Scegliere una strada nella vita può essere, a seconda dei casi, molto più o molto meno di quanto serva a definire una persona. Ma è decisamente raro che una simile espressione, in senso letterale, finisca per riferirsi in modo letterale al posto in cui costui intenderebbe andare ad abitare. Con il condizionale d’obbligo, nel caso di Keisuke Oka, eccentrico ingegnere, architetto, ballerino, scultore, muratore, operaio, costruttore del sogno e tutto ciò che in esso è contenuto. Meno la possibilità di passare inosservato. Il che risulta essere tanto più eccezionale, visto il luogo in cui ha potuto scegliere di dar sfogo al suo ineccepibile senso creativo: 4 Chome-15 Mita, Minato City, non troppo distante dal porto di Tokyo. Quasi di fronte, in effetti, al prestigioso edificio dell’ambasciata del Kuwait, un avveniristico esempio di modernismo progettato dal celebre architetto Kenzo Tange. Il cui profilo iconico, vagamente simile ad un’astronave, potrebbe letteralmente figurare in un minor numero di foto, ora che l’Arimaston Building, ufficialmente terminato dopo oltre 20 anni di tribolazioni, ha visto rimuovere la propria pudica copertura da cantiere. Rivelando… Ah, è davvero possibile descriverlo a parole? Guardate, stupite. Dimenticate per qualche secondo da dove venite. Quest’oggetto fuori dal contesto, a suo modo non meno incredibile di quanto potrebbe esserlo una manifestazione interdimensionale, il Castello Errante o la scuola di Harry Potter, appare come un edificio fuso e rimesso assieme col calore del fuoco di drago. La casa infestata del perfetto romanzo J-Horror. Un bunker bombardato nel futuro derelitto mostrato nella serie cinematografica Terminator. Le sue mura organiche e contorte, che a quanto si narra sarebbero valse al creatore il soprannome parzialmente meritato di “Antoni Gaudì di Mito” s’intrecciano in un susseguirsi di superficie oblique interconnesse, sghembe ed improbabili, mentre pezzi di armatura in acciaio fuoriescono come altrettante costole arrugginite, dai lati e dal tetto, inframezzati da finestre geometricamente simili agli occhi di un insetto fuori misura. Persino le grondaie, spiraleggianti e trasparenti, ricordano le bocche di un fantastico strumento musicale. Questa palazzina costruita interamente in un calcestruzzo speciale, il cui nome costituisce un’amalgama delle parole giapponesi Formica-Pesce-Falco (c’è anche un cartello illustrato) si erge dunque come la grigiastra dimostrazione di quale punto estremo possa essere raggiunto in architettura, se davvero si ha il coraggio di lasciarsi indietro ogni residuale convenzione acquisita.
Potendo fare d’altro canto affidamento su risorse pecuniarie non indifferenti, tempo da vendere e la capacità d’interfacciarsi in modo diplomatico con le autorità edilizie della singola città più popolosa al mondo. Con quest’ultima dote, nel ricco repertorio di Oka, capace indubbiamente di costituire quella più singolarmente sviluppata, vista l’improbabile capacità d’imporsi con il proprio monumento urbano, nel contesto culturale in cui il conformismo e la capacità di passare inosservati costituiscono delle qualità da elogiare nell’individuo. Soprattutto, nel moderno Giappone, per quanto concerne l’accurata scelta di una carriera…
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Il sogghigno del titano semovente che delimita gli spazi nel frutteto californiano
In un momento imprecisato della storia complicata d’interrelazione tra il bisogno agricolo di continuare a produrre, e l’umano apprezzamento per l’ordine e la chiarezza d’intenti, fu determinato che proficua fosse l’esistenza di uno spazio percorribile, tra gli alberi capaci di contribuire alla raccolta gastronomica di frutta o altri prodotti utili alla società contemporanea. Ciò in quanto l’effettiva raccolta dei suddetti, praticata a mano fin da tempo immemore, ad oggi era possibile mediante l’utilizzo di apparati veicolari pesanti, i quali come da copione possiedono una massa ingombrante, traendo un beneficio inusitato dalla misurabile presenza di un sentiero preciso. Una “strada” se vogliamo, ma del tipo non soltanto disegnato a terra, bensì capace di poter contare su uno spazio soprastante aperto verso il cielo, ove scoiattoli volanti potessero spiccare il volo, al pari dei potenti refoli per cui trova l’impiego il vetro sul davanti di una valida cabina del guidatore. Uomo, macchina, robot se siamo in condizioni funzionali chiaramente collaudate, giacché dove le braccia organiche non possono arrivare, tutt’altra storia è quella che coinvolge arti pneumatici motorizzati, possibilmente con al termine potenti falci rotative, oppur la ragionevole approssimazione di un rasoio per la potatura dei giganti verdeggianti che sovrastano le nostre teste impietose.
