Il Panopticon, la prigione modello del guardiano onnisciente

Edifici in muratura rossastra, sperduti tra i venti dell’Isla de la Juventud, Cuba. Abbandonati. Dalla forma simile ad un tamburo, come Castel Santangelo, ma pieni di finestre allineate alla maniera del Colosseo. Un tempo, sarebbero stati gremiti di uomini e donne, originariamente imprigionati durante il mandato di Gerardo Machado, quinto presidente del paese tra il 1925 ed il 1933. E poi di nuovo, durante il regime dittatoriale di Batista, tutti coloro che osavano opporsi alla sua egemonia, in una bailamme biblica di corruzione, infelicità e sofferenza. Ogni finestra una cella, illuminata dalla luce naturale proveniente dall’esterno, facendoli stagliare come figure di ombre teatrali danzanti dinnanzi allo sguardo di…Qualcuno, non si sa chi. Chi ancora oggi dovesse fare il suo ingresso in una di tali arene, ormai considerate un monumento nazionale, si troverebbe quindi di fronte a una torre centrale, con finestre rivolte in ogni direzione possibile, verso le celle circostanti. Da cui il guardiano avrebbe potuto osservare, alla maniera del mitico gigante greco dai molti occhi Argus Panoptes, in ogni direzione. E nessuna al tempo stesso. Sapere tutto senza conoscere nessuno. Guardare ma non essere visto. L’imperfetta, e per questo perfetta comunicazione.
“La soggettività dell’individuo è un illusione” avrebbe affermato il filosofo, giurista e teorico sociale Jeremy Bentham, vissuto tra il XVIII e XIX secolo nella grande città di Londra. Nella quale, riportando la conoscenza del mondo antico acquisita nel college di Oxford, rielaborò una visione del mondo risalente al filosofo greco Protagora, definita Utilitarismo. Secondo cui la misura della bontà di qualsiasi azione non è data dalle intenzioni o dalla visione finale di colui la compie, bensì da un’esatta misura di quali vantaggi essa porta al più grande numero di esseri senzienti, messa a confronto con la sofferenza che arreca a lui stesso. In un mondo perfetto, l’origine di una vera e propria utopia, in cui nulla può essere compiuto a discapito degli altri, nella più perpetua serenità ed armonia. Ma poiché questa società umana è la risultanza di un insieme di pulsioni contrastanti, non tutte originate dalla stessa visione altruistica del mondo, persino un simile luogo ameno dovrà fare i conti con la necessità di confinare, e possibilmente rieducare, tutti coloro che non si conformano costituendo un danno per il bene comune. Ed anche per questo, Bentham aveva un piano.
Prima di proseguire, è importante considerare come il concetto di totalitarismo non fosse assolutamente parte di questa equazione: il nostro filosofo, che era un liberista ed un positivista legale, credeva fermamente nel governo di una elite saggia e ragionevole, che permettesse ai suoi sottoposti di esprimere se stessi, autoregolandosi secondo un concetto universale del bene. Mancava ancora oltre un secolo, al concetto orwelliano del Grande Fratello, il leader dello stato immaginario di Oceania nel romanzo intitolato “1984”, che governava il suo paese con il sorriso baffuto ed un pugno segreto guantato di ferro. La sua idea per il panopticon (pan– tutto opticon-vedere) un nuovo tipo di edificio, era piuttosto il raggiungimento della stessa conclusione per vie alternative, un tipo, se vogliamo, di convergenza evolutiva verso un obiettivo “accidentalmente” comune. E questo obiettivo era la sorveglianza assoluta; poter tenere d’occhio, i propri cittadini nel caso della fiction fin troppo realistica dell’epoca successiva alla seconda guerra mondiale, e l’intera popolazione di un carcere nel secondo, verso una ricerca da parte del filosofo illuminista, che era in primo luogo economicizzante: ridurre i costi potendo mettere un singolo individuo a tenere d’occhio centinaia, persino migliaia di prigionieri. Ma che faceva di tale figura anche una sorta di demiurgo, in grado di dispensare ricompense e punizioni senza esporsi in alcun modo allo sguardo dei suoi sottoposti. Qualcosa che oggi, con l’invenzione delle telecamere a circuito chiuso e gli altri sistemi di sorveglianza remota, potrebbe anche apparirci triviale. Ma che all’epoca costituiva una vera, terrificante rivoluzione.

