconditi e spara ancora. L’elemento particolare, il catch pubblicitario su cui il publisher THQ ha contato maggiormente per replicare il successo dei passati episodi, è la tecnologia che permette a Mason di distruggere ogni cosa.

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Il pugno del minatore, che nel lontano 2001 fù logo assieme al piccone per uno dei giochi più interessanti al lancio della PS2, e che nel 2002 si armava prontamente di fucile d’assalto per l’ottimo Red Faction 2, dopo oltre 7 anni impugna infine un poderoso maglio d’acciaio, non più semplice metafora o arma, ma vero e proprio pretesto per la scesa in campo del protagonista. La prima novità è il passaggio dallo stile di gameplay da shooter in prima persona alla visuale dietro le spalle, qui utilizzata per coadiuvare  i classici meccanismi dei giochi free-roaming “alla GTA”. Nel corso della breve introduzione, parte di uno stile narrativo che ben poco spazio riserverà anche in seguito alla trama ed all’approfondimento dei personaggi, un Alec Mason appena sbarcato su Marte viene infatti introdotto dal fratello Daniel alla ricca ed emozionante professione del raccoglitore di rottami. Questa attività apparentemente passiva, nelle colonie spaziali del futuro sembrerebbe prevedere l’effettiva distruzione di palazzine in disuso e relitti di autoveicoli con mazze giganti, pratica che si viene invitati a compiere con entusiasmo nel corso della primissima missione. E’ più o meno a questo punto che anche il giocatore più scettico dovrebbe restare colpito, come i piloni di sostegno delle palazzine in questione, dalle incredibili capacità della nuova versione dell’engine proprietario dei Volition, il GeoMod 2.0: quello che era, originariamente, un meccanismo piuttosto avanzato per calcolare la deformazione del terreno ed il danno posizionale alle pareti degli edifici è stato qui trasformato in qualcosa di completamente diverso. In Red Faction: Guerrilla ogni singola struttura costruita dall’uomo è soggetta a danneggiamenti realistici, e successivamente al crollo gravitazionale dovuto alla mancanza  di sostegni. Diversi sviluppatori hanno tentato di realizzare giochi con ambienti pienamente interattivi. Solo nell’epoca d’oro dei giochi 2D, attraverso il cancellamento pixel per pixel dello scenario si era arrivati ad un compromesso forse altrettanto efficente, per quanto limitato: giochi come Scorched Earth prima, Lemmings e Worms dopo, offrivano l’opportunità in potenza di cancellare letteralmente l’intero livello, tramite l’uso consecutivo di bombe ed altri attacchi speciali. In tempi più recenti, l’interessante shooter online dei DICE, Battlefield Bad Company riusciva a rendere l’idea di un qualcosa di simile, con la rappresentazione posizionale di colpi di artiglieria o granate su ciascuna superfice di palazzi ed ambienti, i quali al termine della battaglia si riducevano inevitabilmente allo stato di un alveare di pietra dagli innumerevoli fori dentellati. Ma qui la portata tecnologica e le implicazioni di gameplay sono ad un livello completamente differente.

