La sfocata bioluminescenza dei “bastoncelli” che svolazzando infestano le notti terrestri

È in molti modi la tipica situazione di entità ultra-dimensionali, che irrompendo presso il nostro piano d’esistenza tentano di superare i limiti delle gabbie imposte dal severo raziocinio della società moderna. Scattanti, sfolgoranti, sinuosi esseri che volano nei cieli, filtrando oltre gli strati superiori dell’atmosfera. Per poi planare lievemente verso il suolo diventando sempre, progressivamente, più sottili e compatti, fino al punto di poter passare per il buco di una serratura. Serpenti? Pesci? Insetti? Tutto questo e molto più, volendo mettere affiancate una pluralità d’interpretazioni coesistenti, ad opera dei molti… Ufologi, studiosi, meri appassionati del mistero, che negli anni sono entrati a loro modo in comunicazione con cosiddetti rods (Bastoncini o Stecche) per poi esserne perseguitati dal tramonto all’alba per gli innumerevoli trascorsi delle loro notti a venire. Il tipo di avvistamento che rientrerebbe agevolmente nel secondo, o addirittura terzo tipo, se non fosse per la sua frequenza totalmente superiore alle aspettative: con centinaia, se non migliaia di esempi ogni anno, tutti egualmente in grado di lasciare una ben chiara testimonianza su carta fotografica prima, e memoria digitale nel contesto di studio dei nostri tempi odierni. Per sua natura alquanto variabile, ma riconducibile a determinate linee guida di riferimento: un rod presenta infatti quasi sempre un corpo allungato simile a quello di un verme o pesce, della grandezza molto variabile ma quasi sempre attorno ai 10-15 cm, che sinuosamente serpeggia in aria circondato da una sorta di evanescente membrana. Questi esseri del tutto misteriosi, di cui non sono mai stati ritrovati corpi tangibili soggetti ad un’analisi approfondita, si sposterebbero quindi a una velocità di parecchi metri al secondo, danzando attorno agli ostacoli, alberi e pareti, con l’apparente intento di perlustrare ed imparare a riconoscere i diversi punti di riferimento. L’interazione diretta non è stata tuttavia mai provata, semplicemente per il fatto che questi sfuggenti criptidi (perché in fin dei conti, è questo ciò di cui stiamo parlando) si spostano e scompaiono troppo rapidamente per l’occhio umano, lasciando l’evidenza dei loro trascorsi unicamente nelle documentazioni fotografiche di ciascun caso. A partire dal primo e molto celebre esempio, prodotto e commentato lungamente attraverso gli anni dall’ufologo messicano Jose Escamilla, che ne riprese alcuni esempi nel marzo del 1995 a Roswell, New Mexico, mentre tentava di filmare il passaggio di una ben più ponderosa nave aliena. Dal che l’associazione pressoché spontanea, che vorrebbe simili presenze come un qualche tipo di “sonda” o “visitatore artificiale” facente riferimento al proprio vascello madre, un’idea presunta che ha grandemente accresciuto il fascino generalista di queste bizzarre presenze. Fino ad alcune delle più ardite ed entusiastiche teorie disponibili online…

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Spiando il pesce metallico più imponente dell’entroterra indiano

