Che cosa hanno in comune il conte Edilio Raggio, imprenditore ed uomo d’affari, nonché il più ricco deputato del Regno, vissuto all’epoca dell’Unità d’Italia, e Josh di “Esplorando con Josh” venticinquenne canadese con tre canali su YouTube ed uno su Twitch, appassionato di esplorazione urbana e videogiochi di ogni genere, attività da due milioni e mezzo di spettatori che in qualche maniera, si sostengono a vicenda? Beh, non moltissimo, oggettivamente, se non questo: entrambi sanno apprezzare lo stile Liberty della Belle Époque. Anche se il secondo, piuttosto che riconoscerne le caratteristiche e chiamarlo per nome, si limita a lanciare esclamazioni gutturali d’entusiasmo di fronte al “tizio dorato” dipinto sul soffitto e le finiture murarie di Villa Minetta, uno dei più importanti lasciti architettonici del grande armatore, poi padrone di un’industria di produzione dell’acciaio, infine venditore di mattonelle combustibili da usare nelle ferrovie. Eppure tra lui ed il gotha dei beni culturali operante nei dintorni di Novi Ligure, dove ci troviamo per questo video del genere urbex (URban EXploration) è sicuramente il giovane turista a farci una figura migliore, visto lo stato di totale abbandono e sostanziale rovina in cui si trova il vasto e nonostante tutto, affascinante edificio. All’interno di un bosco che fino alla metà degli anni 90 era stato un parco ben tenuto, con prato e cespugli all’inglese, alberi secolari e specie esotiche, ma che ora nasconde il vecchio maniero come il roveto della Bella Addormentata, senza neppure l’ombra di un perché.
È difficile immaginare le centinaia di migliaia di lire, oggi corrispondenti a letterali milioni di euro, investiti all’epoca per costruire questa enorme dimora di campagna, degna di ospitare il 7 settembre del 1877 persino re Vittorio Emanuele II assieme a suo figlio il principe Umberto, probabilmente in viaggio verso una delle sue amate spedizioni di caccia. Quattromila metri quadri disposti su tre piani, di stucchi, statue, finestroni e vaste sale, un tempo al centro della vita mondana dell’intera provincia di Alessandria, secondo il volere del suo insigne abitante. Ma il tempo passa e i fattori cambiano, così che un giorno, il conte decise di trasferirsi nell’ancor più sfarzosa Villa Lomellini, sita a qualche chilometro a sud di Pavia, oggi trasformata in hotel e centro congressi dall’Opera di Don Orione. Poiché proprio questo, in ultima analisi, è il miglior destino che si possa augurare alla propria eredità immobiliare: un utilizzo singolo, stabile e continuativo nel tempo. Mentre per la Minetta rivenduta più volte, fu un continuo processo di trasformazione non sempre nell’interesse della sua integrità strutturale. Nel 1906, dopo la morte del grande industriale, suo figlio Carlo saldò tutti i debiti che i novesi avevano al Banco di Pietà. Quindi la villa resta disabitata per lungo tempo, finché allo scoppio della seconda guerra mondiale, il Comando Supremo delle Forze Armate tedesche vi colloca il quartier generale del GAL (Gruppo Armate Liguria) comandato dal gerarca fascista Graziani, che viene ad abitarci. Dal 1945 in poi, dopo una breve occupazione da parte dei militari americani, la casa diventa di proprietà di un facoltoso circense, tale Giovanni Palmiri detto “il Diavolo Rosso” per il suo celebre spettacolo in cui usava mettersi in equilibrio sulle principali piazze italiane sopra una canna di bambù alta 50 metri. Forse risale a quest’epoca lo strano bagno incontrato da Josh durante la sua esplorazione, decorato con mattonelle psichedeliche non propriamente conformi al resto dell’edificio; ad ogni modo, nel 1949 Palmiri muore mentre tenta di salire al volo su una motocicletta e correre su di un filo, e la sua famiglia mette di nuovo in vendita la villa. A quel punto l’edificio viene acquistato dagli Spinoglio, che vi aggiungono piscina, campo da tennis, sauna e spogliatoio. Verso la metà degli anni 90, la proprietà così abbellita viene ipotizzata da Lady Diana e Dodi Al-Fayed come futura dimora della loro problematica relazione, prima che tutto finisca con il tragico incidente del Pont de l’Alma. Verso la metà degli anni 2000, quindi, se la compra l’imprenditore del settore automobilistico ed edilizio Valter Marletti, che promette di investire 10 milioni di euro nel suo ripristino allo stato originario. Da allora, lì giace.