Ecco, allora, la ricorrente divulgazione su Internet, guidata fino a meta dalla cosiddetta rule of cool (perché tutti amano le cose avveniristiche ed impressionanti) di maestose mostruosità impiegate nel settore agricolo, come trattori con appositi strumenti o veicoli creati ad-hoc, fatti marciare lietamente mentre svolgono lo scopo per cui hanno raggiunto la fase costruttiva finale. Ultimo caso rilevante, l’ampio successo attribuito su Reddit ed innumerevoli luoghi collaterali online, a quello che il pubblico parrebbe aver accumunato al celebre robot da combattimento videoludico Metal Gear, nei fatti una macchina di potatura con apparenti personalizzazioni di proprietà di un agricoltore ignoto. Mezzo dall’aspetto corazzato e vagamente post-apocalittico, grazie alla griglia che protegge l’abitacolo, presumibilmente dall’inevitabile caduta dei rami. Giacché sopra il corpo ridipinto con l’immagine di un ghigno di lupo, ammesso e non concesso possa anche trattarsi di uno squalo, oscillano due attrezzi su strutture da angolo, composti da veri e propri arti rotanti con seghe circolari alle rispettive estremità. Per un effetto complessivo particolarmente terribile, soprattutto dal punto di vista del cameraman responsabile, apparentemente situato a pochi metri dal passaggio del trattore infernale. Per la solita tendenza umana a sottovalutare il pericolo, ogni qual volta ci si trovi a viverlo nel proprio quotidiano praticamente da mattina a sera…
Se la logica è il tuo credo, non seguire il gatto nello strano mondo delle proporzioni animali
Camminando lungo il fiume della notte insonne, mi trovai sui margini di un misterioso edificio. Cos’è dritto, cosa obliquo? Ed in che modo i sogni si distinguono dalla realtà di questa luce sfarfallante? Chiusi gli occhi e aprendoli di nuovo, un lieve miagolio guidò lo sguardo verso l’essere agile, ma immoto. Miao? Se proprio insisti. Miaao: dicendo questo ed agitando la sua coda serpeggiante, il gatto m’indicava l’unico sentiero a mia disposizione. La porta della quotidiana sussistenza, ovvero il semplice punto d’ingresso di un supermercato, nella dimensione tipica di un mondo a dimensione felina. Allora qui notai l’insolita questione! Per ciascun passo innanzi che tracciavo, il bosco si piegava e richiudeva tutto intorno. Semplici cespugli diventavano dei monumenti. E gli alberi, colonne in grado d’oscurare il cielo stesso. Eppur l’interno prometteva luce, pace, un senso di pacifica accoglienza. Varcata quella soglia d’improvviso poco più alta delle spalle, mi sembrava di aver acquisito un nuovo senso di me stesso. Per cui barattoli, bottiglie, frutta, bibite, insalata, pane, caramelle assumevano d’un tratto proporzioni adatte. Immaginando, finalmente, di poter trovare un qualche tipo di risposta o spiegazione, mi voltai verso le casse; lui era lì. In attesa. Miao (Buongiorno!) Meow (Il mio nome: Mr. Nice) Nyan (Benvenuto all’altro Mondo) Wang, wang: (Seguimi, se vuoi scoprire cos’ha costruito il mio Padrone).
