Come perdersi danzando nell’arcano dedalo della sapienza ad Haikou

Negli antichi testi dedicati all’eredità dei sapienti, la letteratura cinese parla di un’epoca in cui le persone particolarmente longeve potevano controllare la natura. Dopo aver compiuto un complicato tragitto, avendo potenziato la propria coscienza e personalità fino ai massimi livelli raggiungibili da un essere umano, essi potevano volare, respirare sott’acqua, persino rifiutare di arrendersi alla fine dell’esistenza. Disinteressati dal mondo e il vivere civile, quindi, costoro si recavano sulle montagne alla ricerca di un distante eremo, dove isolarsi totalmente dal resto delle persone. Qualche volta, sceglievano semplicemente una caverna. In certi altri casi, cantando a una particolare frequenza, o tramite l’applicazione della pura volontà e dei gesti, rendevano la pietra malleabile come fosse argilla appena estratta dalle profondità di un fiume. Ed al termine di poche, intense ore di lavoro, disponevano di un luogo adatto alla meditazione non soltanto come un semplice rifugio, in quanto valido a massimizzare il corso e la destinazione ultima dei propri ragionamenti. Una continuazione, piuttosto che il santuario della propria solitudine, di tutto quello che c’è attorno fino agli ultimi confini dello spazio e del tempo. O in casi più tangibili e attuali, dell’Oceano che riflette il principale astro celeste. Di una luce adatta a penetrare ed insinuarsi, negli strati permeabili ed assolutamente candidi della Wormhole Library di Ma Yansong. L’architetto e professore dell’Università di Tsinghua, dal 2004 a capo del suo studio MAD Architects, che potremmo definire come uno dei pochi membri della propria professione provenienti dalla Cina, ad essere famosi su scala internazionale nell’epoca corrente. In un paese dove l’attribuzione dei principali edifici costruiti localmente, per quanto eccezionale, viene dedicata ufficialmente ad una scuola o addirittura il committente, quando non coinvolge paradossalmente un celebre autore di provenienza occidentale, dimostrando un novero di doti largamente superiori alle aspettative di molti. Per progetti grandiosi ed impressionanti quali gli appartamenti organici della Hutong Bubble (2009, Pechino) l’ondulatorio Museo della Mongolia ispirato al deserto del Gobi (2011, Ordos) ed il futuro Museo della Narrativa simile ad un’astronave atterrata a Los Angeles, con un completamento previsto entro la fine dell’anno 2023. Laddove la nuova proposta per il lungomare della città isolana di Haikou, nell’estrema parte meridionale del paese, appare al confronto quasi minimalista nella sua essenzialità e l’altezza di un singolo piano. Per quanto possa esserlo una costruzione che esula da qualsivoglia tentativo d’incasellamento, rispondendo unicamente a logiche geometriche derivanti dall’interazione tra il gusto personale del creatore ed il suo specifico ambiente d’implementazione. Per 1.380 metri quadri circondati da un vasto giardino, contenenti “oltre 100.000 libri”, spazi pubblici ed una sala conferenze dedicata alla presentazione o esibizione di personaggi del mondo della cultura. Come la ballerina Zhang Qiaoqiao, coinvolta dallo studio videografico Nishinaka (a.k.a. Coppakstudio) per un video fortemente emozionale dedicato a far conoscere al mondo digitale questo recente edificio, inaugurato ad aprile dell’anno scorso dopo i circa 3 anni trascorsi dall’inizio della sua costruzione. Attraverso un eccezionale susseguirsi di spazi vasti e angusti pertugi, spesso culminanti in fori sempre più stretti con lo scopo principale di creare una continuità tra gli ambienti. Tanto che la biblioteca, chiamata Chóng dòng (虫洞 – wormhole) con riferimento alle speculative porte cosmiche di Einstein-Rosen, viene descritta come totalmente priva di stanze, rappresentando in modo atipico un tutt’uno completo ed indiviso. Nel quale, pur non trovando occulte vie di trasferimento verso le remote regioni dello spazio esterno, il visitatore è chiamato a sentirsi parzialmente immerso e in qualche modo parte vivente del notevole scenario antistante, niente meno che il tiepido Mar della Cina Meridionale. Un’obiettivo complesso per chiunque, ma (forse) non Ma Yansong…

Situata a poca distanza da una villa storica, la biblioteca di Haikou è stata attentamente calibrata al fine di non sovrastarla con la sua imponenza. Un’attenzione che difficilmente troverà continuità nelle future aggiunte inquadrate nel progetto di rinnovamento del lungomare cittadino.