Specie: Grandissimus rhincomaximus ichtyomorphus. La creatura dalle dimensioni imponenti, attestata presso un unico centro cittadino al mondo, è un rapido nuotatore quando sente la necessità di spostarsi, il che avviene a conti fatti assai raramente. Questo perché il placido guardiano della strada che conduce all’aeroporto, per nutrirsi, non ha alcun bisogno di guizzare attorno all’ombra dei palazzi circostanti. Esso giace immobile in attesa. Mentre schiere letterali di persone, totalmente inconsapevoli di ciò che stanno facendo, entrano di propria volontà all’interno del suo stomaco. Ed al trascorrere di circa otto ore, senza riportare alcun tipo di conseguenza fisica, ne fuoriescono di nuovo come se niente fosse, dirigendosi verso le proprie automobili per far tornare tra le mura di casa propria. Nessun interesse il pesce mostra, in effetti, per il contenuto nutritivo delle loro carni. Bensì quelli che derivano, in maniera pressoché continua, dall’applicazione prolungata delle loro menti. Siamo a Hyderabad nello stato di Andhra Pradesh, a circa 500 chilometri dalle più vicine coste del subcontinente indiano, e in questo sfolgorante essere, qualcuno, in un momento particolarmente ispirato, ha deciso di plasmare in tale guisa le svettanti mura di un ufficio. La sua funzione? Dipartimento Centrale dello Sviluppo della Pesca, ovviamente. Avreste mai potuto immaginare nulla di diverso?
Il palazzo-pesce, coi suoi tre piani sopraelevati più un foyer al livello del terreno, con la forma di un plinto che solleva e mette in mostra la fantastica “creatura” è un vecchio classico delle foto fatte circolare online, spesso accompagnato da un breve trafiletto in lingua inglese sui palazzi di tipo novelty o mimetic, creati con l’esplicito obiettivo di alludere, pubblicizzare o rendere evidente la loro funzione. Un po’ come il più classico chiosco degli hotdog statunitense, costruito con la forma prototipica di un panino contenente il salsicciotto in questione, che poi è anche considerata la genesi di questo trend. Fatta convenzionalmente risalire al celebre Tail o’ the Pup (“Coda del cagnolino”) inaugurato a Los Angeles nell’ormai remoto 1946. Ma se una simile creazione commerciale appariva stravagante, divertente, tangibile conseguenza di uno spirito di spensieratezza che iniziava già a prendere forma nell’immediato dopoguerra, tutt’altro può esser detto dell’ufficio governativo in questione, tanto serio e anonimo nell’espressione scultorea del soggetto, quanto la funzione pratica delle mansioni che si svolgono all’interno delle sue mura convesse. Quasi a sostanziale ed innegabile conferma del più puro desiderio di affermare un singolo concetto, amplificandolo per il massimo beneficio degli spettatori e passanti casuali di questi lidi. L’interno NFDB (National Fisheries Development Board) non parrebbe infatti possedere alcuna caratteristica di una tipica attrazione per turisti, né si trova presso un luogo particolarmente battuto da questi ultimi, che d’altronde non potrebbero di certo visitarlo visto il tipo di attività che viene svolta al suo interno. Così esso meramente esiste, costituendo al tempo stesso una presenza straordinariamente divertente, o terribile, a seconda dei gusti personali di chi dovesse sentirsi chiamato ad esprimere un giudizio personale in materia.
Come molti altre visioni internettiane provenienti dal Vicino al Distante Oriente, il grande pesce sembra mantenere un certo alone di mistero in merito alle sue origini ed il modo in cui ha finito per occupare spazio fisico entro i confini di questo Universo, sebbene un singolo aspetto possa giungerci a fornirci un valido aiuto: il modo in cui entro al poliglotta metropoli di Hyderabad (quasi 7 milioni di abitanti al conteggio maggiormente conservativo) dove gli idiomi parlati includono hindi, urdu e telugu, sia paradossalmente e prevedibilmente, ancora una volta, l’inglese a costituire il metodo espressivo preferito per le comunicazioni ufficiali rivolte alla popolazione indivisa. Il che ci permette, tramite l’accesso al sito ufficiale dell’istituzione, di acquisire alcuni dettagli in merito alla sua storia, attività e successi…

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A proposito del pesce che ha colpito il mondo col suo sorriso

Potete crederci che mentre guardavamo dall’altra parte, distratti da economia, politica e complicazioni della condizione umana, sia capitato un’altra volta? Il sottile velo che divide la nostra realtà di superficie dalle misteriose tenebre abissali è stato sollevato, per una mera contingenza del destino, mostrando al mondo una realtà difficile da conciliare con le pregresse conoscenze della collettività. “Le sue labbra sono più calde delle mie” scrive nella didascalia semiseria RaffNasir, utente di Twitter e Instagram dalla Malesia, in abbinamento alla sua foto della bizzarra creatura che definire stupefacente sarebbe, sotto la stragrande maggioranza dei punti di vista, assolutamente riduttivo. Visto da davanti, il pesce si presenta come un essere oblungo in senso longitudinale, grigiastro e privo di occhi visibili da davanti, compensati dalla grande bocca con labbra rosa semiaperta ed esattamente 12 denti perfetti, di un colore comparabile a quello dei tasti di un pianoforte. E quando dico perfetti, intendo appena usciti dalla pulizia effettuata in uno studio dentistico, tanto umani paiono per forma ed apparenza, così poco attesi per l’idrodinamico soggetto delle circostanze. Il che ha del resto comprensibilmente suscitato il collettivo grido al “Photoshop”, moderno sinonimo dell’incredulità di San Tommaso benché non sia facile toccar con mano tutto quello che riemerge, per una ragione oppure l’altra, dall’increspato mare del Web. Eppure c’è del vero ed anche un po’ di fantasia come spesso avviene, nell’alone di leggenda nato quasi subito attorno a queste foto social, che in maniera piuttosto evidente riproducono la specie ittica nei fatti reale del Rhinecanthus verrucosus, esponente indo-pacifico del genere Balistidae, normalmente noto con i termini di moderni di pesce balestra o triggerfish. In riferimento al suo “grilletto” di una corta spina sulla testa, che una volta sollevata per autodifesa causa il dispiegamento di una caratteristica cresta triangolare, presente in tutte e 40 le diverse varietà presenti in molti mari e zone tropicali della Terra. Nonché un’implicita allusione, o se riferimento metaforico, al noto comportamento bellicoso e quasi marziale dei nostri mordaci amici, talvolta paragonabile a quello di un pitbull che ringhia per difendere l’abitazione dei suoi padroni. E che come quest’ultimo, non si fa certo troppe remore nell’aggredire con mordace lena, tutti coloro sufficientemente lenti nel reagire ai primi segni di pericolo prodotti a suo beneficio. Il che risulta indubbiamente problematico poiché mentre noi esseri terrigeni possediamo l’istinto ed il timore nei confronti di mammiferi e carnivori del nostro stesso ambiente, al di là della tetra fama di particolari famiglie ittiche come lo squalo, non associamo certo nulla d’automatico all’aspetto buffo, divertente e spesso variopinto di una simile creatura, che può in determinati casi raggiungere il metro abbondante di lunghezza. Ed ha la dote innata di distruggere qualsiasi cosa capiti, per sua sfortuna, in mezzo all’articolazione della sua mandibola possente…

