Limpido cubismo sottolineato sulla schiena della super-cimice africana

Splende il sole al margine della savana del Mozambico, dove la vegetazione inizia a diversificarsi, e creature di ogni tipo fanno a gara per trovarsi uno spazio nel tumultuoso ecosistema estivo. Siamo a ottobre, novembre, dicembre, quando le piogge cessano ed inizia il periodo di maggior secchezza dell’aria, riuscendo indurre un latente stato di torpore negli animali vertebrati, che da tempo hanno già completato i loro compiti riproduttivi. Tutt’altra situazione vivono, del resto, gli insetti. Schiere di formiche marciano ordinate verso il proprio tornaconto, e come loro le termiti. Non c’è riposo nel vocabolario dello scarabeo della frutta, che procede alla ricerca di quel cibo che necessita per giungere l’intera estensione dei suoi cinque mesi di vita. Farfalle volano insistentemente nell’aria. E la mantide fiore, variopinta quanto l’espressione vegetativa di cui riprende l’aspetto ed il nome, si dondola insistentemente avanti e indietro, avanti e indietro, a suprema imitazione del vento mai davvero silenzioso. Ma c’è qualcosa di notevolmente piccolo, sopra e sotto alle foglie dell’ibisco, dietro alle Albizia simili a mimose, attorno al Capsicum selvatico e l’anacardio occidentale, che sembrerebbe quasi creato con l’esplicita finalità di attrarre l’attenzione. Alcuni, dall’intento particolarmente razionale e scientifico, giungerebbero a chiamarlo aposematico: ovvero dall’aspetto tanto appariscente, da creare diffidenza e persino paura nei predatori. Altri, e con essi includo buona parte del consorzio umano, più semplicemente: bellissimo. Ed è certo valido a comprendere l’effettiva portata della situazione, il fatto che l’insetto Sphaerocoris annulus sia stato soprannominato almeno negli ultimi tre quarti di secolo col nome di uno dei più grandi pittori (forse il PIÙ importante) del Novecento: Pablo Picasso in persona, che ha inventato e consacrato la corrente cubista. Eppure neanche ebbe mai ragione, o ispirazione, di dipingere una tale scena fuori dal tempo: letterali dozzine, quasi centinaia di stravaganti cimici, non più grandi di 8-10 mm ciascuna, individualmente impreziosite dal passaggio di un pennello, che attentamente vi ha dipinto una quantità media di 11 macchie ad anello verde, rosse e nere. Sfumando negli spazi negativi, con notevole attenzione ai dettagli, macchie di una tonalità verde acqua sullo sfondo di un garbato color beige. Arte, minuzia, perizia, massima delizia. Per gli occhi (al minimo) e un po’ meno per le nostre attente narici. Poiché la classificazione tassonomica di un tale protagonista, come accennato poco sopra, lo pone a pieno titolo nella famiglia degli Scutelleridae strettamente imparentati con le Pentatomoidea, ovvero la tipica cimice verde che ama occasionalmente penetrare nelle nostre case. Ma se fosse tanto bella, nell’aspetto, son pronto a scommettere che mai nessuno penserebbe anche soltanto in via teorica di andarle dietro con un foglio di giornale arrotolato, imprescindibile sinonimo artropode di perdizione.
Come rappresentanti tra i più diffusi dell’ordine cosmopolita degli emitteri, spesso chiamati in via ancor più diretta “veri insetti”, questo stravagante erbivoro non-predatorio trova quindi un ciclo vitale conforme alle caratteristiche della sua intera genìa, che lo vede deporre le uova annualmente (trattasi di specie univoltina) in agglomerati geometricamente interessanti, romboidali o rettangolari, per poi attendere pazientemente la schiusa dopo un periodo di circa 56 giorni. Al che fa seguito l’emersione, piuttosto prevedibile, delle ninfe già ragionevolmente formate dei suoi speranzosi eredi, caratterizzati da una semplice colorazione tendente al giallo paglierino. Sarà soltanto col trascorrere del lungo inverno, nelle sue calorose regioni d’appartenenza, che l’insetto potrà quindi raggiungere la sua colorazione e dimensione d’adulto, in un processo che lo fa classificare nel gruppo degli artropodi emimetaboli, ovvero soggetti a metamorfosi incompleta. Non che ciò influisca, in alcun modo apprezzabile, sulla qualità esteriore di quello che potremmo giungere a definire il “quadro” finale…

Non più grande dell’unghia del pollice, l’insetto Picasso riesce nondimeno a catalizzare e focalizzare l’attenzione dell’inquadratura. Così come tante volte in precedenza era successo, per le opere visuali del grande pittore. – Via