Uno dei punti fermi nell’esposizione creativa e la dichiarazione d’intenti nelle interviste di questo giovane gigante dell’architettura (data di nascita di Ma Yansong: 1975) è quindi rappresentato dal suo esplicito nonché evidente tentativo d’integrare i propri progetti non tanto, oppure necessariamente, nelle circostanze di un contesto architettonico pre-esistente, quando nelle linee del paesaggio, le montagne e la natura. Mediante una particolare tecnica basata sul disegno a mano libera, molto distante dal tipo di approccio al giorno d’oggi più diffuso e fondato sull’impiego di sistemi informatici, in cui le forme di ciascun edificio vengono letteralmente “fatte crescere” attraverso un periodo di settimane, se non mesi ed anni. Per poi raggiungere il punto di congiunzione ideale tra di diversi punti cardine della sua ispirazione, spesso apprezzato, talvolta divisivo in quanto assai distante dai correnti canoni della più larga e pervasiva modularità post-moderna. Un approccio che lui ci racconta, nella sua conferenza per l’associazione divulgativa TED, derivare da un significativo esperimento compiuto in gioventù, da lui usato per confermare l’impressione che il tipico acquario per i pesci non dovesse necessariamente, o preferibilmente avere la forma squadrata di un cubo. Ma essere piuttosto interessante, imprevedibile, in qualche modo addirittura misterioso. Ed allora, iniziò quindi a chiedersi prima di dar l’avvio a una sfolgorante carriera, perché mai dovremmo accontentarci per le nostre città di parallelepipedi e altre strutture drammaticamente ripetitive?
Fino all’estremo in un certo senso rappresentato proprio dalla sua più recente opera completa a tutti gli effetti, la nuova biblioteca dove ogni ambiente è curvilineo, interconnesso e quasi del tutto impossibile da misurare. Una dimostrazione di abilità progettuale, fondata principalmente sull’impiego sapiente di copiose quantità di calcestruzzo, coadiuvata da un’approfondita e completa visione del possibile risultato finale, inclusiva del passaggio della luce naturale utilizzata per incorniciare e valorizzare ogni recesso della biblioteca. Che si compone di 690 mq con scaffali tutti pienamente raggiungibili (diversamente da altre spettacolari ed ancor più vaste biblioteche cinesi) coadiuvati da ulteriori 300 dedicati al ristoro dei frequentatori del lungomare, inclusivi di bagni pubblici e persino docce… Forse per i bagnanti? Fondamentale aspetto dell’opera, continuativo di un discorso iniziato con il Gran Teatro di Harbin (Haerbin Dajuyuan – 哈尔滨大剧院) costruito tra le montagne all’altro capo settentrionale del paese, è la possibilità di accedere facilmente al tetto, in questo caso senza punti di passaggio all’esterno ma con la piccola ricompensa di un’aiuola vegetativa con tanto di fontana e tavoli per osservare il panorama circostante. Un modo estremamente funzionale, alla finalità di elevarsi e lasciarsi addietro il vasto novero dei propri problemi terreni.

Certi scorci tentano di richiamare il pieno apporto della nostra attenzione, entrando parzialmente in conflitto con le attività che richiedono concentrazione. Eppure non è forse vero che un contorno straordinario accresce, ed in qualche modo apprezza qualsivoglia rappresentazione teatrale? Anche se di un tipo “meramente” immaginario.

L’effettivo paragone nominale di una biblioteca alla questione largamente fantascientifica del wormhole, un teorizzato “punto di passaggio” utile all’esplorazione futura di stelle, o persino galassie distanti è quindi l’evidente risultanza di un lungo e attento processo di selezione. Per l’interazione dei singoli elementi dell’edificio, che paiono compenetrarsi nella quarta dimensione ma soprattutto la ben nota funzione collaterale offerta dal semplice gesto di prendere in mano la parola scritta, non importa quanto polverosa o parzialmente dimenticata. In un’epoca in cui ogni libro può essere accessibile in qualsiasi momento, e in un formato in alcun modo meno valido della versione fatta in cellulosa ed inchiostro, dove il merito più grande di strutture come questa diviene l’opportunità di catalogare e fruire in condizioni ideali il repertorio dell’umana Sapienza. Per tutti coloro i quali, a differenza dei saggi sovrumani del Taoismo, non possiedono la chiave per accedere alle regioni superiori dello spaziotempo. Ma non per questo debbono rinunciare a cercarla, un gesto parimenti meritevole, altrettanto utile ad accrescere la propria più recondita comprensione dell’Universo.

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