Un’intervento di riparazione al tetto. Il rifacimento di qualche opera muraria. Magari una recinzione più efficiente, e magari una sorveglianza anche occasionale da parte di una o due guardie giurate. Non ci sarebbe voluto effettivamente moltissimo, per preservare questa notevole espressione dell’800 italiano, dall’attività dei vandali e la ferocia implacabile degli elementi. Ma per un motivo o per l’altro, sfortunatamente, non se ne trovò il tempo. Così oggi il tenebroso edificio è noto ai giovani di Novi Liguri con il nome di “villa del vinaio” a causa della nutrita cantina rimasta misteriosamente semi-integra benché e ricoperta da strati di candide ragnatele. Degli antichi gusti ed aromi, null’altro che aceto decisamente ben stagionato, il cui impiego in cucina sarebbe alquanto sconsigliabile ai più. Voci non confermate di strane voci e fantasmi, pressoché inevitabili in tali luoghi, non hanno tuttavia scoraggiato il nostro biondo eroe coi suoi due amici, che armati di almeno una videocamera ad alta definizione, trovano la loro via d’accesso proprio da qui, attraverso un corridoio seminterrato che pare uscito direttamente da un film thriller d’altri tempi. Una volta scoperta la grata che chiude l’altra estremità del passaggio, quindi, Josh e il cameraman assicurano al terzo membro del team la presenza di “qualcosa di magnifico” in fondo al tunnel, e sghignazzando lo lasciano mentre s’inoltra al buio verso i più remoti recessi del sottosuolo. Un tipico scherzo canadese.
Inizia quindi la fase più interessante del documentario, in cui le vaste sale vengono mostrate in tutto il loro vetusto splendore, mentre il ragazzo esprime tutta la sua meraviglia nel vedere un simile luogo in stato totale di abbandono, con i caminetti marmorei “stranamente spariti” (mi chiedo che fine possano aver fatto!) e un controsoffitto sfondato, da cui emerge una soluzione di isolamento termico realizzata mediante una stuoia di paglia intrecciata. Altri grandi assenti del giro turistico improvvisato sono i pavimenti, prelevati dagli stessi sciacalli che attorno all’anno 2000 si presero le tegole dal tetto, condannando essenzialmente l’edificio alla progressiva marcescenza e disgregazione. L’antico splendore, tuttavia, di tanto in tanto emerge ancora, nella figura in bassorilievo di quello che sembra essere un fauno, o ancora nel soffitto di un salone da ballo, che ancora presenta miracolosamente un’impianto decorativo pittorico con figure ispirate alla natura. Ed è difficile non restare colpiti dal sincero sdegno che costoro, veri e responsabili praticanti della disciplina borderline dell’urbex, esprimono all’indirizzo dei precedenti visitatori abusivi, che non si sono fatti problemi nel contribuire alla sostanziale rovina di un luogo tanto prezioso. Ad un tratto, dai boschi circostanti, si sentono le voci di un gruppetto di ragazzi italiani, probabilmente venuti a scaricare lo stress dei primi giorni di scuola. Con voce stentorea e il più possibile adulta, quindi, Josh emette un paio di “Chi va là?” roboanti, che paiono sufficienti a metterli in fuga. Sghignazzando con i due sicofanti, quindi, continua e conclude il suo giro.
Per noi, forse, è ormai un fatto tristemente accettato. In un paese in cui il patrimonio artistico e talmente vasto da permeare ogni ambiente del vivere civile, che cosa dovrebbe mai avere l’ennesima villa ottocentesca rispetto gli innumerevoli palazzi di una qualsivoglia città, persino più antichi ed affittati a privati come fossero dei comuni appartamenti… Perché l’utilizzo preserva. Mentre l’intenzione non basta a preservare, a meno che s’intenda spendere spaventose somme di denaro. Per chi viene da un paese del Nord America, in cui la più antica opera muraria in senso moderno non risale a prima dell’epoca delle Grandi Esplorazioni, è semplicemente inconcepibile che un luogo simile venga letteralmente lasciato alle ortiche, agli scarafaggi ed ai topi.
“Se questa villa fosse ancora del tutto integra, sarei volato oltre l’Atlantico soltanto per venire a vederla!” Esclama con tono reverente il buon Josh. Ma nei fatti ci è venuto lo stesso, perché forse è proprio questo suo stato di prolungato abbandono, a renderla ancor più ricca d’interpretazioni possibili ed un significato profondo. La realtà più nascosta dell’urbex è che ti permette di prendere atto dell’impermanenza e lo scorrere di tutte le cose. Portandoti a vedere un qualcosa che assai probabilmente, di lì a poco cesserà totalmente di esistere. Non è un’avventura, bensì un viaggio a ritroso tra le epoche dei nostri antenati. Che cattura tutto il possibile, prima che venga risucchiato dalla vorticosa spirale del Tempo.