Sorprendentemente diffuso in varie zone dell’Africa pur non essendo stato ancora sottoposto a studi molto approfonditi, questo riconoscibile Scutelleridae vede quindi un areale in grado d’includere territori distanti come il Durban e Lesotho, Mozambico, Botswana, Zambia, Kenya, Etiopia, Nigeria e Ghana. Sebbene si trovi prevalentemente associato, nell’esperienza diretta degli entomologi, alla parte più meridionale del continente. Dal punto di vista morfologico è rilevante notare come, dunque, pur assomigliando con la sua livrea variopinta a un qualche tipo di scarabeo questa creatura presenti abitudini e caratteristiche nettamente distinte. A partire dall’ancor minore propensione al volo, causa la conformazione dello “scudo” protettivo così riccamente ornato, il quale risulta composto di un unico pezzo e perciò capace di limitare in modo significativo il movimento delle quattro ali fornite in dotazione. Laddove tutti i coleotteri, dal canto loro, possono giovarsi dell’impiego delle elitre, versione modificata del secondo paio d’ali, che aprendosi e togliendosi efficientemente di mezzo riescono a ridurre assai più sensibilmente lo sforzo necessario a sfidare l’attrazione della forza di gravità immanente. Per quanto concerne la nutrizione, nel frattempo, l’insetto Picasso può fare affidamento sul caratteristico “becco” mandibolare posseduto dagli emitteri, capace di perforare la membrana esterna delle piante al fine di risucchiarne la deliziosa ninfa custodita all’interno, ma non prima di averla irrorata con specifici enzimi atti a renderla più malleabile e per questo metabolizzabile dal suo organismo. Proprio questa caratteristica costituisce, tra l’altro, il principale mezzo utile a identificare l’appartenenza di un insetto all’ordine di questa categoria, nettamente distinta da blattoidei (scarafaggi) e psocidi (pidocchi) cui potrebbero piuttosto vagamente rassomigliare. Il che ci porta senza ulteriori esitazioni alla principale caratteristica considerata indesiderabile in tutte le cimici, ovvero l’attacco maleodorante con sostanze chimiche che costituisce l’effettiva minaccia in grado di far seguito alla colorazione aposematica, di cui tanto accuratamente sono state abbigliate. Una miscela quasi esplosiva di alcol, esteri ed aldeidi, il cui effetto sensoriale non potrà che essere aumentato dall’abitudine di simili creature a vivere in colonie piuttosto affollate, scoraggiando con l’olezzo molti dei tentativi più ambiziosi di arrecargli un qualsivoglia fastidio. In caso di reiterato assalto, quindi, le cimici Picasso si lasceranno andare e cadranno a terra, attutendo per quanto possibile la caduta con le proprie inefficienti ali; un comportamento facilmente apprezzabile anche nelle loro verdi controparti europee.
Nonostante si tratti d’insetti per loro stessa natura infestanti, i Pentatomoidea o cimici verdi con cui siamo tanto acclimatati non godono in genere di una capacità di proliferazione tale da assumere significativa rilevanza economica. Tutt’altra storia, gli Scutelleridae o “insetti gioiello” dell’Africa ed Asia meridionali, tanto spesso chiamati collettivamente e in modo lievemente inquietante la Sunn pest. Talmente famelici nel loro consumo del grano e coltivazioni similari da aver motivato investimenti annuali superiori alle svariate decine di milioni di dollari, nel prevedibilmente vano tentativo di contenerli. Con l’agente più terribile, di questa ripida discesa verso la condanna, identificabile nella cimice Eurygaster integriceps, dalla conformazione simile ma una colorazione decisamente meno gradevole del nostro variopinto Sphaerocoris annulus, i cui appellativi alternativi includono Zulu Hud Bug o iCikwa. Finché talvolta, in tali territori, si è giunti ad armi di distruzione potenziali come l’impiego delle vespe parassite, capaci d’infestare e distruggere le uova delle maleodoranti creaturine, almeno finché la situazione non è sfuggita irrimediabilmente di mano, portando all’eliminazione anche di specie d’insetti più rare ed anche per questo, assai meno nocive. Mere vittime di gravi circostanze belliche, le cui ramificazioni sono tanto spesso difficili da prevedere.

Qualche volta tutto quello che resta è fermarsi ed ammirare, quale fantasia e che splendida creatività, sembrino guidare le scelte pratiche dell’evoluzione. Ma ogni puntino, difficile negarlo, viene posto sulla “I” di una ragione estremamente precisa. – Via

“Sembra dipinto” viene quindi considerato il più notevole dei complimenti, tra quelli che un entomologo possa rivolgere al soggetto delle sue ricerche sotto la lente d’ingrandimento di una mente acculturata. Sebbene spesse volte, resta difficile negarlo, sia proprio l’opera di chi ammira in modo esplicita la natura, a fare il possibile per inseguire alcune delle sue più ineccepibili creazioni visuali. E sono proprio esseri come questa cimice dai puntini ad anello, a fare tutto il possibile per tentare di farcelo capire! A patto, s’intende, di non essere eccessivamente lesti con il foglio di giornale. O le casse semi-trasparenti, accuratamente riempite di un esercito ronzante di vespe assassine…

Difficile, se non addirittura impossibile, trovare una foto delle ninfe di questa notevole cimice online. Possibile che questa in quest’immagine dalla tonalità vagamente arancione sia identificabile lo stadio intermedio verso l’età adulta? – Via

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