Il dolente sguardo del bambino nel dipinto che invoca la combustione a comando

“Non posso credere che tu l’abbia fatto di proposito.” Peter Hall si avvicinò al fratello, prendendo in mano il cappello da vigile del fuoco in segno di rispetto, mentre sottili strali di fuliggine s’inseguivano a vicenda nell’aria autunnale del primo pomeriggio a Swallownest. Di fronte a loro, sul fianco di una digradante collina, la casa di famiglia o almeno ciò che rimaneva, abitata dal fratello Ron assieme a moglie e figlio, che ora si trovavano in hotel. “Io… Non gli ho neppure detto quello che è successo.” Rispose lui, con voce priva d’inflessione: “Non voglio che pensino di essere in pericolo che lui… La Cosa abbia scelto di punire proprio noi, tra migliaia o milioni di persone in tutta l’Inghilterra. Dopo tutto, che cosa abbiamo fatto per meritarcelo?” Registrando il richiamo dalla direzione della strada, dei suoi colleghi giunti sul posto con ampio anticipo rispetto a lui che si trovava a riposo, Peter trattenne la risposta tagliente che di primo acchito aveva tutta l’intenzione di pronunciare. Tu…Niente…L’hai sfidato! Che bisogno c’era di manifestare la tua indifferenza pubblicamente? Dovevi proprio “appenderlo” nel centro esatto del tuo salotto. Mordendosi rapidamente il labbro inferiore, un tic che aveva superato da bambino, il pompiere spalancò dunque l’uscio parzialmente scardinato da suoi cardini. L’interno era un vortice semi-carbonizzato e nerastro, ma qualcosa catturò immediatamente la sua attenzione. “Guarda lì. È quello?” Gli occhi socchiusi per la polvere, Ron fece cenno di si. E allora senza esitazioni ulteriori, un passo dopo l’altro, Peter raggiunse quella forma rettangolare coricata a faccia in giù davanti al caminetto. Facendo affidamento sullo spessore dei guanti in caso di superfici ancora incandescenti, sollevò l’oggetto dal pavimento in legno parzialmente ricoperto dalla polvere residua della fiammeggiante deflagrazione. Non avendo neppure voglia di guardarlo, girò il quadro totalmente intatto verso il fratello. L’espressione di quest’ultimo gli disse tutto quello che doveva sapere. “Lui… Lui sta ancora piangendo. Il fuoco non può arderlo, davvero. Il fuoco non può arderlo!”
Panico e terrore superstizioso sono solo due dei termini che possiamo attribuire allo strano fenomeno mediatico, scatenato da un articolo del 5 settembre 1985 dal tabloid britannico The Sun, riportante la bizzarra rivelazione del pompiere Peter Hall dell’Essex, che nel corso delle ultime chiamate ricevute si era trovato a discutere più volte con i suoi colleghi di una strana contingenza reiterata: l’inevitabile e comprovata presenza, sul luogo dei disastri domestici, di un’immagine tanto riconoscibile quanto inquietante. Un quadro prodotto in serie con l’aspetto di un dipinto formale, del tipo utilizzato per arredare il salotto buono, raffigurante un bambino di 6 o 7 anni con l’espressione straordinariamente contrita e le lacrime tracciate per striargli il volto. Ciascuna volta rimasto intatto indipendentemente dalla gravità del disastro intercorso. In ogni caso altrettanto triste, o forse affetto da un fantasmagorico senso di colpevolezza, per aver continuato a perpetrare l’arcana maledizione. Il tipo di vicenda destinata a fare presa sulla fantasia del pubblico, ancor prima dell’invenzione dei social network. Giungendo addirittura a scatenare, nelle giuste circostanze, un’ondata nazionale di paranoia…