Anni dopo il mio risveglio o almeno è in questo modo che mi sarebbe sembrato, nel diverso spazio semi-onirico che fluttua tra le pagine d’insostanziale etere del Web, avrei scoperto di chi egli stava miagolando. Niente meno che Xing, di Xing Zhilei Ama Armeggiare (爱鼓捣的邢志磊 – Ài gǔdao de Xíngzhìlěi) l’eponimo canale Internet, nato presumibilmente sul social cinese BiliBili per poi propagarsi su Douyin (nome originale di TikTok), Instagram, Facebook e persino in versione anglofona doppiata nell’ubiquo catalogo YouTube/iano, diventato celebre per l’eccezionale qualità delle sue miniature. Col che non intendo, chiaramente, illustrazioni a un manoscritto medievale bensì validi modelli di effettivi spazi architettonici, in scala 1/3 o 1/2 (i soffitti misurano, in media, attorno al metro e quaranta) per mettere davanti al pubblico la realtà tangibile di mini-appartamenti, mini-supermercati, mini-parcheggi con tanto di mini-Tesla Truck ed innumerevoli altre facezie dell’alterazione di ogni proporzione acclarata. Un’idea nata, a quanto narrano i pochi articoli disponibili online, dal desiderio di sua moglie di far conoscere il proprio negozio di accessori per animali.
E chi non ha mai pensato, almeno una volta, di usare per il marketing una fedele riproduzione di quanto vede o incontra nel corso delle proprie memorabili giornate metropolitane? Specie quando si può fare affidamento, oltre al gatto, su una serie di modelli da inserire nel contesto di una simile creatività selvaggia, tra cui un simpatico Shiba inu, un paio di criceti, varie tartarughe, due bambini (perché no) e persino un ragno saltatore nella sua dimora chtonia, per meglio propinare al pubblico l’assurda illusone ricorsiva di un sistema di matrioske o scatole cinesi…
Datemi neutrini: lamine di luce per l’enorme calice nel sottosuolo della montagna
Scrutare l’invisibile tende a richiedere l’impiego di uno sfondo adeguato. Il che significa, un mezzo entro il quale lo status quo possa essere influenzato dal passaggio di un’entità che sfugge normalmente alla percezione e la coscienza dell’uomo. Questo è il principio dell’utile strumento del contatore Geiger, sostanzialmente un piccolo tubo pieno di gas, elio, neon o argon, all’interno del quale particelle di radiazioni ionizzanti producono una leggera carica elettrica, tradotta dal sistema in numeri del display situato all’esterno. Perciò ingrandisci quello stesso approccio funzionale mille, duemila volte, ed ogni cosa diventerà possibile; persino scrutare fino al nocciolo dell’annosa questione, sulla natura stessa ed il funzionamento dell’Universo. Leptoni: particelle facenti parte della materia la cui infinitesimale piccolezza permette di accertare l’esistenza soltanto indirettamente, in funzione degli effetti che producono nei rispettivi contesti d’appartenenza. Eppure persino tra queste, esistono classi diverse d’impercettibilità inerente. Laddove fondamentale per la produzione degli stessi legami chimici in quanto tali, risulta essere il microscopico elettrone, portatore di una carica negativa che si riflette nella costruzione di qualsiasi molecola a noi nota. Mentre meramente teorico sarebbe rimasto, fino al 1930 grazie al lavoro di Wolfgang Pauli, l’esistenza del suo cugino neutrino, privo d’interazione elettromagnetica di qualsivoglia tipo. Tanto che, inerti all’interazione forte, sarebbero stati considerati per quasi un secolo del tutto privi di una massa funzionale apparente.
E probabilmente lo sarebbero ancora oggi, se non fosse per l’intercorsa efficacia dimostrata a più riprese dall’osservatorio del monte Ikeno nella prefettura giapponese di Gifu, costruito a una profondità di 1.000 metri nell’ex-miniera di Mozumi con l’originale scopo di rilevare il decadimento protonico (missione destinata a rimanere ancora oggi incompleta) sotto la supervisione dell’Istituto della Ricerca sui Raggi Cosmici dell’Università di Tokyo. Ferma restando la stretta associazione del neutrino con tali fenomeni spaziali, per la cognizione acclarata che il passaggio di questi ultimi attraverso l’atmosfera terrestre tendesse ad indurre un decadimento delle particelle, tale da generarne una certa quantità inerente. Ragion per cui la prima iterazione del progetto, operativa per due anni a partire dal 1983, fu da subito associata all’osservazione cronologica delle ondate d’energia capaci d’investire la Terra, successivamente all’esplosione di una supernova distante, all’origine di diffusione di radiazioni oltre il grande vuoto del medium galattico interstellare. Già, ma come, esattamente? Grazie all’impiego apparente di una quantità spropositata di “lampadine”…