PS3, Xbox 360 review: Super Street Fighter IV

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Hadōken… quale grado di illuminazione dovrebbe raggiungere un guerriero per lanciare sfere di energia in battaglia? Tatsumaki-Senpū kyaku! Quanti anni di studio, e pratica delle antiche discipline marziali, per sollevarsi fisicamente in volo nel vortice generato dai propri calci? Ricorda lo stile di combattimento del maestro Gouken! Se non potrai sconfiggere lo Shōryū-ken, la vittoria ti sarà preclusa! Questo è il nome del pugno in grado di colpire gli uccelli in volo.  Due persone in tutto il mondo hanno ricevuto il dono letale di questi terribili insegnamenti, culmine della scuola detta Satsujinken, o del pugno omicida. Ma uno solo ne comprende il più profondo significato.
Ryu ha preso l’abitudine di ripetere: “La risposta è nel cuore della lotta”.  Rosso hachimaki sollevato da una brezza improvvisa, il keikogi rovinato da cento battaglie, i pugni stretti in una posa minacciosa per intimorire l’avversario. Da quando scese nell’arena nel lontano 1987 grazie al lavoro del produttore giapponese Capcom, costui conosceva la verità. Le sue epiche imprese hanno animato decine di videogiochi, mentre ciascuno degli Street Fighter è diventato a sua volta una serie a se stante, moltiplicandosi senza controllo in edizioni e rivisitazioni successive accolte con entusiasmo sempre rinnovato dai suoi molti fan. Una carriera lunga per un lottatore, e non priva di passi falsi. Un discusso hollywood movie, completo di disastroso adattamento per la sala giochi. Almeno un ricambio completo del cast di supporto e numerosi tentativi, non sempre riusciti, di adattarne le caratteristiche alle nuove generazioni.
Ma tutto è diverso ormai, gli errori del passato dimenticati: Street Fighter IV ha dimostrato lo scorso febbraio come anche una vecchia gloria possa ritornare allo splendore dei suoi anni migliori. Con tutta la rapida ferocia di un Hyakuretsu Kyaku, il capolavoro della Capcom ha puntato direttamente al mondo delle console in forza di uno stile grafico originale, del comparto online estremamente ben realizzato e di alcuni raffinati miglioramenti nella dinamica dei combattimenti. Il re era tornato. Oggi, poco più di un anno dopo, ecco l’ovvia conseguenza: una semplice espansione venduta come nuova nei negozi: la solita strategia commerciale. Ma a smentire chi pensava Super Street Fighter IV non fosse altro che l’inizio della tradizionale serie di rehash basati sull’ultimo episodio di successo ci ha pensato il produttore Yoshinori Ono: questo gioco è il punto di arrivo, nonchè la conclusione ultima, di questa particolare iterazione delle avventure di Ryu. Ma la sua presunta unicità non è il solo motivo per cui merita molta, moltissima attenzione.

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Il guerriero di New York con l’armatura del futuro

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Il punto di partenza della software house tedesca Crytek non rispecchia in alcun modo il suo status di studio indipendente. Come provato dall’iter di numerosi sviluppatori emergenti, un team di sviluppo generalmente parte da un’idea innovativa o interessante, per poi realizzarla al meglio delle sue possibilità tecnologiche e finanziarie. Solo l’investimento di risorse finanziarie successivo, e discrezionale, da parte di una grande casa distributrice potrà fornire all’idea iniziale dei valori produttivi tali da fare presa su uno dei mercati tecnologici più ferocemente competitivi al mondo, quello dei videogiochi. L’acclamata Crytek, in effetti, fece l’esatto contrario.
Salita sul palcoscenico internazionale durante l’ECTS del 2000, con la demo tecnologica per schede NVIDIA denominata X-Isle, partiva già dal punto culminante di tale catena: il loro prodotto, destinato a concretizzarsi nel monumentale shooter per PC Far Cry, mostrava chiaramente un know-how ai livelli più alti del settore. In effetti, nonostante un budget relativamente ridotto,  il giovane prodigio ed attuale CEO della compagnia aveva misteriosamente creato dal nulla l’engine grafico per videogames più avanzato al mondo. Tale da fargli ottenere, sulla fiducia, un contratto milionario con la francese Ubisoft, e nel giro di pochi anni con il colosso americano Electronic Arts. Difficilmente Cevat Yerli, insieme ai suoi due fratelli Avni e Faruk, avrebbe immaginato che prima dei trent’anni avrebbe diretto un’azienda di quasi 300 capaci ed invidiati professionisti. Negli anni successivi, attraverso altre due produzioni, la Crytek ha dimostrato di saper padroneggiare a pieno l’inflazionato genere degli sparatutto per PC, fino al punto di riuscire a modificare sensibilmente le aspettative di un pubblico tra i più smaliziati e meno disposti a seguire campagne di marketing o altri buzz pubblicitari. Le aspettative per il loro nuovo progetto sono cresciute esponenzialmente, insieme alle riserve dei fan, quando si è saputo che si trattava di un gioco multi-formato, ovvero pensato per essere venduto al lancio anche su Playstation 3 ed X-Box 360.
Nel mezzo dell’affollata Times Square, su un titanico maxischermo, l’atteso Crysis 2 è stato infine mostrato al mondo, con l’ausilio di uno spettacolare trailer dal taglio decisamente cinematografico, seguito da un evento a porte chiuse dedicato alla stampa specializzata. Vediamo insieme di cosa si tratta.

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