La spatola dal becco nero sul confine armato delle due Coree

E chi dovesse perciò dubitare, anche soltanto per un attimo, che la bellezza abbia il potere di salvare il mondo, non dovrà far altro che guardare verso la catena di piccole isolette, poco più che scogli in mezzo al Mar del Giappone, visibili da uno dei confini fortificati più critici del mondo intero. Dove i giganteschi eserciti si guardano da un paio di generazioni, nell’attesa di una dichiarazione di guerra che potrebbe giungere in qualsiasi momento; mentre l’uccello bianco e nero tra i più celebri ed amati di tutta l’Asia viene per trascorrere l’estate, al fine di deporre le uova a gruppi di tre che custodiscono il futuro della sua specie. Ha la dote naturale di pacificare gli animi, del resto, la spatola minore o dalla maschera nera (Platelea Minor) come dimostrato dai numerosi trattati internazionali istituiti nel corso degli anni per proteggere la sua anima migratrice, tra potenze economiche e politiche naturalmente ostili come il Giappone, la Cina continentale, Taiwan ed Hong Kong. Tigri formidabili che pur continuando a girarsi attorno, in un conflitto economico ancor più tangibile e duraturo di quello tra le contrapposte Coree, hanno accettato di buon grado il raggiungimento di una rara comunione d’intenti, pur di garantire la continuativa esistenza di costui. Guadagnandosi le piene congratulazioni da parte di chiunque apprezzi il mondo variopinto e spesso imprevedibile degli animali, contro l’incipiente entropia della biodiversità causata dalla riduzione degli spazi comuni.
C’è ben poco, d’altra parte, che possa dimostrarsi utile ad allontanare la speculazione edilizia e l’eccessivo sfruttamento turistico, quanto vaste distese di campi minati e batterie d’artiglieria puntate vicendevolmente l’una verso l’altra, all’incrocio di una vera e propria tempesta perfetta di una serie di territori lasciati completamente a loro stessi, giusto ciò che serve a specie grandi, magnifiche e rare. Non è comunque difficile inquadrare, in linea di principio, la spatola dalla maschera nera nella sua famiglia dei Threskiornithidae, che include uccelli molto simili assieme agli ibis dal becco ricurvo, benché sussistano una serie di significative differenze sul piano comportamentale. L’affascinante creatura asiatica, imparentata strettamente con la spatola reale australiana (P. regia) dimostra la stessa lunghezza tra i 70 e gli 80 cm per un peso di circa 2 Kg, oltre al caratteristico becco piatto in senso latitudinale, che l’uccello impiega con sapiente maestria nel gesto altamente caratteristico di muovere la testa a destra e sinistra, mentre cerca il suo pasto quotidiano composto di gamberetti, piccoli pesci e molluschi privi di un guscio. Finalità in cui viene aiutato, secondo quanto ha dimostrato la scienza, da alcuni spazi cavi ed opercoli previsti nella struttura scheletrica di tale organo, occupati da appositi organi sensoriali dall’estrema sensibilità al contatto o le vibrazioni. Strumento che non risulta sufficiente, di suo conto, a risparmiare a queste creature il bisogno di trascorrere molte ore intenti nell’attività dispendiosa di procacciarsi il cibo, spesso anche a discapito delle proprie possibilità di futura sopravvivenza. Ed è innegabile a tal proposito, la condizione precaria di una specie tanto affascinante, giunta ad essere rappresentata negli anni ’90 da poco più di 200 esemplari su scala globale, mentre gli sforzi compiuti collettivamente dall’intero consorzio di nazioni dell’Asia Orientale, nel preservare ed ampliare gli spazi naturali occupati durante l’inverno dagli uccelli, ha permesso di migliorare la situazione fino all’attuale classificazione “a rischio” (ma non critico) da parte dell’indice dello IUCN, per un totale accertato di 1.600 spatole. Benché il conteggio delle loro uniche, fondamentali colonie riproduttive, resti off limits agli scienziati, per prevedibili considerazioni di sicurezza nazionale al centro di una delle contese territoriali più delicate dei nostri correnti giorni.

Riprendere le spatole è un passatempo particolarmente apprezzato dagli ornitologi di buona parte d’Asia, benché sia consigliabile praticarlo con moderazione. Gli uccelli, se eccessivamente disturbati, si sono infatti dimostrati meno inclini a riprodursi l’estate successiva.

