L’impressionante cicogna preistorica che sorveglia le discariche indiane

Ogni persona con un ruolo definito, ogni essere instradato al suo destino deciso dal grande schema delle cose. La suddivisione in classi della società indiana, fin dall’epoca di Vasco de Gama all’inizio del XVI secolo, fu immediatamente chiara ed apprezzabile in quanto utile agli esploratori europei, giunti nel subcontinente indiano con l’intenzione di commerciare, colonizzare, conquistare nuovi territori. Kshatriya: i guerrieri; Brahmani: gli intellettuali; Vaishya: i mercanti; Shudra: i servitori. E naturalmente loro, i Dalit o intoccabili, persone condannate per nascita a svolgere i mestieri che il sistema culturale di questi popoli insiste tutt’oggi a ritenere impuri. Aiutati tradizionalmente, in tali mansioni, da almeno una distinta figura dal mantello di piume bianche e nere, capace di comparire per le strade di Calcutta ogni qualvolta un cadavere giaceva troppo a lungo abbandonato in un vicolo o in prossimità del sacro fiume: l’essere chiamato hargila ovvero in lingua bengalese “il mangiatore di ossa” per la sua capacità di trangugiare col lungo becco simile a una spada e digerire nel grosso stomaco fino all’ultimo residuo più o meno commestibile di un povero defunto. 136 cm in altezza di media e fino a 5 Kg di peso, per questo uccello al tempo stesso disprezzato per il suo contegno simile a quello di un avvoltoio e tenuto in alta considerazione dagli amministratori locali, visto il contributo dato all’eliminazione di pericolose fonti di malattie infettive. Caratterizzato dal nome latino Leptoptilos dubius e un aspetto coerentemente bizzarro inclusivo di vistosa sacca pendula al di sotto della gola, non collegata all’esofago ma con l’unico apparente scopo di gonfiarsi e colorarsi di rosso durante la stagione degli accoppiamenti, la testa completamente glabra e le lunghe zampe biancastre, perché coperte quotidianamente di guano per l’antica pratica aviaria dell’urohidrosi, finalizzata a dissipare una parte del forte calore tropicale.
Ma è soltanto spostandosi di circa 500 Km a nord-est, fino alla regione di Assam ed in modo particolare sulle rive del lago Deepor Beel, presso la città di 800.000 abitanti di Guwahati, che già allora era possibile osservare la più grande concentrazione globale di questi alati visitatori, esteriormente simili al marabù africano e soprannominati dagli anglofoni adjuntant stork (cicogna aiutante di campo) con riferimento al relativo funzionario militare, per loro camminata marziale dall’incedere perennemente battagliero. Complice la progressiva riduzione degli habitat, ulteriormente agevolata dalla cattiva reputazione accumulata negli anni da questi uccelli spesso problematici ed innegabilmente ingombranti, la stragrande maggioranza dell’attuale popolazione rimasta di appena 1200-1800 esemplari si sarebbe ritirata proprio in questi luoghi, in prossimità di quella che al novero attuale costituisce una delle singole discariche più vaste di tutta l’Asia meridionale. Letterali chilometri quadrati di rifiuti, provenienti dall’intero stato di Assam e ben oltre i suoi stessi confini, quotidianamente visitati da uomini, donne e bambini abituati a sopravvivere mediante il laborioso (e pericoloso) riciclo di tutto ciò che può ancora mantiene un potenziale valore pecuniario, per quanto insignificante. Avendo nel contempo imparato a dividere gli spazi e relativi luoghi d’interesse con tali notevoli eredi dei dinosauri di un tempo, tanto imponenti quanto relativamente mansueti, a patto di rispettare il concetto inter-specie di una ragionevole sfera d’influenza. Un qualcosa di tanto maggiormente difficile da applicare, sulla sfera maggiore di un’intera nazione…

L’arrivo di una colonia di aiutanti può costituire, in un primo momento, un’esperienza impressionante. La quantità di rifiuti generati da poche dozzine di tali creature non è realmente paragonabile, del resto, neppure a un’intero stormo di rondini, colombe o pappagalli.