Il cautelativo incendio dello scettico fratello del pompiere, a quanto si dice, ebbe a verificarsi poco dopo, cementando l’idea che il dipinto in questione fosse portatore di un qualche tipo di cattiva sorte, capace di estendersi a chiunque fosse tanto scriteriato da appenderlo all’interno della propria dimora. Dettagli specifici sulla sua storia, rintracciati o costruiti ad hoc, vennero ben presto portati innanzi per corroborare le più pessimistiche teorie in materia. L’effettivo originale da cui aveva origine il modello riprodotto industrialmente venne dunque rintracciato nell’opera omnia di un autore italiano che viveva a Madrid in Spagna, il pittore Giovanni Pragolin, al secolo Bruno Amadio (1911-1981) che si era formato presso l’Accademia di Venezia. Ivi rifugiatasi e scegliendo dopo di cambiare il nome, o almeno così recita la scarna biografia, dopo il termine del secondo conflitto mondiale, durante cui aveva gravitato tra i sostenitori di D’Annunzio e Marinetti, trovandosi anche a combattere come soldato semplice all’interno dell’esercito fascista, nonostante avesse vinto prestigiosi premi nazionali per le sue opere conformi alla propaganda del regime. Esperienza durante la quale, specularono i cronisti, avrebbe potuto portalo a sperimentare l’intero arco delle tragiche esperienze umane, giungendo a contatto con tutta la miseria e la violenza in grado di scaturire da un conflitto bellico dell’Era contemporanea. Tanto da generare nella sua mente d’artista il seme di quella che sarebbe diventata in seguito la sua creazione più famosa: una serie di 27 dipinti, soprannominata a torto o a ragione i “Bambini zingari” (non è chiaro se fossero davvero di etnia Rom) tutti ritratti in primo piano e di fronte, nonché egualmente affetti da una chiara quanto umida, dolorosamente contagiosa malinconia. Ben eseguiti dal punto di vista tecnico, sebbene non particolarmente notevoli o accattivanti, gli strani dipinti ebbero tuttavia un successo capace di sostenere in parte il suo stile di vita assieme al resto della sua produzione, particolarmente dopo l’adozione come soggetti riprodotti in grande quantità dalle fabbriche in cerca d’immagini dal chiaro impatto anche senza un contesto preciso.
Dopo l’apertura del “caso” dei misteriosi e ripetuti incendi, d’altra parte, le leggende sulla sua vita cominciarono a moltiplicarsi. Un’indagine condotta per il suo programma dal comico radiofonico Steve Punt identificò il soggetto del dipinto più famoso come un bambino di nome Don Bonillo detto “El Diablo” che si presume Amadio avesse incontrato di persona durante il suo lungo soggiorno a Madrid. Sfortunato orfano tenuto presso diversi istituti, poiché ciascuno di essi finiva inesplicabilmente per andare a fuoco. Un potenziale piromane, dunque? Altri dissero che i giovani ritratti sotto lo pseudonimo Bragolin fossero, in effetti, quelli che il pittore stesso aveva maltrattato o persino ucciso, tesi d’altro canto totalmente priva di alcuna conferma storica o testimonianza degna di essere citata. Fatto sta che la psicosi collettiva del 1985 raggiunse l’apice nel giro di pochi mesi, finché una grande quantità di possessori delle riproduzioni di questi dipinti si riunirono in una pubblica piazza, con l’aiuto dello stesso giornale The Sun, organizzando una serie di scenografici falò collettivi in giro per il paese, così da esorcizzare il terrore che li aveva stranamente ottenebrati nello scorrere delle settimane precedenti. Non è irragionevole pensare, in uno di questi eventi nell’Essex, anche la presenza dei due fratelli Hall.

Soltanto col trascorrere degli anni ed analisi retrospettive basate sul senso comune, almeno un certo grado di chiarezza sarebbe giunto per illuminare la sfortunata ed eccessiva questione. Questi quadri negli anni ’80 si trovavano d’altronde in una preponderante quantità di abitazioni, il che rendeva statisticamente probabile trovarli all’interno dei luoghi lambiti dalle fiamme. Così come, d’altronde, in qualsiasi altro luogo. Mentre per quanto concerne la loro “sovrannaturale” capacità di rimanere intatti al sopraggiungere delle fiamme, lo stesso scettico Punt aveva anticipato in modo empirico la spiegazione più probabile: le raffigurazioni dei bimbi piangenti erano infatti appese in modo sistematico alle pareti con un tipo di cordino particolarmente incline ad incendiarsi, mentre la cornice propriamente detta veniva trattata con vernici moderne, naturalmente ritardanti anche di fronte al tocco diretto delle fiamme. Così che salendo la temperatura, i quadri cadevano in avanti e a faccia in giù sul pavimento, diventando ragionevolmente impervi a nutrire ulteriormente il cuore dell’incendio.
Ancorché la correlazione manchi d’indicare la causalità (“Questa roccia allontana gli orsi.” Disse Lisa Simpson) non è d’altronde facile per gli esseri umani allontanare l’implicita tendenza all’individuazione di schemi significativi (“La compro subito, a qualsiasi prezzo!” Rispose Homer) così come nel fenomeno ben noto della pareidolia.
Il che avrebbe portato, nel racconto dei pompieri, a enfatizzare progressivamente quello che forse aveva avuto inizio, nelle loro cerchie affiatate, come un mero scherzo macabro tra i colleghi. Che volendo sdrammatizzare la situazione, avrebbe finito per rovinare in modo dolorosamente profetico la reputazione di un individuo effettivamente esistente. Il quale voleva solamente fare il meglio con gli strumenti artistici di cui il destino e le sue scelte di vita l’avevano insignito su questa Terra. Vi ricorda nulla?

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