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Il processo è del tutto analogico e procedurale. Niente passa rigidamente dallo stato “integro” a quello “non integro”, con la possibile eccezione di alcuni elementi di arredo quali computer, schedari o armadietti. L’angolazione e la velocità del maglio, o le esplosioni causate dalle diverse armi, vengono calcolate caso per caso in tempo reale, mentre tutti i muri, i pilastri e gli altri componenti degli edifici sono composti da innummerevoli sotto-sezioni, che si spezzano ed infrangono spargendosi per l’area circostante secondo l’effetto realistico di 0.378 g, il valore gravitazionale sulla superfice di Marte. Lo stesso valore condiziona poi l’effettiva integrità strutturale degli edifici: in Red Faction: Guerrilla infatti, nulla resta sospeso in aria. Togliere i sostegni o le pareti portanti significa vedere i piani superiori venire giù con l’effettiva rapidità che la logica si sarebbe aspettata fin dalle precedenti iterazioni videoludiche sull’argomento. Al termine della prima missione “professionale” dal contesto relativamente mondano, a Mason viene fornito il pretesto per mettere alla prova queste raffinate sub-routine contro ogni singola struttura del pianeta: il fratello viene infatti ucciso dalla polizia in quanto ribelle anarchico, e dopo una fuga effettuata con l’assistenza dell’armata ribelle si lascerà convincere dall’avvenente Samanya, loro leader nonchè abile mente ingenieristico-scientifica, ad entrare a far parte della fazione rossa come soldato, distruttore di basi nemiche e compagno occasionale di bevute. Il ruolo nel gioco di detta controparte femminile, purtroppo renderizzata con la stessa approssimazione di tutti gli altri personaggi – del resto, la maggior parte indossano tute spaziali – sarà quello di creare armi ed equipaggiamento sulla base delle risorse metallurgiche messe a sua disposizione dal giocatore. La moneta d’acquisto per ogni strumento è infatti il rottame, ottenuto di volta in volta come conseguenza delle  missioni completate, piuttosto che raccolto fisicamente sul luogo dell’ultimo disastro edilizio causato da Mason. La generosa area di gioco, benchè non molto diversificata dal punto di vista grafico, è  ricca di bersagli d’occasione nella forma di edifici dalle dimensioni e resistenza variabile quali torri di comunicazione, ponti strategici, uffici di rappresentanza e municipi… ciascuno soggetto al potenziale distruttivo del martello, delle bombe telecomandate, dei razzi, dei SUV lanciati a folle velocità e di vari modelli di robot da combattimento, che con qualche difficoltà possono venire talvolta reperiti in aree difficilmente raggiungibili del terreno marziano.

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La possibilità di guidare una grande quantità di veicoli, dal design decisamente creativo ed interessante, va di pari passo con un’arsenale molto completo e talvolta sorprendentemente originale, caratteristica molto gradevole che si potrebbe forse ricondurre alle origini della serie come shooter in prima persona. Numerose missioni secondarie arricchiscono l’esperienza, con la possibilità di guidare assalti o difendere territori al fianco di decine di alleati, intercettare corrieri ed agire da artigliere per i mezzi corazzati guidati da Jenkins, lo scienziato folle e psicotico del gruppo.

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Verso la fine del gioco, con l’adeguato investimento nei numerosi upgrade di caratteristiche ed armi, Mason diventa qualcosa di simile ai protagonisti quasi onnipotenti dei due giochi citati in apertura: dotato di jetpack, armatura antiproiettile, strumenti tecnologici avanzatissimi ed altre diavolerie il giocatore si troverà a correre sotto il fuoco nemico attraversando letteralmente le pareti, a volare sulla cima di fortezze inespugnabili per minarne il soffitto e penetrarvi attraverso, a distruggere interi convogli con il crollo strategico di superfici stradali sopraelevate.. le possibilità sono molteplici, e la stessa natura del gioco permette molti approcci differenti per ciascuna situazione. Quello che colpisce maggiormente è proprio il fatto che, nonostante la premessa relativamente unidirezionale, ogni sessione di gioco sia completamente differente dalle altre. Una delle motivazioni principali andrebbe forse ricercata nello scripting piuttosto aperto delle missioni principali, che al di fuori del singolo obiettivo raramente prevedono passaggi o procedure obbligate. A completare il prodotte ed aumentare la longevità è stata inclusa una suite di modalità online piuttosto completa, arricchita dalla possibilità di combattere per la difesa o l’effettiva distruzione fisica delle basi di ciascuna squadra. Sono previsti fino a 16 giocatori in contemporanea, ed una buona selezione degli ambienti tratti dal vasto mondo di gioco, oltre alle classiche modalità Deathmatch, Team Deathmatch e CTF. Peccato che le dinamiche delle sparatorie siano decisamente orientate al single-player, e con poche possibilità di sfruttare l’ambiente come riparo ci si riduca spesso alla pratica dello spray and pray.

Consigliato a chi: cerca un gioco originale e divertente, anche in assenza di una grafica particolarmente accattivante.

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