Tra i maggiori rappresentanti dell’ordine dei Ciconiiformes, l’aiutante è una specie monotipica che si accompagna in Asia all’altro membro dello stesso genus il Leptoptilos javanicus, dalle dimensioni sensibilmente inferiori ma la stessa maniera distintiva di volare, sfruttando le correnti termiche, con il collo ripiegato su se stesso alla maniera degli aironi. Descritto per la prima volta nel testo del XVIII secolo “Viaggio in India” di Edward Ives, che l’aveva descritta semplicemente come una sorta di gru gigante, soltanto in seguito la L. dubius sarebbe stata erroneamente identificata alla sua vicina parente africana L. crumenifer, generando non poca confusione scientifica alla scoperta della diversa conformazione del suo becco, le abitudini riproduttive e il piumaggio. Dal punto di vista ecologico, benché spazzino prototipico per definizione, entrambe queste specie di cicogna potrebbero facilmente sopravvivere con il cibo vivente che catturano, inclusivo di pesci, piccoli mammiferi, serpenti e rane. Per non parlare delle anatre, che talvolta vengono attaccate e trangugiate in un sol boccone facendo seguito all’udibile suono battagliero, prodotto essenzialmente dal semplice battito reiterato del becco, usato anche in qualità di richiamo. Come la stragrande maggioranza delle cicogne, infatti, questo uccello risulta incapace di emettere alcun tipo di suono canoro.
Creatura ritenuta tradizionalmente sacra in taluni ambienti come manifestazione terrena del Garuda, divino capostipite della genìa piumata e cavalcatura di Vishnu in battaglia, il mangiatore di ossa sarebbe tuttavia stato associato attraverso i secoli ad una problematica presenza negli ambienti urbani e rurali, per l’abitudine a formare colonie migratorie che vedono svariate dozzine d’individui convergere, improvvisamente, sui rami di un grosso albero circondandone ben presto il tronco di scarti di cibo e guano, mentre costruiscono i loro nidi simili a piattaforme nei punti più alti ed irraggiungibili della pianta. Una cattiva reputazione in funzione della quale, fino agli anni ’90, non era del tutto insolito per gli agricoltori sparargli a vista, eliminarne i nidi e persino abbattere gli alberi stessi, con conseguente morte dei piccoli sparizione di questi animali da intere regioni dell’India storica. Fino all’attuale e triste riduzione estrema dell’areale nella zona piena di rifuti del lago Deepor Beel, tale da aver fatto inserire l’uccello nell’indice delle specie a rischio mantenuto dallo IUCN. Per una tendenza negativa che soltanto in epoca recente, grazie all’opera di un gruppo d’individui ed associazioni che hanno deciso di dedicare il proprio lavoro alla conservazione futura di un essere tanto insostituibile e prezioso, sta iniziando a incontrare un proficuo processo d’inversione. Famosa, tra tutte, l’opera della naturalista Dr.sa Purnima Devi Barman, che abbandonato il progetto per conseguire il suo PhD all’Università di Gauhati decise piuttosto di unirsi all’organizzazione ambientalista Aaranyak, giungendo a ricevere nel 2017 il prestigioso premio Nari Shakti Puraskar per l’impegno dimostrato nella divulgazione dei meriti della cicogna aiutante, attraverso una serie di conferenze, iniziative ed idee. Tra cui la più interessante ed originale resta senz’altro la fondazione del cosiddetto Esercito dell’Hargila, formato sul territorio da circa 400 volontarie assamesi quasi tutte donne, conduttrici d’iniziative come la messa in opera di reti per salvare dalla caduta accidentale i maldestri pulcini della cicogna, destinati a diventare indipendenti soltanto cinque settimane dopo essere venuti al mondo. Un’opera dalle finalità simili a quelle compiute da Arvind Mishra della città di Bhagalpur, fondatore del Mandar Nature Club e promotore di una lunga serie di iniziative di conservazione, educazione sociale e conteggio degli hargila, tali da riportare la popolazione complessiva della regione di Bihar, un tempo ritenuta prossima all’estinzione, alla cifra considerevole di 600 esemplari.

Durante un evento presso il giardino zoologico ed orto botanico di Aaranyak, la Dr.sa Purnima Devi Barman spiega al pubblico l’importanza della cicogna di Assam. Dietro di lei, tre appartenenti al relativo “esercito” riconoscibili per il simpatico copricapo di cartapesta.

Certamente terribile riesce ad essere quindi una simile apparizione, di uccelli tanto notevoli e rari, costretti a sopravvivere in mezzo ad alti cumuli di spazzatura. Benché ciò costituisca, in un certo senso, un riassunto metaforico del mondo stesso in cui viviamo, nonché la problematica contaminazione tra il bisogno contemporaneo di acquisire spazi e quanto avevamo ereditato, senza sporcizia di sorta, dall’antico sistema della natura. Ciononostante, resta indubbio il merito attribuibile alla capacità di adattarsi di questi esseri, purché lasciati ai propri selvaggi metodi, che ad un tal punto li avevano portati ad integrarsi ed essere accettati nella società dell’India tradizionale. Finché i nuovi concetti in materia di sanità pubblica, attribuzione dei ruoli e confini cittadini li avrebbero spinti via, sempre più a distanza di sicurezza, riducendone grandemente il numero. Siamo quindi, ad un punto di svolta nella storia di questo grande uccello, che potrebbe riuscire a riprendersi se le diverse iniziative giungeranno all’auspicabile coronamento. E chi può dire quali gesti, o interpretazioni culturali, potranno determinare il suo maleodorante, ancorché magnifico avvenire!

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