La zucca dai 10 tentacoli, un caotico mistero autunnale

L’acqua che scorre, come è noto, può riuscire a corrodere i ponti. Quello che taluni non ricordano, in alternativa, è come il fluido che ristagna possa giungere alla stessa conclusione, tramite l’esplorazione di un sentiero alternativo. Poiché quando il tempo passa, senza cambiamenti, e il flusso delle idee ristagna come i miasmi delle grotte sotto il passo dei giganti, strani esseri imparano a nutrirsene, crescendo progressivamente e in modo esponenziale. Polpi, o polipi che dir si voglia (in teoria si tratterebbe di una cosa differente) i quali emergono da occulte falde o laghi sotterranei mentre strisciano come gli orribili fantasmi, alla ricerca di un corpo terrestre da contaminare. Così qualche volta trovano un umano. Certe altre, una pianta.
Oh, terrore inconoscibile nella profonda notte di Samhain! Oh, incubo mostruoso che attecchisce tra le nebbie che si estendono durante il sono dei neuroni! Internet ha partorito un’altra foto priva di un contesto ed almeno a quanto ci è possibile capire, logica biologica che interferisca con l’intrinseca non-essenza dell’Entropia. Poiché nessuno si è mai chiesto, nella storia dell’umanità pregressa: “Può esistere una zucca coi tentacoli?” Eppur quest’ultima, con voce roboante nata dalla pura e semplice evidenza, qui risponde: “Si.” Ed è il problema principale di quel mondo digitale, se ci pensi, questa innata propensione a scollegare il dato dalla fonte, ovvero in altri termini, la didascalia dall’immagine, il che in un mondo come il nostro, porta ad una strana forma di venerazione, quasi religiosa nei suoi metodi e modalità di sfogo. Esattamente come, a ben pensarci, le occulte religioni apocalittiche di Lovecraft, l’autore dell’orrore cosmico che tanto spesso finisce per essere chiamato in causa, ogni qualvolta dei tentacoli compaiono laddove, in linea teorica pregressa, non dovrebbe affatto esisterne alcuno. Eppur la zucca Cthulhu, come sembrerebbe essere stata battezzata dalle moltitudini, ha visto fin da subito l’insorgere di un contrappunto razionale: “Deve trattarsi senz’altro di un’opera d’arte intagliata” Se non che signori, chiedo qui un’alternativa considerazione: conoscete voi qualche maniera per riuscire a far ricrescere la buccia, dove il passo del coltello ha già ferito la fruttuosa forma dell’originale punto di partenza? O riempire il grande vuoto al centro delle circostanze? No, qui le alternative essenzialmente possibili sono soltanto due: che la zucca sia NATA in questo modo, oppur CRESCIUTA tale, grazie ad una sere di variabili e generalmente sconosciute circostanze. Così per iniziar dalla seconda ipotesi, cominciando all’incontrario come appare stranamente appropriato se si parla della notte delle streghe in cui la genesi delle ore è capovolta, che ne dite della spiegazione affine al metodo bonsai? Il mostruoso frutto potrebbe allora essere una semplice zucca del tipo Cucurbita moschata, butternut squash o zucchina trombetta, come viene detta nel Sud Italia, obbligata a crescere all’interno di un contenitore con svariate aperture, tali da alterare le normali proporzioni del peponide arancione. Semplice, lineare (più o meno). E se invece, proviamo un attimo a pensare, tutto questo fosse la finale conclusione di un imprescindibile fraintendimento, poiché non solo questa infernale cosa può manifestarsi tra gli alterni casi della natura, ma è addirittura già successa in precedenza?

Il cedro mano di Buddha viene considerato normalmente incommestibile, benché risulti possibile in effetti cucinarne la buccia al fine di creare marmellate o caramelle dal gusto particolarmente aromatico, pratiche tutt’ora stranamente sconosciute alla maggioranza nel suo originario contesto d’Oriente.