La fortuna della spatola dalla maschera nera può essere riassunta, quindi, nella sua natura evidentemente carismatica che gli è valsa, tra le altre qualifiche, quella di Monumento Naturale del popolo di Corea, all’interno di una lista lunga mille elementi che contiene tra le altre cose la foresta di alloro del monte Naejangsan, la costa di Ulsan dove migrano le balene e la tartaruga dei laghetti (Mauremys reevesii). Soprattutto quando, di ritorno dalla stagione degli accoppiamenti, mostra le caratteristiche macchie gialle sul petto ed il collo, coordinate con i segni di colore ancor più intenso collocati al di sotto degli occhi attenti e l’alta cresta erettile, simile all’ornamento di un antico sciamano. Lo stesso becco, elemento tanto caratteristico dell’uccello, se guardato da vicino mostra una serie di linee tigrate azzurrine dalla forma irregolare, che restituiscono in maniera cangiante la luce del sole. Gli stessi rituali che portano alla composizione delle coppie riproduttive, destinate a rimanere monogame per un anno intero ed osservati per lo più da lontano, sono aggraziati e memorabili, con i maschi che duellano strofinando il becco tra loro e la partner selezionata, prima di procedere all’atto principale della faccenda. Segue quindi un’accesa battaglia tra i maschi per la conquista degli spazi e i materiali necessari alla costruzione del nido, nell’ambiente dall’estensione decisamente limitata degli isolati scogli al confine tra le Coree, che si conclude comunque con il raggiungimento di uno stato d’equilibrio ragionevolmente soddisfacente per l’intera, affollata colonia. A fianco della quale è stato teorizzato in anni recenti esisterne una seconda, probabilmente abituata a nidificare nell’entroterra nord-coreano, la cui interferenza proficua è oggi ritenuta aver contribuito in buona parte alla ripopolazione del gruppo principale del raro, insostituibile uccello. Maschi e femmine, a questo punto, si divideranno a turno i compiti tra il procacciarsi il cibo e covare i pargoli, raramente soggetti ad alcun tipo di predatore naturale. Mentre il rischio principale resta quello della morte per fame di questi ultimi successivamente alla schiusa, data la difficoltà occasionale nel trovare fonti abbastanza copiose di cibo.
Il tipo di azioni intraprese per la continuativa sopravvivenza del becco a spatola si sono concentrate, in funzione di considerazioni geopolitiche, principalmente presso i siti dove migra al termine dell’estate, disperdendosi nell’intero Estremo Oriente con percorsi migratori capaci di raggiungere, e superare abbondantemente, le 2.000 miglia d’estensione. Per fare la sua comparsa generalmente negli specchi d’acqua dolce, paludi ed acquitrini per lui più vantaggiosi dal punto di vista alimentare, posizionati vicino al mare che dovrà ricondurlo l’anno prossimo a casa. Ed ecco, a questo punto, la chiave dell’intera faccenda, perché l’interesse turistico ed economico di tali spazi ha portato a una progressiva riconquista da parte degli umani e trasformazione in spazi utilizzabili dal punto di vista urbanistico ed architettonico, continuando a ridurre progressivamente le possibilità di sopravvivenza del P. Minor, mentre ogni notizia per la costruzione di un nuovo aeroporto, ponte o passaggio autostradale nell’area interessata veniva generalmente accompagnata, negli scorsi anni, da una riflessione su cosa ciò potesse significare per la sopravvivenza di un alto numero di specie minacciate. Fatta eccezione per luoghi come il parco di Taijiang sull’isola di Taiwan o l’intero territorio della Deep Bay sita tra Shenzen e Hong Kong, dove uno sforzo collettivo ha permesso agli uccelli di continuare a nutrirsi fin quasi all’ombra dei grattacieli, nei confronti dei quali sembrano essere collettivamente, e fortunatamente disinteressati. Il becco a spatola minore risulta tra l’altro uno dei punti cardine da preservare nel trattato per la tutela degli acquitrini di Ramsar, entrato in vigore fin nel remoto 1975, attraverso il quale si è dimostrato capace di fare da ambasciatore per la protezione continuativa nel tempo di un alto numero di specie a lui connesse per la scelta dell’habitat, tra le oltre 120.000 che passano annualmente nella zona della Deep Bay. Per non parlare della flora e persino alcune specie di pesci d’acqua dolce, considerate fondamentali come fonte di cibo per i membri della colonia dispersa e disseminata un po’ ovunque durante i lunghi e difficili mesi dell’inverno asiatico settentrionale.

Il parco di Taijiang rappresenta un esempio particolarmente riuscito di conservazione naturale, in un territorio relativamente ridotto come quello dell’isola di Taiwan. Avendo funzionato da modello, nelle ultime decadi, per l’istituzione di spazi simili lungo il resto degli spazi occupati dal P. Minor.

Pace, guerra o interminabili tregue, mantenute grazie alla diplomazia dei missili e altrettanto forti parole, vogliono dire del resto ben poco per una creatura aggraziata e magnifica come l’uccello bianco dal becco nero, che qui viveva da molto prima dell’istituzione di una cosiddetta zona off-limits. Per un becco a spatola che, pur assomigliando notevolmente al suo cugino australiano ed in misura minore, ai simili diffusi nel resto dell’area eurasiatica e persino nel Nuovo Mondo, sembrerebbe possedere una capacità ancor più rara e inerentemente preziosa. Quella di placare, al passaggio del suo volo elegante compiuto alla massima estensione del collo di cui la natura l’ha dotato, l’innata natura al conflitto reciproco dell’animo umano. E non credo possa esserci, a conti fatti, un miglior dono possibile da parte di una specie animale nei confronti della sua sempiterna e imprescindibile controparte, l’invadenza di chi domina gli ampi spazi di questa particolare isola universale, la roccia chiamata Terra all’interno del Sistema Solare. E non ha certo intenzione, oggi o dopodomani, di concedere ai suoi vicini un pari diritto a farlo; ma un uccello, che dire….

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