Strano contrappunto al concetto di città ideale: poiché il carcere è un luogo di espiazione e pentimento, la sua massima espressione viene trasformata in una fonte continua di sofferenza. Ma forse è proprio da tale angoscia interiore, nell’idea di Statham, che doveva rinascere la responsabilità civile.

Nessuna vera realizzazione del concetto di Panopticon fu mai effettivamente realizzata, anche se il Presidio Modelo di Cuba, descritto e mostrato in apertura, ci arrivò particolarmente vicino. Questo perché, sebbene il concetto della sorveglianza avesse colpito gli architetti dell’epoca, nessuno ne aveva colto l’essenza fondamentale ed il nesso dell’intera questione: la necessità di nascondere il guardiano alla vista dei detenuti. Soltanto così, esso avrebbe potuto trascendere la sua umanità, diventando qualcosa di assoluto ed inarrestabile, al pari di una forza imprescindibile della natura. Bentham, che credeva fermamente nella bontà della sua invenzione e l’avrebbe voluta applicare anche ad ospedali, istituzioni mentali, fabbriche, case dei poveri e scuole (tutti i luoghi, insomma, in cui il singolo doveva controllare la moltitudine) aveva concepito la torre di guardia centrale come uno spazio coperto da tende veneziane perennemente socchiuse, che bloccassero del tutto la visuale verso l’interno di chi si trovava fuori. Le diverse celle avrebbero dovuto presentare inoltre sbarre arretrate dai muri divisori, affinché i prigionieri non potessero vedersi o comunicare tra loro. Nel progredire del suo progetto, che coltivò per l’intera seconda metà della sua vita, arrivò anche all’elaborazione di un sistema di vie interrate che collegassero le diverse torri del carcere, affinché i detenuti non arrivassero a riconoscere il suono dei passi per capire in quale si trovasse lo scrutatore segreto. L’illusione della sorveglianza continua, ovvero l’incapacità di comprendere effettivamente quando essa fosse reale e quando invece soltanto immaginaria, avrebbe in questo modo costretto i sorvegliati a comportarsi bene in qualsiasi momento, in una perfetta realizzazione della sua dottrina dell’Utilitarismo. Naturalmente, la psicanalisi ancora non esisteva, e la mente umana non era stata ancora compresa realmente a fondo. Egli, come i suoi contemporanei, non poteva o voleva quindi comprendere che cosa questo potesse significare per i detenuti: la più totale ed assoluta cancellazione del concetto di privacy, ben prima che la tecnologia ci abituasse tutti a subirla. E del resto, si trattava davvero di un così importante diritto?
L’idea funzionale del Panopticon fu in effetti elaborata tra il 1786 ed il 1787, durante un viaggio di Bentham a Krichev in Bielorussia (allora chiamata Russia Bianca) dove ebbe l’occasione di rivedersi con il fratello Samuel, amministratore civico al servizio del principe Potemkin. L’idea dell’edificio circolare quindi, a quanto pare, venne a quest’ultimo, che tuttavia non scelse mai di fare il possibile per giungere a realizzarla. Mentre Jeremy, di ritorno in patria, si diresse con passo sicuro verso il Comitato per la Riforma della Legge Criminale, un ente costituito da poco nella city di Londra, riuscendo a convincere alcuni funzionari di spicco della fattibilità di una tale idea. Il progetto per il nuovo Penitenziario Nazionale, realizzato secondo le sue specifiche, fu dunque approvato con un atto del Parlamento del 1779, che andò tuttavia subito incontro a difficoltà tecniche di vario tipo. Dapprima di tipo giuridico sulla concessione dei terreni presso la località di Millbank, quindi relativi alla mancanza di fondi. Ed infine per una perdita d’interesse da parte del governo, che preferì dedicarsi ad altro. Dopo un secondo tentativo fallimentare di implementare la nuova prigione nel 1811, rivolgendosi di nuovo al suo ideatore ormai sessantatreenne, lo stato perse quindi una causa per risarcimento dei lunghi anni dedicati inutilmente al progetto, ritrovandosi a pagare a quest’ultimo la somma non trascurabile di 23.000 sterline di allora. Ma Statham non li avrebbe mai perdonati per avergli, nelle sue stesse parole: “Rubato la vita”. Nel 1816, quindi, il penitenziario fu finalmente costruito a Millbank ma su un progetto di William Williams, che lo volle nella forma di una prigione quasi del tutto convenzionale (dell’originario Panopticon, restavano soltanto gli alloggi delle guardie in posizione centrale).