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Oltre il tetto degli abissi, un tuffo nello stomaco del nero ingoiatore

Angusto, stretto, buio. Privo di qualsiasi prospettiva di ritorno. Mentre le pareti cuoiose si stringevano attorno ai fianchi e la testa, e la pinna, e la coda, il malcapitato essere si chiese come avesse fatto per finire in questa situazione. Da dove, ed in che modo, il suo torturatore fosse scaturito all’improvviso, avviando l’iter degli eventi che a tutti gli effetti, avrebbe presto condotto alla sua irrimediabile dipartita. “Ma un pesce non ha certo alcuna cognizione della sua mortalità” pensò lo Sternoptychidae con l’alta pinna e il corpo segmentato: “Quindi perché mai dovrei preoccuparmi?” Il suo mondo, adesso, era ormai quello e ad ogni modo, presto le cose avrebbero trovato il modo di migliorare. Per un attimo, come all’apertura di una possibile via d’uscita, s’intravide innanzi un tiepido bagliore.. Proveniente dall’imbocco, se non vogliamo usare il termine specifico di “bocca” del padrone della camera pulsante, colui che aprendola e chiudendola, riusciva a controllare il fato degli sventurati nuotatori abissali. Mentre come sbarre alle finestre, gli appuntiti denti piegati all’indentro ricordavano al malcapitato l’ora esatta del suo ultimo capitolo, già cominciato. Senza luce, senza fiato, senza spazio per aprire le sue branchie, per qualche ultimo minuto di coscienza egli pensò: “Se SOLTANTO almeno una volta, avessi potuto cogliere il suo sguardo, guardare negli occhi il mio carnefice, chiedendogli il nome…”
Chiasmodon niger: se lo conosci lo eviti, se lo incontri, cambi strada e vai dall’altra parte perché dopo tutto, nel profondo dell’oceano a 700-2.500 metri, che differenza vuoi che possa fare? Sebbene come lascia presagire il nome, non sia facile riuscire a scorgerne la forma nei recessi tanto remoti dell’altissima colonna marina, ove i flutti confluiscono in un Maelstrom e le scie svaniscono, come la coda di una cometa in una sera oscurata dalle nubi. Così egli piomba, sfruttando l’agilità superiore alla media concessa dalle lunghe pinne pettorali e quella coda con tanto di spina velenosa, sulle prede inconsapevoli, iniziano efficientemente a fagocitarle. Ora se dovessimo giudicare il pesce ingoiatore sulla base di ciò che mangia, un po’ come vorrebbe lo stereotipo, penseremmo di aver parlato fino ad ora di un piccolo squalo o equivalente predatore, vista la dimensione degli esseri che gli riesce d’inserire all’interno del suo corpo relativamente allungato. Fino a 86-100 cm di bestie, consumate a fronte di un laborioso sistema di slogatura reiterata della mascella, con avanzamento di pochi centimetri alla volta lungo l’estensione di quegli scagliosi corpi o spuntini dell’ora di cena. Questo perché l’astuto e temibile anti-eroe, nella realtà dei fatti, possiede una lunghezza massima di circa 25 cm pari a quella di un sovradimensionato pesce rosso, cionondimeno sufficiente a trangugiare esseri che superano di fino a quattro volte la sua complessiva capacità di spostare l’acqua durante una placida nuotata verso arcane destinazioni. E come ciò possa succedere non è difficile giungere a capirlo, nel momento in cui osservando dal basso l’affamato dominatore riesce ancora possibile apprezzare facilmente l’intera sagoma di ciò che ha catturato attraverso la membrana semi-trasparente di ciò che potremmo paragonare, senza particolari dubbi, all’effettiva forma di un pallone da basket o volleyball di una tipologia particolarmente inquietante. Non che tale scena debba in alcun modo apparirci strana ed innaturale, essendo essa stessa una diretta risultanza del sistema evolutivo della natura…

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