Ritengo perciò assai probabile che una categoria particolare di lettori, quella degli esploratori gastronomici con esperienza sull’Estremo Oriente, avesse già azzardato una possibile linea chiarificatrice per comparazione. Quella con la cosiddetta mano di Buddha o Citrus medica var. sarcodactylis, appartenente non più al regno dei peponidi bensì quello degli agrumi, ed in particolare sotto il termine ad ombrello che si riferisce ai più antichi, e selvatici tra di essi: il cedro. Non che sia possibile, contrariamente a quanto si potrebbe essere inclini a pensare, usare questo frutto per ricavare alcun tipo di spremuta o consumarlo in modo semplice e diretto, data la totale assenza al suo interno di polpa, semi o spicchi. Bensì un solido strato di scorza, straordinariamente profumata, che non inficia del resto l’uso prediletto in tutta l’Asia Orientale, con finalità decorative o interconnesse a un certo tipo di preghiere buddhiste. Poiché il termine fóshǒu (佛手) usato dai cinesi in quel contesto, può significare con un’altra coppia di caratteri “lunga vita” e “fortuna”, ragion per cui l’oggetto è molto ricercato in occasione delle festività per il nuovo anno lunare, quando viene appeso in casa al fine di chiamare l’attenzione sincretistica di un ampia serie di spiriti benevoli tra il tramonto e l’alba (Strano ma vero: non tutte le entità sovrannaturali devono per forza essere malefiche, in assenza di una religione monoteista!) Questo frutto pregno di significato culturale e folkloristico dunque, che si concretizza sul suo basso arbusto di un colore originariamente verde scuro o violaceo per poi virare verso un familiare giallo, momento in cui viene considerato ormai “andato a male”, è in effetti la diretta conseguenza di una malformazione genetica, che impedisce ai diversi spicchi dell’agrume di crescere come un’entità unita, portandoli ad estendersi nel modo libero ed imprevedibile che tanto sembra assomigliare alle due mani giunte dell’Illuminato. Buddhità a parte, tuttavia, non è ben chiaro come un simile processo possa giungere a coinvolgere una zucca che è un tutt’uno ed in genere, del tutto priva di qualsiasi suddivisione interna. Il che ci riporta con estrema rapidità d’intenti ad un processo di selezione interna, e l’interrogativo in merito a quanto sia una tale foto in qualsivoglia riconducibile, per vie traverse o prevedibili, a qualcosa che già è noto per le pagine fruttuose di una tale arzigogolata storia. E sebbene sugli stessi recessi di Internet si parli in modo vago di una cosiddetta e leggendaria octopus gourd (zucca polpo di un colore comunque non arancione, caso in cui sarebbe stato usato il termine pumpkin) le cui poche foto di repertorio assomigliano più che altro ad una stella marina, è anche possibile trovare un possibile parente dalla natura più tangibile ed innegabilmente evidente. Sto parlando della zucca con le dita della Yugoslavia o zucca ananas, una particolare variante della Cucurbita pepo vagamente affine alla diffusa zucchina tonda di Nizza ma più grande, nonché dotata di una quantità di fino a 10 suggestive protuberanze, senz’altro utili nell’impiego come zucca decorativa per un’ampia seria di circostanze. E tutto questo, nonostante sembri essere, persino, commestibile! Davvero una proposta poliedrica, rispetto alle alternative fin qui proposte…

La zucca yugoslava è diventata famosa in Occidente dopo la sua comparsa sul catalogo di semi e piante americano Burpee, nell’ormai remota edizione del 1884. Particolarmente stimata risulta essere, a quanto si dice, la sua capacità di conservarsi integra nel tempo.

Altrettanto percorribili risultano essere, in conclusione, alcune vie alternative verso una possibile spiegazione. A patto di muoversi abbastanza in fretta, prima che la Notte delle notti giunga ad oscurare ogni proposito di raziocinio residuo. Poiché ciò che è fatto di tentacoli, o ne possiede per sua imprescindibile propensione, non resta certo fermo ad aspettare. Ma strisciando corre rapido in avanti, fino alle propaggini remote del suo regno segreto.
Altrettanto accettabile, per quanto mi riguarda, sarebbe la teoria secondo cui la zucca misteriosa possa essere una semplice scultura, fatta di cera. In fondo chi può dire, in ultima analisi, di non aver scrutato almeno una volta nell’Abisso per chiedere il significato della sua esistenza? Scoprendo di essere un’intrinseca parte di quello stesso vuoto che circonda la Simulazione, e perciò incapace di acquisire il sofisticato quadro d’insieme necessario a conoscere l’ultima realtà.

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