L’alto pinnacolo dei panda nell’antica terra dei germogli di bambù

“Quando si ha il bisogno di passare in mezzo a questi territori selvaggi, occorre mantenersi a distanza. Dopo tutto è sempre un orso. Capace di raggiungere l’altezza teorica di un grattacielo di 1.500 metri.” Questo lo stereotipo quando si parla di panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) e tali le sorprendenti proporzioni fuori misura, qualora si tenti di definirle tramite la recente occorrenza del più rappresentativo oggetto interconnesso alla vita di questi animali: l’escrescenza zannuta della punta del germoglio di bambù legnoso, forse la più emblematica tra tutte le piante strettamente interconnesse al segno grafico nella cultura del Regno di Mezzo. Poiché affermare che la Cina sappia dare meriti alle sue metafore è ancora un eufemismo, innanzi a cose come queste costruite fuori dal precipuo centro cittadino ed a contatto con l’amenità della natura, per il beneficio di quest’ultima senza nessun tipo di preoccupazione relativa alla sua capacità di diventare un parte indistinguibile dallo sfondo del suo paesaggio. Anzi, tutt’altro: questa opera dello studio architettonico shanghaiese UDG. Atelier Alpha, questo eccezionale… Palazzo sviluppato in 11 inconfondibili piani, curvo quasi quanto la propaggine tentacolare di una spropositata piovra sotterranea, implora di essere notato, discusso su Twitter (*ahem! Weibo) fotografato su TikTok (pardon, volevo dire Douyin) ed in ogni altro modo posto al centro dell’attenzione e della comunicazione pubblicitaria, in quella che potremmo definire come una delle principali capitali del divertimento dell’Asia. Niente meno che Chengdu, la città con 14 milioni di abitanti e l’estensione totale di un paese europeo di dimensioni medie, capitale de facto dell’odierno Sichuan almeno fin dall’ancestrale epoca degli Stati Combattenti (481-221 a.C). Un luogo dalle molte attrattive ed ancor più significativi meriti, incluso quello di aver contributo più di ogni altro alla notevole storia di successo del recupero dell’urside vegetariano più amato e conosciuto al mondo, proprio grazie al centro di conservazione della Base di ricerca di Chengdu per l’allevamento del panda gigante (Chéngdū dà xióngmāo fányù yánjiū jīdì – 成都大熊猫繁育研究基地) situata proprio sui confini del territorio naturale di queste notevolissime creature, a poche decine dai confini delle zone residenziali urbane. Tanto che è possibile affermare, con significativa precisione statistica, che di tutti gli appartenenti a questa specie oggi liberi in natura, oltre l’85% viva negli immediati dintorni di questo istituto ed a partire dagli ultimi anni, non distante dalla potenziale ombra del suo edificio relativamente recente e molto, molto avveniristico nell’aspetto…

Il germoglio di bambù, tenero e saporito, costituisce anche un’importante ingrediente della cucina locale, donando alla caratteristica torre un doppio significato. Difficile immaginare, d’altra parte, un’effettivo ristorante collocato nei suoi luminosi e limitati spazi interni.

Inaugurata nel dicembre del 2021 in occasione dell’imminente capodanno cinese (che vi ricordo essere fissato attorno al mese di febbraio) la torre dei Panda sembra voler costituire una sorta di omaggio eclettico ad almeno esempi di forme di vita botaniche riccamente attestate nel pur vasto territorio del Sichuan. Non soltanto il bambù dunque, ma anche il fiore d’ibisco, i cui petali vengono simboleggiati dalla forma delle balconate interne dell’edificio, il cui spazio utile di “appena” 4785 m² tradisce l’utilizzo principale come punto di riferimento ed apprezzata torre panoramica per i turisti, che possono sfruttarla per tentare di avvistare coi binocoli esemplari dell’animale inconfondibile di queste lande sorprendentemente incontaminate. Il che non inizia neppure a documentare il senso di meraviglia che dovrebbe derivare dall’ingresso tra queste intriganti mura, particolarmente durante una ricorrenza speciale o per le celebrazioni d’importanti eventi, quali la nascita di un cucciolo di panda o il ritorno di un esemplare adulto da un paese straniero, presso cui era stato inviato nell’ottica della famosa panda diplomacy coltivata da generazioni della classe dirigente cinese. Opportunità al verificarsi delle quali, la punta motorizzata del mega-germoglio arriva addirittura ad aprirsi, rivelando una parte della sua struttura interna sotto la “pelle” reticolare avvolgente di un pacifico e rilassante colore ambrato.
Costruita in base all’apprezzabile principio della progressione matematica, probabilmente voluto dall’architetto Lie QIAN direttore dell’UDG. Atelier Alpha, la torre risulta essere esteticamente appagante grazie all’utilizzo dei principi della progettazione parametrica, in cui una simmetria armoniosa è l’apprezzabile conseguenza dei sistemi calcolo algoritmici piuttosto che la diretta manipolazione umana, nel sistema d’integrazione dei singoli aspetti che prende nell’architettura post-moderna il nome di grasshopper design. Giungendo a cogliere in tal senso l’effettivo nesso di un simbolo totemico per l’intera regione, degno di comparire al centro della trattazione in qualsiasi documentario futuro sull’unicità architettonica della città di Chengdu. Largamente ignota ad una grande parte della popolazione occidentale, in grande parte a causa della relativa chiusura della Cina contemporanea nei confronti della comunicazione internazionale e la poca propensione ad approfondirne, conseguentemente, i caratteri culturali tangenti. Vedi una passione, frequentemente reiterata, per gli edifici biomimetici o simbolici, che hanno notoriamente portato lo stesso presidente Xi Jinping a lamentare la “poca praticità” di alcuni trend architettonici del suo paese, in un famoso discorso spesso citato ai margini di questa tipologia di trattazioni. Senza nulla voler togliere agli aspetti significativi di strutture come queste, che risulta oggettivamente difficile immaginare fuori da un simile contesto.

Simile per certi versi a una struttura da luna park, la Torre dei Panda ricorda anche una scultura di arte moderna, del tipo che saremmo inclini a immaginare con quel tipo di collocazione strategica nel paesaggio. Finché non ci rendiamo conto, avvicinandoci al soggetto al centro dell’inquadratura, delle sue dimensioni decisamente maggiori rispetto ad entrambe.

Famosa in Occidente fin dall’epoca in cui fu l’istituzione responsabile dell’invio di due esemplari di panda negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni ’40, come dichiarato ringraziamento per “L’assistenza offerta al popolo cinese durante la guerra” la Base dei Panda è dunque oggi la massima autorità mondiale sul tema di questo animale inconfondibile, la cui livrea bianca e nera risulta ricorrente pressoché ad ogni livello della produzione di merchandising e gadget indissolubilmente associati all’ultima regione che possiamo definire di suo esclusivo e imprescindibile appannaggio. Così come ha potuto beneficiare, a partire dallo scorso anno, di una delle torri panoramiche maggiormente caratteristiche nel panorama e lo scenario corrente. Da cui mettersi a dipingere, idealmente, il più notevole paesaggio collinare tra la nebbia nello stile shuǐ-mò (水墨, – acqua ed inchiostro). Ove porre rigorosamente in mezzo alle rocce la piccola figura, chiaramente riconoscibile, dell’abitante beneamato dalla forma falsamente rassicurante. Un panda alla costante e imprescindibile ricerca dei propri germogli di giornata.

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