Luogo di uno scontro multigiocatore nel videogame Battlefield 4. Il Panopticon costituisce una scenografia particolarmente amata nel mondo dell’intrattenimento, come espressione architettonica di un senso pendente di distopia. Il fatto che costituisca, tra l’altro, l’ottimo ambiente per un sano deathmatch è una pura e semplice coincidenza.

A partire da quel momento, il modello di prigione nata dal perseguimento dell’Utilitarismo ricorre un po’ ovunque, benché sia difficile comprendere (tranne che nell’esempio cubano) quanto sia effettivamente ripresa dagli scritti e le memorie di Jeremy Statham. Esistono diversi esempi in Olanda, almeno un caso negli Stati Uniti, a Lisbona in Portogallo e presso Autun, nella Borgogna-Franca Contea. Nel 1818, a Siena fu costruito il manicomio San Niccolò che si arricchì nel 1875 di un padiglione di nome Conolly, costruito secondo le specifiche del Panopticon dall’architetto Francesco Azzurri. I pazienti non erano tuttavia del tutto isolati, ma venivano regolarmente fatti muovere all’interno di questo ambiente mentre gli si permetteva di compiere mansioni utili, come coltivare dei campi circostanti il complesso. Ad aprile di quest’anno, la struttura ha ricevuto fondi per un restauro conservativo che dovrebbe permettere di preservare l’insolita e rilevante struttura. Un altro esempio famoso è il carcere di Santo Stefano in prossimità dell’isola di Ventotene. Ringrazio Fabio Pennacchi che scrive su Facebook:

In Italia abbiamo un bell’esempio di carcere panottico sull’isola di Santo Stefano, poco al largo di Ventotene. Lì venne incarcerato anche Sandro Pertini e l’isola, tra l’altro, ha un solo approdo molto scomodo, una specie di Alcatraz de noantri. 
L’isola ospita anche un cimitero dove sono sepolti gli ultimi carcerati che non vennero reclamati da nessuno al momento della loro morte.
È un luogo surreale.

Isola di Santo Stefano, foto via: Wikipedia

In epoche più recenti, il Panopticon è completamente sparito. A cosa serve costruire un sistema talmente complesso, quando esistono gli strumenti dei monitor e della telepresenza? Noi, che rabbrividiamo all’idea di una simile crudeltà, non possiamo che venire a patti con la realtà che una simile vita, in effetti, l’abbiamo accettata. Perché non abbiamo nulla da nascondere. Perché siamo persone “per bene”. Oltre il concetto del singolo, in un mondo in cui individuo e società si fondono, e nulla può esistere, a meno che viga la regola dell’assoluto. Un problema, tuttavia, permane insistentemente: l’assoluta e continuativa non reciprocità. Ovvero l’impossibilità di scorgere chi, realmente, si trovi nascosto dietro le tende della torre di guardia che controlla il mondo.

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